È il riferimento imprescindibile per i globetrotters dell’arte contemporanea, collezionisti, mercanti, galleristi e artisti, critici e curators, giornalisti, scrittori e scriventi, imbucati, cazzari, mi-si-nota-di-più-se-vengo-e-me-ne-sto-in-disparte-o-se-non-vengo-per-niente? e “migliaia di persone, bande, bandiere, puttane, militari” per dirla con l’intramontabile Melandri di Amici Miei.
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Per il New York Times è l’ “Olimpiade dell’arte”, Vogue dice che è “il più bel museo temporaneo del mondo”, per i crucchi della FAZ (Frankfurter Allgemeine Zeitung) è “l’arte nella sua forma migliore”, mentre i mangia-lumache de Le Monde rosicano perché snobba la loro exception culturelle e quindi è “la migliore al mondo” e stop.
Stiamo parlando di Art Basel, la madre di tutte le fiere d’arte, che quest’anno dal 13 al 16 giugno (anteprima il 10-12 per i fighetta) compie 54 anni e rappresenta l’ultima fatica per gli operatori di settore (guarda come sono sudati) prima della pausa estiva. La dirige Maike Cruse, nominata a luglio 2023. Duecentottantasette gallerie in un diorama di sezioni espositive: dalla main section Galleries fior da fiore si aprono le sezioni Feature, Statements, Edition, Kabinett e Unlimited (qua l’articolo approfondito sulle varie sezioni, ndr), fra talk e approfondimenti (ovviamente sull’ecologia) e un vasto programma di arte pubblica con Basilea main street giorno e notte, dalla Messeplatz alla Clarastrasse fino al Ponte Medio con negozi, hotel e ristoranti illuminati d’immenso.
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Con la Biennale veneziana in corso e la congiunzione astrale di Manifesta a settembre Art Basel è the place to be per gli aficionados del contemporaneo e non esserci è come tapparsi in casa mentre al lounge bar lì fuori c’è David Guetta protagonista dell’estate: e allora, limitandoci alle gallerie italian based, vediamo cos’ha portato il gatto quest’anno, almeno a nostro insindacabile e inevitabilmente soggettivo giudizio.
Les italiens de Basilea
Nella crème delle gallerie mondiali ad Art Basel, in mezzo ai big tipo Gagosian, Hauser & Wirth, Marian Goodman, David Zwirner, greengrassi, Thaddaeus Ropac e quella Lisson Gallery di stanza a Milangeles qualche annetto fa ma che poi ha mollato il colpo e tu dagli torto, spiccano tante gallerie made in Italy o comunque con un piede anche qui, come Emanuela Campoli, di base nella Ville Lumière ma che ha aperto uno spazio a Milano nel 2022: non sappiamo che sorprese ci riserverà ma ci piacerebbe vedere nel suo stand, fra le opere degli artisti rappresentati, due artiste in particolare, una da scoprire e una da ri-scoprire, cioè Benni Bosetto, giovane artista classe ’87 la cui produzione d’arte affascina per quella sua aura esoterica a metà tra antropologia e filosofia che ci fa pensare ancora e sempre come l’arte sia più di quel che vedi e Cinzia Ruggeri (Milano, 1942-2019), designer e artista visionaria che ha fatto dell’interdisciplinarietà una cifra stilistica contaminando arte, moda e design e che andrebbe, appunto, ri-scoperta dal piccolo mondo antico dell’arte contemporanea, che guarda un po’ troppo il suo ombelico senza spingersi un po’ più in là.
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Immancabile, almeno per chi scrive, una sbirciatina da Alfonso Artiaco e in particolare agli sbalorditivi scatti in bianco e nero di Vera Lutter, che colloca la camera oscura in una nuova dimensione al di là del tempo e dello spazio, sorprendendoci con gli effetti quasi radiografici di vedute, monumenti, reperti archeologici e industriali che scardinano i nostri riferimenti conoscitivi.
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Non ci aspettiamo nessuna sorpresa, ma perché sappiamo di essere in una galleria top, da Lia Rumma ad Art Basel, con un’installazione di Alfredo Jaar e opere di artisti di fronte ai nomi dei quali possiamo solo tacere: Marina Abramovic, Vanessa Beecroft, William Kentridge, Ugo Mulas, Thomas Ruff, Ettore Spalletti e non li ho citati tutti e scusate se è poco, anche se il nostro debole per Ettore Spalletti, il grandissimo artista che ci ha lasciati nel 2019, ci fa smaniare di rivederlo perdendoci nei suoi pastelli scolpiti dal colore e nei suoi mari e nei suoi cieli.
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Da Cardi imperdibile, nella sezione Unlimited, quel Progetto per la Pace di Mario Ceroli originario del 1969 ma straordinariamente attuale con le sue 365 bandiere, ognuna delle quali a rappresentare una visione di pace per ogni giorno dell’anno e Macron, che non è troppo lontano, dovrebbe fare una visitina anche lui ad Art Basel.
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Il passato insegna e noi siamo nani cresciuti sulle spalle dei giganti: ecco allora che siamo sempre incuriositi da Mazzoleni e in particolare dal suo progetto, il “Magnifico Simposio” di cinque artisti che hanno fatto la storia: Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Salvo, Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto.
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E restiamo nella storia con il giovane ma non più giovane, perché di strada ne ha fatta, Thomas Brambilla, che nella sezione Feature ci farà conoscere (o ri-conoscere) Klaus Rinke, tra i fondatori della Scuola di Düsseldorf con Sigmar Polke e Gerhard Richter e noi muti.
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E chi, come il sottoscritto, in una recente edizione del Miart milanese da Ruinart si fosse perso, perché tempus fugit e tu non puoi farci niente, un vis a vis con la figlia dell’ex premier francese Lionel Jospin, la bravissima artista dai plurimi mezzi espressivi (video, tessitura, disegno e…cartone) Eva Jospin (che allora realizzò della magnifiche scenografie/sculture di cartone inciso e tagliato e sovrapposto a raffigurare foreste e edifici in via di sparizione grazie alla natura che si riprende i suoi spazi, un po’ come nel finale di quel bellissimo romanzo ambientato nel mondo dell’arte di Houellebecq intitolato “La carta e il territorio”), potrà rifarsi quest’anno visitando lo stand di Galleria Continua, insieme ai big della contemporaneità tipo Adel Abdessemed, Anish Kapoor e il fastidiosissimo (almeno per chi scrive) Ai Weiwei.
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Da Raffaella Cortese (ri)vedremo la bravissima Monica Bonvicini e la sua indagine quanto mai attuale su concetti cardine quali libertà, potere, condizionamenti culturali. Non per niente lei, insieme a Vanessa Beecroft, Paola Pivi e pochi altri, ha iniziato dagli anni Novanta a rappresentare l’arte contemporanea italiana fuori dai confini patrii.
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E del resto, se dici Paola Pivi e Vanessa Beecroft dici (anche) MASSIMODECARLO (scritto così, in maiuscolis maiestatis) principe dei galleristi (nel senso che al principio di quegli anni formidabili che sono stati gli anni Novanta è stato fra i più lungimiranti) a partire dal suo “Unlimited” di quest’edizione 2024 di Art Basel con l’opera monumentale, appunto (26 metri per 30 tele), di Dominique Fung e qui diciamo, con George Clooney: “Art Basel 24, what else?”.