L’Urban Art arriva a Treviso con “In my Name”

17 artisti, 155 opere tra tele e disegni, due realtà virtuali da sperimentare, 18 tra sculture e installazioni, cinque video-installazioni e proiezioni, più di 4000 metri quadri di spazi espositivi tra Treviso e Monopoli, 23 eventi collaterali, cinque performance live, un contest per videomaker e 159 giorni di esposizione. Tutto questo è InMyName.

Il progetto nasce con lo scopo di raccontare lo stato generale dell’Urban Art oggi, oltre i muri, riunendo per la prima volta in Italia, le opere di 17 artisti internazionali, che utilizzano tecniche, stili, materiali e punti di vista differenti, ma con uno stesso scopo: una presa di posizione, un atto di presenza e azione. “Lo faccio nel mio nome, con il mio nome, io sono qui e dichiaro me stesso” recita il manifesto della mostra, il cui titolo InMyName non lascia spazio a dubbi.

Installation view, photo Credits Elena Pescarolo

A Treviso, a ospitare l’esposizione, è il complesso industriale dismesso delle Ceramiche Pagnossin, a pochi chilometri dal centro della città. È lì che prende vita il progetto Opendream, un processo di rigenerazione urbana in atto dal 2016, consistente nel recupero di un ex area industriale dismessa, al fine di creare uno spazio di incontro e un luogo di interesse culturale, ispirandosi ai principi di rigenerazione urbana sostenibile e bioeconomia.

Prima di entrare nello spazio espositivo di InMyName, si attraversa un cortile circondato da edifici abbandonati, in cui oltre al silenzio, oggi regna anche la creatività, in un inno alla ceramica, alle sue forme e ai suoi colori, nell’iniziativa OPENeARTh, che mira a mettere in relazione il rapporto dei materiali con la terra e l’arte. Al centro, ci sono, non solo i prodotti industriali, ma anche la fatica dell’uomo, la necessità del lavoro e il bisogno di entrare in connessione con il mondo che ci circonda, di cui l’arte rappresenta una manifestazione unica e privilegiata, e in cui la salvaguardia dell’ambiente riveste un ruolo fondamentale.

Opere di Proembrion e veduta della mostra, photo Credits Elena Pescarolo

Nelle giornate di inaugurazione dal 10 al 12 maggio 2024, oltre alla mostra, è stato possibile vedere all’opera uno degli artisti esposti: Proembrion, pittore di origini polacche e appassionato di matematica, che mette le sue radici nei graffiti, nell’arte generativa e nell’architettura, e che, per l’esposizione, oltre che nei suoi dipinti, si è cimentato anche nella creazione della sua prima Virtual Reality, una combinazione di colori sgargianti, geometrie, forme e rette che fanno girare la testa e mettere in discussione i canoni prestabiliti.

Ma Proembrion è solo uno degli artisti esposti. Accanto a lui, tra gli altri, Cento Canesio, illustratore, ciclista e appassionato di skate e sperimentazione, che, nelle sue opere, mette in campo la capacità di rivolgersi a chiunque, con forme semplici e intuitive, e la voglia di combinare materiali, tra cui frammenti di vetro di Murano e pietre.

Dado, serie Anni ’90 – Il Gioco della Scena, 2023 – 24, photo Credits Elena Pescarolo

Poi, Dado, tra i fondatori della crew bolognese SPA, sperimentatore del lettering (in italiano “letterizzazione”, cioè lo studio delle forme della scrittura) e della “poetica della strada”, che continua ad avventurarsi in tecniche differenti, scultura, design, pittura e nell’utilizzo di materiali non sempre comuni, tra cui carta, tela, cemento, tessuti, legno, metallo, ceramica; Macs, grafico, illustratore, graffitista, che ha declinato la sua arte verso il fumetto, lo studio del lettering e il fotorealismo, colorando muri, silos, cabinotti elettrici e, in mostra a Treviso, ha portato la sua passione per la manualità e la Vespa, realizzando un modellino funzionante composto dall’assemblaggio di sette bombolette spray.

Joys, 2024, teli in pvc, dimensioni ambientali, photo Credits Elena Pescarolo

Accanto a loro, anche Won ABC, artista ribelle, ideatore di un contro-mondo, in cui qualsiasi elemento rappresentato può diventare un mostro, il denaro, la guerra, la politica, lo sguardo degli altri su di noi, e ogni energia negativa è da allontanare o da abbattere, nel tentativo di creare un universo nuovo, positivo, in cui la sporcizia di cui ci siamo circondati possa scomparire per far spazio ad altro: colori, realtà, sensazioni; e Marco Zedone, in arte Zed1, che, seguendo la sua predilezione per il figurativo, lavora nel creare un mondo di burattini umanoidi, disegni in cui è possibile riconoscersi ed evolversi, interagendo con la realtà e mutando nel tempo, così come muta e si presenta ogni giorno diversa la sua più grande opera esposta.

Opere di Zed1 e veduta della mostra, photo Credits Elena Pescarolo

Quelli citati sono solo alcuni degli esempi di sperimentazione artistica a cui è possibile assistere e, in alcuni casi, anche prendere parte, visitando l’esposizione InMyName. Non solo un invito all’osservazione, ma anche una spinta alla riflessione attiva, sul modo personale che ognuno dei diciassette artisti ha di vivere e percepire la realtà, di rappresentarla e renderla pubblica, e un invito a farsi coinvolgere da sensazioni, colori, suoni, movimenti, mettendo in discussione canoni, limiti e convinzioni. In una mostra in cui ogni realtà appare reale, anche la virtuale. Non ci sono risposte: che l’obiettivo sia, al contrario, porsi domande? Raggiunto, direi.

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