In tutto il mondo, specialmente nelle città invase in massa dai turisti, è facile trovare insoliti musei che nascono, per lo più, per dirottare le folle dei visitatori dai musei d’arte, spesso congestionati, e propongono esperienze alternative. Milano ha un suo museo insolito ma in linea con una città che viene spesso rimproverata di prendersi troppo sul serio. Da qualche anno è attivo, infatti, il Museo della Filosofia, ora all’interno dell’università Statale in via festa del Perdono e presto in una sede permanente in Città Studi.
Nel 2019, quando c’è stata l’inaugurazione, gli ideatori si erano concentrati su tematiche vicine alla storia della Filosofia come il libero arbitrio, i concetti di tempo e spazio, senza dimenticare Platone e Aristotele, grandi padri della filosofia occidentale. Da qualche giorno e fino al 22 febbraio i nuovi allestimenti delle due sale affrontano un argomento molto sentito nella quotidianità di ciascuno di noi.
Con il diffondersi dei social network e i cambiamenti nel modello di diffusione dell’informazione, uno dei temi più caldi è quello legato alla (dis)informazione e al rapporto con la realtà che ci circonda. La mostra interattiva, adatta ad un pubblico molto eterogeneo, ha un titolo molto chiaro: “Complottismo, fake news e altre trappole mentali”. La mostra, tra le altre opere, ospita anche un nuovo lavoro di Fabrizio Dusi, un artista lombardo molto apprezzato per il suo attivismo e per le sue opere visibili alla Casa della Memoria, senza dimenticare la grande installazione “Mai più fascismo” alla Fondazione Feltrinelli. Nell’opera Inside Out, realizzata con le coperte isotermiche che ci rimandano all’emergenza, tutto è giocato su un luccichio che ci inganna. L’oro del materiale, infatti, non sta ad indicare cose preziose, ma è utilizzato da Dusi per dare forma alla mente di un complottista, sedotta dalla disinformazione. Come spettatori possiamo entrare ed uscire da questa opera e ci ricorda come spesso ci piace credere più alle cose in cui vorremmo, che in quelle reali.
La visita al piccolo museo, a proposito di verità e realtà, offre un vero e proprio vaccino cognitivo segnalando 27 libri e 6 film che vanno a formare la biblioteca complottista. Si va dal Cimitero di Praga di Umberto Eco ai Promessi Sposi con Renzo e la sua storia di sospetto untore che porta la peste in città. C’è spazio per la storia dei falsi “I diari di Hitler” senza dimenticare il J’Accuse di Emile Zola che ci ricorda l’affaire Dreyfus.
Il percorso prevede un’ideale passeggiata nel Bosco dei Complotti dove con una serie di cartoni animati vengono spiegate le radici psicologiche e sociali del complottismo. Chi vuole può fare esperienza della cucina complottista in cui sono a disposizione gli ingredienti perfetti e utili a far nascere una teoria complottista da insaporire poi con spezie e condimenti, scegliendo tra linguaggio sensazionalistico, stile scandalistico e insinuazioni inquietanti. Il Museo della Filosofia, in questo modo, offre un innovativo percorso per riflettere su un tema che sarà sempre più centrale nel dibattito pubblico, considerata la crisi di molte realtà editoriali.
In occasione di questa nuova apertura Fabrizio Dusi ha creato un’altra installazione, presente nel chiostro della ghiacciaia e con testo curatoriale di Giorgia Ligasacchi, ispirata all’inizio del film horror “L’ultima casa a sinistra” di Wes Craven in cui viene ripetuta all’inizio la frase it’s only a movie. La citazione viene trasformata in una nuova opera con il neon che ci ricorda che quello che finisce nel flusso informativo dei nostri device – attacchi terroristici, guerre e genocidi, crisi sanitarie, catastrofi naturali, femminicidi, morti sul lavoro, condizione dei detenuti – non è solo un magma di contenuti da dare in pasto ai social network e allo scrolling infinito. È un invito da parte dell’arte a ripeterci che anche se passa tutto da uno schermo, la realtà che ci circonda: IT’S (NOT) ONLY A MOVIE.