Allo Studio Trisorio di Napoli l’arte di Louise Bourgeois che elabora il ricordo

Tra le varie innovazioni introdotte dall’arte del Novecento, oltre alla sperimentazione materica e delle tecniche, alcune attitudini interdisciplinari hanno generato suggestioni interessanti, come l’interazione tra psicologia e arte.

Le correnti surrealiste e più in generale la tendenza all’astrazione ha spesso interagito con la psicanalisi freudiana, si fa riferimento a Magritte, Dalì o Mirò e alle rappresentazioni dell’inconscio o del sogno, o  si prenda in considerazione il più attuale Kapoor quando usa gli specchi come rappresentazione di un diverso punto di vista, rivelando una diversa visione in sovrapposizione alla nostra, così come il nero assoluto che pone l’osservatore difronte ad un ignoto che stimola la percezione ad indagare l’esistenza/inesistenza della materia.

In altri casi, questa interazione interdisciplinare, ha portato alcuni artisti ad indagare un percorso “terapeutico” dell’arte,  come nel caso degli italiani Germano Sartelli o Gabriele Partisani, in una sorta di gestualità o attitudine monomaniaca, allo scopo di rivelare ciò che dovrebbe rimanere interiore, tramite la reiterazione di gesti e di azioni governate dall’inconscio, in un lavoro di indagine intima a tratti alienante, ed è la stessa suggestione che si ha osservando i disegni della ben più nota Louise Bourgeois.

Rare Language è una raccolta di 35 disegni e 4 sculture, dal 1947 al 2008, della Bourgeois, in esposizione presso lo Studio Trisorio di Napoli in Riviera di Chiaia.

Un omaggio all’artista francese inserito in un contesto più ampio, che connette il prestigioso studio napoletano con Galleria Borghese e Villa dei Medici a Roma e con il Museo del Novecento e il Museo degli Innocenti di Firenze.

I segni tracciati su questi fogli di carta, appartengono ad un linguaggio raro perché interiore, tracciando lo stile di un’arte permeata di memorie autobiografiche, che richiamo la sua infanzia trascorsa a Parigi e il rapporto inteso e spesso difficile con i genitori.

Un passato rimasto fonte di ispirazione per Louise Bourgeois, un’infanzia che, come lei stesso ha affermato, “non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il suo mistero e non ha mai perso il suo dramma”, contenitore di materiale immaginario da mettere fuori allo scopo di esorcizzarne il trauma, dandogli concretezza reale.

Non è però con il disegno che questa pratica raggiunge a pieno il suo scopo, avendo, questi segni infantili, il limite della raffigurazione bidimensionale, il carattere di un appunto, di una memoria raccolta al volo per non farla sfuggire, bensì con la scultura e l’invasione della terza dimensione.

Effettivamente quell’Untitled del 2005 in bronzo, sembra venire fuori direttamente da un flusso del pensiero, una massa di materia dapprima inesistente e che poi prende forma e sostanza materica nella realtà, con prolungamenti, escrescenze e braccia aggrovigliate e tese in cerca dell’esterno. Come un malessere rigettato dal corpo in seguito ad una seduta di dura terapia curativa.

Tuttavia la staticità della materia pesante sottrae quella vocazione dinamica che sembra avere la scultura della Bourgeois e che oggi, con un time lapse, sarebbe stata possibile, rendendo ancora più concrete quelle escrescenze deformi, come nella video animazione Muto di Blu di oltre un decennio fa, in cui il noto street artist italiano fa prendere vita a figure monocrome e prive di anima dipinte su più pareti, costringendole ad una trasformazione continua. 

Può dare spunti per una riflessione questa continuità tra la staticità delle materie dinamiche della Bourgeois e il dinamismo delle materie statiche dell’arte digitale degli ultimi vent’anni.

D’altro canto, nella scultura, l’artista francese, sembra ritrovare meglio le sue intenzioni, è evidente, così come è evidente che non le sia bastata la sola scultura, probabilmente avrebbe indagato con piacere anche gli stupefacenti risultati di un time lapse e più in generale delle ultime evoluzioni digitali nel campo dell’arte ultra-contemporanea.

Sperimentatrice inesauribile, ha utilizzato i più diversi materiali, leggeri o pesanti, dal tessuto alla pietra, dalla carta al metallo, ha sperimentato centinaia di tecniche nel tentativo di dare sostanza ai traumi e ai ricordi, sarebbe stato interessante ammirare possibili interazioni con le ultime tecnologie.

Una vicenda lascia spazio ad un’ulteriore considerazione, dal punto di vista storico, sulla figura di Louise Bourgeois. Artista francese con cittadinanza americana dal 1951, moglie dello storico dell’arte Robert Goldwater dal 1938, venne indagata da McCarthy, perché troppo vicina agli ambienti innovatori attivi nel nuovo continente, ricco di intellettuali e artisti provenienti dall’Europa e che stimolavano alla rivoluzione culturale, deviando l’interesse della società nordamericana dal regionalismo, baluardo dei conservatori. Espediente quest’ultimo che aggiunge notevole spessore alla sua immagine.

Louise Bourgeois ha attraversato un intero secolo, dal 1911 al 2010, e la sua personalità artistica è una suggestione su come fare diventare materiale il trauma e il dolore interiore, strumento spesso fondamentale per un creativo.

La sua è un’arte totalmente legata a vicende personali, ma anche indissolubilmente al suo tempo, tra innovazione, rottura con il vecchio mondo e con l’ingombrante peso della tradizione, contrapponendo una forza libera da schemi che siano imposti e accademici.

La mostra è visitabile presso lo Studio Trisorio in Riviera di Chiaia 215 a Napoli, dal lunedì al sabato dal 25 giugno al 31 ottobre 2024.

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