“8 Artiste LGBTQAI+ dall’Europa Centrale ed Orientale che sostengono l’Archivio Queer”

Nel suo illuminante libro “Archive of Feelings” (2003), la studiosa femminista e queer Ann Cvetkovich osserva come: “L’atto di archiviare ricordi personali e collettivi può servire come forma di attivismo, un modo per resistere alla cancellazione e rivendicare visibilità per le esperienze marginalizzate.” A vent’anni dalla pubblicazione di questo lavoro fondamentale nel campo della teoria queer e femminista, in Europa centrale e orientale, le persone LGBTQAI+ continuano a lottare per l’uguaglianza e la visibilità contro un’implacabile ondata di discorsi e politiche di odio di destra.

Una delle più recenti e controverse iniziative è l’introduzione da parte del governo ultraconservatore polacco delle ‘zone libere da omosessuali’ nel 2021, che ha macchiato un terzo del paese con una retorica xenofoba e fascista, rinforzando l’interpellazione pericolosa del non identificarsi eterosessuale come ‘anormale’. Considerando che i tassi di suicidio annui tra le persone LGBTQAI+ polacche sono aumentati del 16% dall’introduzione del provvedimento, la lotta per l’uguaglianza delle minoranze sessuali e per la modifica delle legislazioni e dell’opinione pubblica omofobiche continua.

Per coincidere con il mese del Pride, ecco otto artiste LGBTQAI+ contemporanee dell’Europa centrale e orientale che danno visibilità alla comunità, contribuendo a un sempre più vasto archivio dell’esperienza queer:

1. Liliana Zeic
Cosa hanno a che fare le ortiche, le erbacce comuni e le piante indesiderate con l’esperienza umana collettiva? Che cosa possiamo imparare dalle anomalie e dai difetti delle erbe e degli alberi? Per l’artista Liliana Zeic (n. 1988, Polonia), le infezioni, i virus e i batteri del mondo naturale sono meravigliosi mentori con cui conviviamo piuttosto che contro i quali combattiamo.
Le sue opere più recenti, in intarsia di legno, presentano corpi femminili che emergono tra il turbinio cosmico e le nebulose in toni di pioppo, acero e noce, che ricordano le bagnanti di Cézanne o i sensuali nudi a carboncino di Gustav Klimt. Tuttavia, qui, la figura femminile è investita di agenzia, la protagonista dei dipinti, rivisitata per un pubblico queer.
In queste opere in intarsia, frutto di una ricerca personale, Zeic coniuga la sua educazione rurale nella campagna polacca con le sue radici familiari – i suoi genitori erano proprietari di un laboratorio di falegnameria. A fare la difference sono le caratteristiche macchiettate di questa tela naturale, nota come burr (fungo che si sviluppa in modo deforme su un tronco o ramo di albero).
Zeic recupera queste deformità organiche come suo materiale primario per scolpire un nuovo mondo per gli individui ai margini della società. Ricorrendo a piante, botanica e flora, stravolge la scuola di biomorfismo, la tradizione di modellare la società in base ai processi e alle forme del mondo naturale, rielaborando ciò che la natura ha scartato come malato, e l’uomo ha colonizzato come puramente decorativo (l’intarsia è comunemente utilizzata nel mobilio).

TO BE CONTINUED…

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