Le opere della KRAZY LIFE di Ronnie Cutrone tornano a Napoli

Una retrospettiva dedicata a Ronnie Cutrone con 24 opere selezionate dal 2010 al 1980, occuperà gli spazi della Cappella Palatina all’interno del Maschio Angioino di Napoli, dal 18 maggio al 4 agosto.

Un’occasione per Matteo Lorenzelli, della galleria Lorenzelli Arte di Milano, per ricordare l’opera ribelle dell’artista newyorkese,  a undici anni dalla sua scomparsa, riportando alcune sue opere a Napoli, città in cui Cutrone è tornato in varie fasi della propria vita, spinto da un rapporto di amicizia e collaborazione con Lucio Amelio che gli dedicò una personale nel 1982 e lo inserì nella collettiva del 1985 Terrae Motus.

Photo by (c)1998 Timothy Greenfield-Sanders, All Rights Reserved

Nato nel 1948 a New York, Ronnie Cutrone è decisamente attivo nel contesto Pop degli anni 70 e 80, in prima linea alla Factory di Warhol di cui sarà assistente per dieci anni a partire dal 1972, in un ambiente artisticamente esplosivo e stimolante, in una metropoli all’avanguardia, divisa in due dalla ricchezza, tra medio-alta borghesia e periferie borderline sottoposte all’evoluzione tecnologica, al progresso dei mezzi di comunicazione che democraticamente permettono in svariati modi, a chiunque, di assorbire le novità.

Nelle dinamiche di quegli anni, le nuove evoluzioni artistiche post-Pop Art, condizionate ancora dalle suggestioni pubblicitarie, trovano una loro collocazione nell’ambiente metropolitano, nel tessuto creativo della città, con nuovi modi di manifestare la propria presenza, fuoriuscendo definitivamente dagli ambienti chiusi dei laboratori, degli studi, delle Factory per invadere lo spazio esterno, pareti, metropolitane, spazi dedicati alla cartellonistica pubblicitaria.

Ronnie Cutrone at the epicenter in 1985 in “The New Irascibles: Artists 2.”Credit…Timothy Greenfield-Sanders, collection of MOMA

I nuovi artisti, hanno nella loro attitudine creativa un approccio post-moderno, derivato dalle ultime tendenze, di cui Warhol è senza ombra di dubbio il capostipite, un metodo eclettico e  ludico, non improntato sul rispetto dei canoni accademici, ma sulla qualità del messaggio in un continuo confronto con la realtà dei mass-media.

In Keith Haring e Jan-Michelle Basquiat, lo stimolo all’azione ribelle, sopratutto  sul piano artistico, prende il sopravvento tramite i graffiti sulle pareti intonse della city, popolata da colletti bianchi e più in generale dalle classi dominanti.

In Haring un soggetto deumanizzato, ma possibilmente egli stesso o un qualunque essere umano totalmente vittima di stilizzazione al limite del segnaletico, compie sulle pareti cittadine gesti dissacranti o di rottura con le imposizioni culturali conservatrici. In Basquiat le sofferenze di un vissuto marginale e anticonformista vengono trasportate in maniera stilisticamente brutale su qualsiasi superficie e le pareti della città diventano un foglio di carta su cui scrivere il proprio disagio.

American Mask, 2008, acrilico e collage su tela, cm 187×183

Ed è in questo stesso contesto che bisogna inserire Ronnie Cutrone e la sua produzione, impregnata della realtà rumorosa di quegli anni, a metà strada tra la Pop Art ed un certo tipo di realismo urbano anticonformista, tramite l’utilizzo dissacrante di soggetti ed oggetti di vita, trasferendoli in una dimensione in cui restano sospesi vestendosi di cromie spinte e ambiguità semantica.

Cresciuto tra televisione e Popular music, amico di Lou Reed e David Bowie, il suo stile graffiti Post-Pop più che Neo-Pop, non è caratterizzato dall’azione esterna dei grafiti, come per i suoi compagni e colleghi di Factory Haring e Basquiat, ma dalla particolare scelta dei materiali e dei soggetti, in particolare dall’utilizzo delle bandiere che vengono sistematicamente vilipese e per questo rese più affascinanti, su cui campeggiano personaggi cartoon o supereroi della sua infanzia.

Madonna – Erotica, 2008, acrilico e collage su tela, cm 180×180

L’inevitabile inganno Pop è dietro l’angolo, del resto è parte del suo DNA, è innegabile. Le cromie rosa, l’utilizzo di oggetti o simboli della cultura americana, esportati come prodotti nel mondo, tutto sembra far riferimento alla Pop Art, ma la componente espressionista urban, sporca, gocciolante vernice  e piena di sbavature da street artist è evidente nei lavori di Cutrone, così come lo è nel brutalismo di Basquiat o nel graffitismo di Haring. 

Ronnie Cutrone, Ringmaster, 1993, cm 100×124, acrilico su quilt

La bandiera americana vandalizzata in Dubfire Ghost, o Topolino che si arrampica impaurito sul vessillo delle Nazioni Unite durante una minacciosa tempesta in Stormy Alliance; o l’effige del David di Michelangelo che appare su una bandiera stelle e strisce in cui il bianco è stato sostituito dal nero, affianco a simboli di grosse multinazionali, evidenziano da un lato l’indescrivibile serenità nel raffigurare i personaggi dei fumetti della propria infanzia, che per un disegnatore sono una comfort zone, un momento di puro piacere, e da l’altro le tensioni scaturite dalle interferenze della realtà violenta, dove tutto sembra convergere verso un orizzonte di poca tranquillità.

Questa doppia componente è la probabile cifra stilistica del lavoro di Ronnie Cutrone, ironico e sensibile agli eventi, attento alle dinamiche della vita, reattivo artisticamente, ad esempio  quando, in seguito agli attacchi terroristici del 2001 che hanno preso di mira gli USA, lavora a Cross Burn del 2002 o a Crusade del 2005, in cui il logo del supereroe positivo Superman gronda irrimediabilmente sangue sotto una croce rossa tra un realistico proiettile e un rossetto pop, morfologicamente simili e simbolicamente opposti.

Crazy Quilt, 1990-91, acrilico su quilt, cm 246×204

Ronnie Cutrone. What a… KRAZY LIFE!, per la prima volta a Napoli, una mostra ideata e prodotta da Matteo Lorenzelli, in collaborazione con BalckArt e Black Tarantella, a cura di Roberto Borghi, Ivan Quaroni, Luca Palermo e Carla Travierso, con il patrocinio del Comune di Napoli e dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale, visitabile gratuitamente tutti i giorni della settimana (esclusa la domenica) dalle 10 alle 17, è un regalo bellissimo per la città, in un momento in cui c’è bisogno di confronto con i grandi interpreti dell’universo creativo internazionale, per alimentare quel fuoco che arde vivo sotto il braciere dei quartieri e che sta riprendendo vigore grazie a queste occasioni, che trovano spazio e visibilità anche grazie alla collaborazione tra istituzioni.

La sana abitudine di far girare l’arte è segno, se non di benessere, di un tentativo di guarigione, la buona volontà di cui c’è assolutamente bisogno in un momento in cui si fa fatica a dare stimoli e valori alle nuove generazioni, che spesso non sanno nemmeno chi sia stato Warhol, pur vivendo in un mondo che celebra di continuo il marchio.

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