I ragazzi amano, si amano. Noi forse non li amiamo

Continuano i contributi che stiamo raccogliendo come apporto al dibattito sul rapporto tra nuove generazioni e quelle dei loro padri e dei loro insegnanti, nato in seguito all’articolo di Gianluca MarzianiNel nome del mio Berni, l’Amorista, vi dico che i ragazzi oggi sono liberi, meravigliosi, i soli e veri rivoluzionari”. Questa volta, è il momento di Leonida De Filippi, artista e docente all’Accademia di Brera.

By Leonida De Filippi

Se dovessi fare un’analisi sulle nuove generazioni partirei forse da lontano, considerando la mia gioventù non così discosta ma assolutamente distante, distaccata dall’oggi ma presente nel confronto mnemonico, antropologico, esperienziale tra generazioni.
È importante mettere in atto un confronto, fonderlo, renderlo attivo e partecipante, ma è davvero così difficile?
Gli uomini che siamo erano allora dei ragazzi, pieni di sogni e di avventure, artefici di infinite fantasie, intrecci, clamori. Non è possibile modellare un pensiero giudicante su chi ci succede, su chi eredita un mondo “sfasciato”, trasformato, capitalizzato, considerando anche il fatto che intere generazioni sono azzerate da chi alza muri, crea differenze e occupa territori.
I ragazzi amano, si amano, ma noi forse non li amiamo.

David Hockney, Portrait of an artist (Pool with two figures), 1972, acrilico su tela, cm 214×305, collezione privata.

Non li stimiamo nella loro fragilità, nella loro bellezza, nella loro poesia, pretendiamo comportamenti adulti, risolti, rigorosi, su un modello capitalistico controproducente che insegue i fantasmi della globalizzazione. I ragazzi sono echi delle nostre anime, si raccontano e ci racconteranno. Dobbiamo dedicarci a loro, ne hanno e ne abbiamo bisogno, dobbiamo costruire con loro, renderci complici del loro e del nostro destino. Dobbiamo determinare un processo collettivo metagenerazionale in un rapporto continuo che si autoalimenta.
Amplificare il loro potenziale con una politica meno sfuggente, ma atta a scolpire traguardi sociali, costruttivi e formativi. Inseguire insieme a loro un’ideale esperantico nel metalinguaggio della coesione, della collaborazione, sui nuovi traguardi della cooperazione, rifugio antipolitico che vede migliaia di ragazzi impegnati nell’aiutare l’altro.

Keith Haring.

Quindi un mondo è possibile, un mondo cooperante, multietnico, sociale e socialmente attivo.
Questi sono i ragazzi, impegnati, creativi, sognanti.
Loro sono e saranno la storia.

(in copertina: foto credits Getty Images)

Sara Lorusso.

Gli articoli precedenti li trovate qua:

Gianluca Marziani: “Nel nome del mio Berni, l’Amorista, vi dico che i ragazzi oggi sono liberi, meravigliosi, i soli e veri rivoluzionari”

Avere vent’anni nel 2024, che generazione è mai questa? Il dibattito è aperto

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