Susanna Orlando: “Girolamo Ciulla, vi racconto la magia e il respiro oltre il tempo delle sue sculture”

Scomparso ai primi di dicembre dello scorso anno (l’abbiamo ricordato qua, ndr), di Girolamo Ciulla rimane, a Pietrasanta, un ricordo vivo e indelebile: come per Mitoraj e per Botero, anche Ciulla sembra infatti in qualche modo, lui siciliano e così attento alle tradizioni, al mito, al ricordo della sua Sicilia, indissolubilmente legato alla cittadina ai piedi delle Alpi Apuane in cui si era trasferito nel lontano 1986, quella cittadina che da tempo è ormai considerata uno dei fulcri nevralgici dell’arte italiana, e in particolare (per la vicinanza con le cave di marmo, da cui si servono tutti gli artisti che qui giungono ogni anno da tutto il mondo) della scultura contemporanea.

Girolamo Ciulla (Foto di Nicola Gnesi).

La sua presenza, il suo attraversare, col passo lento e cadenzato, la piazza di Pietrasanta ogni santo giorno, a ore fisse, calcando i passi per andare in studio a lavorare; le sue sculture, che da sempre campeggiavano nelle vetrine ora di questa ora di quella galleria che sulla piazza o sulle vie immediatamente limitrofe per l’appunto si affacciavano e si affacciano; il suo radicarsi, quasi l’aver fatto propri i ritmi, le attese, le pulsioni di questa cittadina che d’estate si riempie all’inverosimile di turisti, di amatori d’arte, di mercanti e di collezionisti, e d’inverno sembra invece un po’ vuota, cadenzata com’è dalla vita “normale” dei suoi abitanti ma anche dall’incessante e sotterranea attività di scalpellini e sbozzatori, le maestranze che intorno al marmo e alla scultura sempre girano. E qua, nel cuore di Pietrasanta, nel laboratorio della Bottega Versiliese, tra il ritmo e il rumore dei mazzuoli e dei martelli, tra il ronzio delle macchine e la polvere di marmo che si disperde nell’aria in un impalpabile pulviscolo biancastro, Girolamo Ciulla ha creato, giorno dopo giorno, per oltre quarant’anni, le sue meravigliose e un po’ misteriose sculture, ha scolpito, lavorato, incessantemente, con quella sua passione del creare, ancestrale, arcaica, atavica come certe immagini che abbiamo forse sognato da bambini, e che restano attorcigliate, avvinte per sempre al fondo più scuro del nostro inconscio. Girolamo Ciulla, lì, in quel laboratorio, sembrava davvero tramutarsi in un novello Efesto, capace di trasformare la materia morbida, bianca e farinosa del travertino in energia vibrante, palpitante, presenza ieratica e solenne – avesse il volto di Cerere, la dea del grano, di un coccodrillo, di una tartaruga, di un coniglio o di una scimmia.

Oggi, la Galleria Susanna Orlando dedica a Girolamo Ciulla una bella mostra (aperta fino al 10 agosto), intitolata “Girolamo Ciulla. “Respiri oltre il tempo“, e con un sottotitolo tutto siciliano: “L’amuri è comu u ventu, nun si po vìdiri, ma si po sentiri” (l’amore è come il vento, non si può vedere, ma si può sentire). “Il vento diffonde l’amore in ogni dove e si percepisce nell’aria e si può vedere sui volti e negli atteggiamenti delle persone ma non necessita di spiegazioni”, scrive in proposito il curatore della mostra, Antonio D’Amico. “L’arte per Girolamo ha questo medesimo dono, che di fatto è un potere, cattura i sensi e rapisce gli sguardi e spesso ci fa interrogare su ciò che stiamo guardando, ma davanti alla bellezza dipanare ogni cosa può apparire persino superfluo. Il proverbio siciliano è avvicinabile a un antico assunto oraziano, in quanto affronta il tema della presenza–assenza. Infatti, seppur l’uomo fisico si è perso nel tempo e nello spazio privandoci nel “qui ed ora” del suo corpo, la sua opera perdura in eterno e diventa traccia di una presenza che non ci fa sentire la mancanza della sua assenza. Così come per Orazio, anche per Girolamo la sua arte non ha bisogno del commento dell’artista perché essa parlerà da sé da ora e per sempre e questa mostra ne è testimonianza”.

Una mostra che la gallerista ha voluto allestire con una veste molto particolare: “affastellate tra loro”, come ha scritto ancora il curatore, le sculture paiono essere rimaste lì, come in attesa di un ultimo sguardo, un ultimo ritocco da parte del loro artefice. Forse attendono davvero ancora di sentire sopra di loro il tocco leggero e magico di Ciulla, il suo respiro, il suo sguardo così attento e lucido ma sempre anche leggermente trasognato, come se dietro il febbrile affacendarsi, il tramestìo delle azioni, delle preoccupazioni e delle attività umane, intravedesse sempre uno spiraglio, una crepa in grado di fargli assaporare il senso, le forme, le atmosfere e forse persino gli odori di un tempo ormai remoto e pressocché dimenticato.

Qui di seguito, abbiamo rivolto alcune domande alla gallerista Susanna Orlando, per farci raccontare da dove nasce l’idea di questa mostra e chi si nascondesse davvero dietro il talento poetico e straordinario di Girolamo Ciulla, lo scultore del mito.

Susanna Orlando.

Susanna, tu hai sempre seguito il lavoro di Ciulla. Che cosa rappresenta questa mostra di oggi, a pochi mesi dalla sua scomparsa? Un omaggio, un ricordo, una piccola antologica, o cos’altro?

Caro Alessandro, è stato il desiderio e la necessità di continuare a parlare di lui e del suo lavoro avendolo fatto quasi ogni giorno per molti anni e in particolare da 10, cioè da quando mi sono trasferita con la galleria a Pietrasanta. Dico che è una mostra-pensiero, nata per mantenere vivo il ricordo, rendendo omaggio a un maestro. Non è un antologica perché le opere sono del periodo intorno al 2000.

Girolamo Ciulla, Colomba, travertino (particolare).

Qua c’è riunito un po’ tutto il suo repertorio in poche sculture… Coccodrilli, dee, animali, templi steli… sono questi i Respiri oltre il tempo, le tracce lasciate dall’artista oltre la sua avventura terrena?

Non so se sia tutto il suo repertorio quello che abbiamo scelto insieme al curatore Antonio D’Amico, di certo io puntavo il dito su quelle che mi trasmettevano più poesia e armonia, su quelle che percepivo come una “benedizione”. Respiri oltre il tempo sono gli sguardi su tutto il suo lavoro, tutte le sculture, i disegni, le incisioni e il pensiero di lui con lo scalpello in mano.

Una panoramica della mostra “Girolamo Ciulla, Respiri oltre il tempo”.

Come mai la scelta di “affastellare” le sculture in galleria? È un rimando al suo laboratorio, la necessità di ritrovare l’artista e il suo respiro oltre l’ordine e la compostezza di una mostra tradizionale, o cos’altro?

Semplicemente è la ricostruzione del flash che ebbi nel 1990 alla prima visita nel suo studio, allora da Giorgio Angeli. Non ti nascondo che era la prima volta che entravo nello studio di uno scultore. Rimasi incantata dall’ordine scomposto delle sculture tutte intorno a lui, sculture da finire, finite, alte basse su basi di legno robuste e vissute. Il suo “posto” era in un lato di una grandissima stanza semi aperta anche d’inverno ma per lui non è mai stato un problema ,anzi, diceva che il freddo temprava. Tutte le opere erano coperte e affastellate in un angolino vicine vicine e tutto, lui compreso, completamente coperto di polvere bianca di marmo.

Che rapporto avevi con Girolamo? Cosa ti lascia dal punto di vista umano e artistico?

Avevo un rapporto curioso perché dal primo momento che l’ho conosciuto mi ha ricordato mio padre, anch’egli siciliano, non nell’aspetto fisico ma per la modalità di avventura di chi lascia da giovane la terra natia e attraversa lo stretto di Messina per una nuova vita. Lo stile, la determinazione e la consapevolezza del genio che avevano dentro era la stessa e identica era la propensione al business. Dal punto di vista artistico, credo fosse il classico rapporto artista-gallerista e viceversa con la complicanza che io ero una donna e innamorata del suo lavoro… peggio di così!

Girolamo Ciulla, Albero coccodrillo e figura distesa, 2009, travertino, cm 44x53x40.

Tra i galleristi pietrasantini, tu hai già una lunga storia alle spalle e sei una delle poche galleriste che vivono qua tutto l’anno. Anche Ciulla viveva qua da molti anni. Hai un ricordo particolare, un aneddoto, una storia su Girolamo per raccontare la sua presenza qua a Pietrasanta?

Io sono arrivata 10 anni fa da Forte dei Marmi, c’erano già diverse gallerie a Pietrasanta… anzi venni apposta, attratta dal fatto che i miei colleghi, di cui alcuni sono amici, fossero qui felicemente stabilizzati. Vivo a Pietrasanta da 34 anni. Ricordo che Girolamo lavorava con Tiziano Forni, con il quale aveva un contratto di esclusiva invidiabile per altri suoi colleghi: laboratorio, marmo, casa, tutto pagato e con un buon stipendio. Era conosciuto come un uomo che consumava poca energia, accendeva proprio quando necessario la luce, quasi mai il riscaldamento, mai l’aria condizionata, non usava l’acqua calda, ma cucinava da Dio con niente. Con un etto di lenticchie e una coscia di pollo faceva minestre e secondi sempre secondo ricetta siciliana. Una volta gli regalarono un prosciutto intero e invitò me e altri amici chiedendo di portare del vino… beh, c’era solo quel prosciutto in tavola! Abbiamo bevuto di tutto per tre giorni.

Che rapporto aveva Girolamo con la città, qual era la sua vita, la sua quotidianità e il rapporto con l’arte, anche d’inverno, quando i riflettori sono spenti e non ci sono i turisti?

Girolamo era un abitudinario, stesso bar, stesso ristorante, stessa passeggiata alla stessa ora. Tutto era scandito dagli orari di lavoro. Dalle 8 alle 12 lavoro, alle 12 pranzo, dalle 12.30 alle 13 caffè al bar, dalle 13.30 alle 17 ancora lavoro, dalle 17 alle 17.30 cambio d’abito, e alle 18 in piazza per vedere chi c’era, individuare possibili collezionisti per poi portarli in studio (questo dopo aver interrotto il contratto di esclusiva con Forni, mi pare nel 2010). Al bar aveva sempre molte persone con cui si intratteneva e chiacchierava, oltre naturalmente a Lilli e alla piccola Agnese (la moglie e la figlia, ndr), che ora ha 22 anni.

Girolamo Ciulla, Sirena con coccodrillo, 2005, travertino, cm 52x29x15.

Tu hai ospitato spesso le sculture di Girolamo in galleria. Quali mostre ricordi, ci sono aneddoti legati a una o a più mostre di cui ci vuoi parlare?

Mai abbastanza sculture in galleria perché Girolamo Me le dava con il contagocce e obtorto collo. In studio, seguiva il mio sguardo e quando vedeva che ne puntavo una mi diceva che era promessa a qualcuno. Sapeva che avevo gusto e che, se la sceglievo io, aveva forti possibilità di vendersela da solo. Era commerciante e lo posso capire, ma io insistevo e alla fine cedeva.

Come è cambiata negli anni la percezione del suo lavoro presso il pubblico e gli addetti ai lavori?

Non lo so, io posso parlare solo del mio sentire e posso dire di averlo sempre esaltato al massimo. Io ho visto migliorare sempre il lavoro di Girolano, addirittura negli ultimi dieci anni, i più difficili, il lavoro si era ammorbidito e riempito di dolcezza, sia nelle sculture che nei disegni.

Girolamo ha fatto mostre importanti, sculture e commissioni pubbliche… secondo te c’è qualcuna delle sue opere o delle sue sculture a cui era particolarmente legato?

Sì, in assoluto era legato alle stele eseguite per L’EXPO 2015: quattro dee alte circa 240 cm di travertino, due delle quali svettano ancora nel suo studio.

Girolamo Ciulla, Riflesso, anni 2000, travertino, cm 33x53x2.

Forse il maggior segreto delle opere di Ciulla risiede proprio nell’andare oltre il tempo, nell’essere prive di riferimenti temporali, di essere, vorremmo dire, già appartenenti a una sorta di “classicità” nel momento stesso in cui uscivano dal suo laboratorio. Come viveva Ciulla il rapporto con il tempo, con il passato, con la storia?

Appartenenti a una classicità e, mi permetto di aggiungere, a una contemporaneità. Girolamo era il passato, il mito, la leggenda, la favola a lieto fine, e la saggezza dei grandi lavoratori. Secondo me lui la impersonava proprio. Girolamo come Homo Sapiens.

Per chiudere, vorrei chiederti, quali erano a tuo avviso le caratteristiche principali del carattere di Girolamo, che cosa lo connetteva, dal punto di vista umano, alla sua arte, che assieme alla sua adorata famiglia era la sua principale passione?

Ho sempre pensato che artisti si nasce e non si diventa. Si racconta che Girolamo, in Sicilia, non avendo a disposizione altro, utilizzava le pietre miliari che trovava per strada per scolpire e non credo fosse maggiorenne quando questo accadeva! Cito questo aneddoto perché penso che non avrebbe potuto fare altro nella vita che quello che ha fatto per tutti i santi giorni fino a 70 anni. Era nato per dare opere così agli esseri umani. La determinazione, la voglia di fare opere magnifiche attraverso la narrazione del mito, perché Giriolamo non ha mai fatto un’opera “commerciale”, uscivano tutte dal suo sentire profondo…

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