Addio a Pål Enger, il famoso ladro d’arte che rubò “L’Urlo” di Munch

L’ex calciatore norvegese Pål Enger, noto al grande pubblico per la sua scandalosa conversione in ladro d’arte, ci ha lasciato all’età di 57 anni. La notizia è stata confermata dal responsabile stampa del Vålerenga Fotball, squadra in cui militava Enger da adolescente. Al momento, le cause del suo decesso non sono state rese note, anche se il quotidiano norvegese Dagbladet ha riferito che sarebbe morto nella capitale, Oslo.

Ricordiamo Enger come un appassionato della mafia, tanto da candidarsi per la prigione già a 19 anni, solamente un anno dopo aver esordito nel calcio professionistico con la maglia del Vålerenga. Nel 1988 cominciò una lunga serie di furti d’arte e di gioielli, tra i quali spicca un maldestro tentativo di rubare una versione de “L’Urlo” dalla Galleria Nazionale di Oslo. A causa di un errore nel calcolo della posizione del dipinto all’interno del museo, Enger finì per rubare un altro capolavoro di Munch, “Amore e dolore” (1895), erroneamente chiamato “Vampiro”.

Nel documentario “L’uomo che rubò l’Urlo”, datato 2023 e che racconta la vita di Enger, quest’ultimo svelò che la delusione per tale incomprensione durerà diversi giorni, ma allo stesso tempo rivelò che tutto ciò, l’adrenalina provocata dal pericolo e l’ingegnosa meccanica per nascondere le opere alle forze dell’ordine, “cominciò a diventare divertente”.

Nonostante la condanna a quattro anni di prigione per tale furto, l’idea intraprendente di diventare un ladro d’arte di fama mondiale rimase sempre nella sua mente. Il suo colpo più celebre fu realizzato nel giorno di apertura delle Olimpiadi Invernali del 1994, tenutesi a Lillehammer, durante il quale riuscì a rubare “L’Urlo” dalla Galleria Nazionale di Oslo. Il dipinto, all’epoca valutato 55 milioni di dollari, fu ritrovato integro poco dopo, una volta che Enger confessò di averlo nascosto in un segreto nascondiglio nella casa dei suoi genitori.

Negli anni successivi, Enger fu condannato ripetutamente per furti d’arte e reati legati alla droga, attratto come sempre dal clamore mediatico. Nel 1999 riuscì addirittura a evadere da un carcere a bassa sicurezza, concedendosi in seguito diverse interviste a giornali e canali televisivi, generando notevole imbarazzo tra i ranghi della polizia. Venne poi ri-arrestato per aver “attirato l’attenzione indossando occhiali da sole in piena notte”. Durante un soggiorno in prigione nel 2007, Enger intraprese il percorso artistico, debuttando come pittore con un ciclo di dipinti astratti esposti in una galleria norvegese nel 2011.

Nonostante il suo interesse per l’arte, Enger non abbandonò mai le sue attività illecite. Nel 2015 venne arrestato con l’accusa di aver rubato 17 opere da una galleria di Oslo, dopo aver lasciato sul luogo del crimine il portafoglio e un documento di identità. Il suo ex avvocato, Nils Christian Nordhu, lo ha descritto su Dagbladet come un “ladro gentiluomo”, sottolineando che la sua assenza sarà sentita (Enger, celibe, dichiarava di avere quattro figli con quattro donne diverse, provenienti da quattro differenti nazioni).

Svein Graff del Vålerenga Fotball ha rilasciato una dichiarazione, ricordando le potenzialità di Enger come calciatore e riportando l’affermazione dello stesso che “nonostante non fosse stato il miglior calciatore, sarebbe diventato il miglior criminale”, opzione che effettivamente decise di perseguire, come riportato nel report AP.

Contribuendo alla narrazione della sua intensa e controversa esistenza, Pål Enger ha lasciato un’impronta indelebile nel bozzale culturale norvegese, dimostrando la straordinaria capacità umana di confondere e sorprendere, catalizzando l’attenzione di un’intera nazione attraverso un cammino tortuoso e del tutto imprevedibile. Vale la pena ricordarlo come uno dei personaggi più colorati del panorama norvegese, un enigma dalle molteplici sfaccettature che non mancherà di suscitare interesse anche dopo la sua scomparsa.

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