“Donna in scena”: che lo spettacolo abbia inizio!

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“Donna in scena” è il nome della mostra promossa dal Comune di Treviso, diretta da Fabrizio Malachin, visitabile dal 13 aprile al 28 luglio al Museo Santa Caterina, Piazzetta Mario Botter, 1. Al centro, protagoniste celebri, signore appartenenti alla borghesia e alla nobiltà trevigiana dei secoli scorsi.

Su di loro, si apre il sipario che ha dato origine all’esposizione, mirando a portare davanti al grande pubblico le protagoniste del Bel Mondo italiano, a cavallo tra ottocento e novecento, donne della moda, dai gusti raffinati e dall’eleganza innata, che non erano disposte a lasciarsi relegare nelle stanze dei palazzi, ma vedevano nella bellezza, nella fisicità, nell’intelligenza e nella cultura, strumenti utili per garantire la loro presenza in società, senza lasciarsi mettere da parte.

“La mostra”, dice Fabrizio Malachin, direttore dei Civici Musei Trevigiani “prende le mosse dall’attività di due protagonisti della scena trevigiana e veneta di quell’epoca che l’Istituto desidera far riscoprire al grande pubblico, rispettivamente, nel centenario e nel sessantesimo anniversario dalla morte: Lino Selvatico (1872-1924) e Giulio Ettore Erler (1876-1964). Artisti celebri, in particolare per i grandi ritratti femminili, fino ai nudi sensuali ma mai volgari, che hanno raccontato il nascere di quel ‘piccolo’ mondo borghese veneto. Le loro opere sono una finestra su un’epoca romantica, affascinante, mondana ma anche decadente”.

All’acquisizione delle loro opere (dipinti, bozzetti, disegni, incisioni, schizzi e lavori giovanili e preparatori), si deve l’iniziativa di realizzare una mostra che ponesse al centro, non solo la donna, ma la figura di una signora, nobile, sicura, cosciente, sulla via dell’emancipazione, rappresentata quasi come una matrona della Roma Antica. È questo il caso del ritratto scelto come locandina della mostra, in cui Wally Toscanini – secondogenita del celebre direttore d’orchestra, Arturo Toscanini – è immortalata in un abito di seta gialla, con un ampio copricapo da cui scendono fili di perle, sdraiata su un fianco, come spesso venivano rappresentate le divinità in età classica, in occasione di una festa in casa Visconti. L’opera è del 1925, firmata Alberto Martini.

Giulio Ettore Erler, Ritratto della signorina Rita Tibolla, La signorina col cane, collezione privata

Wally Toscanini è solo il primo esempio di donna che, grazie ai mezzi di cui per sorte e per famiglia disponeva, si impegnò nella realizzazione di diverse cause sociali e culturali e partecipò attivamente alla vita dei salotti e della comunità trevigiana. Insieme a lei, in mostra, anche Eleonora Duse, attrice teatrale e ispiratrice dell’Alcyone dannunziano, Toti Dal Monte, soprano e attrice, e Lyda Borelli, diva del cinema muto italiano.

L’esposizione, come tratto dalla parole del direttore dei Musei Civici di Treviso, mira ad essere un invito alla scoperta di artisti che, nel corso di due secoli, hanno rappresentato figure femminili appartenenti a una classe sociale privilegiata in un periodo di grandi mutamenti. La figura della donna di un’epoca intera è descritta attraverso i capolavori concessi alla mostra da Istituzioni, Musei e Collezioni pubbliche e private, tra cui non si contano disegni, sculture e affiches dal Museo Nazionale della Collezione Salce, insieme a una selezione di abiti, ventagli, cappelli d’epoca.

Spiega il Sindaco, Mario Conte: “Quello è stato infatti un periodo particolarmente vivace per Treviso sia dal punto di vista economico, con il nascere di imprese e attività economiche di successo, e con esse di una borghesia facoltosa, ma anche artisticamente propulsive” e prosegue “Treviso riafferma, ancora una volta, il suo ruolo nell’arte con una grande mostra, promuovendo le proprie bellezze e peculiarità facendo conoscere i suoi migliori interpreti in una continua indagine volta ad arricchire il panorama culturale”.

Giulio Ettore Erler, Ritratto contessa Calzavara, Musei Civici di Treviso

In mostra, ci sono le opere di artisti specializzati nel grande ritratto femminile, celebri e ammirati a livello europeo, quali Giovanni Boldini, Giacomo Grosso, Cesare Tallone, Vittorio Corcos, o il britannico John Lavery, oltre alla selezione di noti artisti veneti, come Ettore Tito, Pietro Pajetta, Eleuterio Pagliano, e i già citati Giulio Ettore Erler e Lino Selvatico.

Ciò che si ottiene è la percezione di un tentativo di equilibrio tra tradizione e progresso, in un momento in cui la donna si prepara a conquistare la propria libertà e la propria indipendenza, in un processo di emancipazione che obbligatoriamente dovrà passare dall’istruzione, dalla ricchezza, dalla fisicità e finanche dall’erotismo, ben rappresentato nell’audacia dello sguardo che le figure rivolgevano ai pittori intenti a rappresentarle e che, oggi, rivolgono al pubblico.

Il loro sguardo rappresenta la sfida di cui siamo testimoni, una lotta in cui, come allora, una parte della società, minoritaria e privilegiata, è chiamata a farsi portavoce dei diritti di chi non ha voce e non ha occasione di essere ascoltata. Perché è  ancora urgente la chiamata alla presenza delle donne, nei salotti della moda, come nelle camere di governo, tra i banchi di scuola e tra i posti di comando, così da sfondare quel tetto che incombe, pesante e ombroso, sulle teste di chi non è più disposta a chinarsi, e cosi da passare attraverso le tele, attraverso lo sguardo di chi le dipingeva, attraverso l’occhio di chi le osserva a distanza di quasi due secoli, affinché questo messaggio di consapevolezza salti ben oltre le mura del Museo Santa Caterina di Treviso. E prosegua, senza fermarsi.

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