Connexxion, a Savona un Festival Diffuso tra identità e memoria

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CONNEXXION è più di un Festival Diffuso di Arte Contemporanea, è la città di Savona che si apre per accogliere chiunque sia innamorato dell’arte e della cultura. La manifestazione ha come obiettivo di portare nuovamente luce sui luoghi più significativi della città, rileggendone il patrimonio storico ed artistico ed intrecciandolo con le visioni di artist* contemporanei.

Siamo solo alla seconda edizione del Festival, ma sino al 27 aprile si potrà godere nella Fortezza del Priamàr di una selezione di opere che strizzano l’occhio alla struttura che le ospita, il Civico Museo Archeologico e il Museo Sandro Pertini e Renata Cuneo.

“Il Festival dal titolo …per essere liberi. Tra identità e memoria”, spiega la curatrice Livia Savorelli, “vuole stimolare una riflessione ad ampio raggio sul concetto di libertà, in un mondo sempre più mosso da nazionalismi, derive autoritarie, guerre e sconvolgimenti a livello planetario e da un’accentuata spinta al radicalismo e all’estremismo. Ci accompagnerà in questo viaggio intorno alla libertà, una figura tanto amata dal popolo italiano e dai savonesi in particolare, come quella di Sandro Pertini. Il titolo di questa edizione si ispira, in particolare, ad una frase di Pertini: “Gli uomini per essere liberi è necessario che siano liberati dall’incubo del bisogno… è nella solidarietà con gli altri membri della collettività che si eleva la personalità del singolo… la dittatura è tenebre, la democrazia è luce; la dittatura è il silenzio, la democrazia è ragionamento”.

Rocco Dubbini, disegno preparatorio di Ceci est le fleur

Due, quindi, le mostre che aprono la seconda edizione di CONNEXXION: “Frammenti. Atti di conservazione per un futuro di libertà”, curata da Livia Savorelli e Matteo Galbiati al Civico Museo Archeologico, con opere di Roberto Ghezzi, Alberto Gianfreda, Laura Pugno, Attilio Tono e Ivano Troisi; “Dialoghi intorno alla libertà”, al Museo Sandro Pertini e Renata Cuneo con opere di Elena Bellantoni, Davide Dormino, Rocco Dubbini, Armida Gandini, Gianni Moretti.

“La libertà, parola su cui si fonda questa edizione, è una parola ingombrante su cui bisognerebbe riflettere sempre di più vista la negazione cui è sottoposta in più luoghi”, spiega Matteo Galbiati. “Era importante legarla all’idea del passato e della contemporaneità, perché sembrano due cose totalmente distanti, distinte, ma in realtà così non sono. Il Museo Archeologico è un luogo che conserva cose trovate, frammenti, pezzetti, particelle, cellule di storia. Salvaguardare i frammenti significa salvaguardare la nostra identità e gli artisti che sono stati chiamati sono stati scelti proprio perché su quell’idea di frammento di pezzetto di opere in evoluzione in continuo e costante cambiamento lavorano da sempre. Per cui non sono state scelte pretestuose, tant’è che molte delle opere già erano presenti e realizzate. Quindi l’innesto è stato proprio quello di inserire frammenti di contemporaneità per continuare a raccontare il nostro tempo.”

Ogni artista con tecniche e materiali diversi ha lavorato su quest’idea di temporalità. Così, con Naturografie, Roberto Ghezzi indaga sull’origine del rapporto tra artista e natura. L’artista crea con la natura, ma al tempo stesso segue ogni fase, dalle variabili iniziali, al fattore tempo, fino alla forma finale.  Laura Pugno, invece, predilige i temi del paesaggio: la sua opera si chiama A Futura Memoria, perché a causa del cambiamento climatico forse la neve scomparirà e da qui la necessità di creare un archivio della neve, con calchi in gesso che ne hanno fissato le forma e la memoria.

Alberto Gianfreda, Effimera circolare , 2022.

Alberto Gianfreda lavora con la distruzione e la ricollocazione del frammento in un’unitarietà mobile di verità e di libertà: la scultura, dunque, come fatto non statico ma continuamente diveniente. Sull’idea di tempo di temporalità opera anche Ivano Troisi, che parte dall’osservazione della natura per analizzare i processi che ne caratterizzano le mutazioni.

La scultura di Attilio Tono coniuga e fa dialogare due materiali completamenti diversi tra loro, gesso e legno, creando una magica sinergia, attivando micro-relazioni spettatore-spazio-materia al fine di portarci a considerare le cose da angolazioni inedite. Le sue sculture sembrano sussurrare: ogni struttura è instabile e temporanea.

Nella mostra “Dialoghi intorno alla libertà”, curata ancora da Livia Savorelli al Museo Sandro Pertini e Renata Cuneo, le opere esposte vogliono raccontare e lasciarci raccontare.

Elena Bellantoni, The Banality of Evil in 69 gestures (stille da video).

Armida Gandini ha lavorato sul materiale d’archivio delle partigiane savonesi, Rocco Dubbini si è ispirato ad una delle passioni di Pertini, la pipa. Gianni Moretti, con Cinquemilanovecentosedici minuti per Orlando, ci fa conoscere la storia di un ragazzo appena diciottenne incarcerato e poi ucciso durante il periodo fascista attraverso le lettere –trasportate dall’artista sulle lamine di rame –, inviate alla madre e alla fidanzata. La scultura di Davide Dormino vuole farci avere Uno sguardo libero. Intensa l’opera di Elena Bellantoni (l’artista che ha creato Not Her, l’installazione di Dior alla Paris Fashion Week tra pop e politica), Reenactement the Banality of Evil in 69 gestures, in cui ci mette di fronte alla banalità del male con una forte gestualità, ma con un tono ironico, che è il suo abituale registro.

Parallelamente a CONNEXXION, all’interno del Palazzo del Commissario, sempre sulla Fortezza del Priamàr, è allestita la mostra dei finalisti del concorso artistico nazionale Arteam Cup 2023, sempre a cura di Livia Savorelli e Matteo Galbiati. L’esposizione, promossa dall’Associazione Culturale Arteam con il patrocinio del Comune di Savona, è aperta al pubblico fino al 6 gennaio, data in cui saranno proclamati i vincitori di categoria (Pittura, Scultura, Fotografia) e, tra questi, il vincitore assoluto.

Armida Gandini, STAND UP MIRKA Paola Garelli, 2023.

“Settanta artisti che lavorano e che consegnano opere non a tema rischia di essere un minestrone, un grande calderone dove le cose non c’entrano niente l’una con l’altra”, spiega ancora Matteo Galbiati. “L’allestimento invece ha una sua logica, una sua fluidità, siamo riusciti a raggruppare dei temi, delle macro aree che creano dei dialoghi tra opere diverse, tra esperienze artistiche diverse, tra ricerche differenti. Quindi c’è un filo rosso stanza per stanza che unisce tutti i lavori”.

Nei mesi che collegano i due momenti principali del Festival si succederanno laboratori, visite guidate, opportunità di approfondimento a partire dalle tematiche del Festival.

Si aprirà, infine, per festeggiare il 25 Aprile, anche l’ex Carcere Sant’Agostino, che per una settimana sarà animato da installazioni site-specific, performance, talk e momenti di confronto. Questo luogo era chiuso da anni, situato nel centro della città di Savona, e attendeva di essere portato a nuova vita.

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