Moroni alle Gallerie d’Italia, la perfezione del “sine inventio”

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“Oggi è domenica, domani si muore”. Questa frase di Pasolini ha sempre sintetizzato il mio pensiero (e conseguentemente il mio stato d’animo) rispetto al giorno del Signore. Ma in un più largo percorso di recupero e valorizzazione della domenica, nel quale mi trovo da qualche settimana, ho deciso di inserire la gitarella meneghina per omaggiare il mitico Giovan Battista Moroni alle Gallerie d’Italia, mostra pluriosannata dalla critica di casa nostra, apprezzatissima da mondo accademico internazionale e, in ultimo, terreno di formazione per mercanti d’arte, collezionisti e tanti appassionati che ho avuto il piacere di vedere brulicare nelle sale espositive.

Milano – 05/12/2023 – allestimento della mostra “Giovanni Battista Moroni, il ritratto del suo tempo” a Gallerie d’Italia Milano (Roberto Serra / Iguana / Gallerie d’Italia)

La curatela è di quelle di grande peso e vede impegnati due giganti italiani come Arturo Galansino e Simone Facchinetti che negli ultimi anni hanno portato in giro per il mondo i loro progetti espositivi, come nel caso della collaborazione con la Frick Collection, giusto per citarne una a caso. Alla loro consapevolezza scientifica si deve la ferrea organizzazione del percorso in nove atti che accompagno lo spettatore dalle origini bresciane del nostro Giovan Battista fino agli ultimi e più maturi esiti della sua carriera.

Nell’articolarsi di questo cammino, ed in particolare proprio nelle opere iniziali, si indagano le radici legate all’apprendistato presso la bottega di Moretto che agli esordi del XVI secolo aveva una posizione di grande rilievo nelle dinamiche artistiche bresciane e che sicuramente diede al giovane bergamasco l’opportunità di crescere in un ambiente più frizzante di quanto non avvenisse in terra orobica, senza contare l’aggiornamento continuo che nelle terre della Leonessa arrivava da Venezia. Questa ouverture ci sbatte immediatamente in faccia una realtà indiscutibile: Moroni non ha creatività, non è immaginifico, non ha inventio.

Molti dei miei lettori prenderanno questo assunto come una decapitazione della mostra o peggio dell’artista, ma è esattamente il contrario. Altri potranno pensare che è del tutto inopportuno mettere in relazione Moretto e Lotto con Moroni, soprattutto quando quest’ultimo ne esce surclassato, come un pugile suonato.

Ma in realtà questo rientra nel programma di sviluppo di un percorso filologico, che ci porta a capire come si parte da un bozzolo insicuro fino alla maturazione di un campione del ritratto.

A sinistra, Giovanni Battista Moroni, La Trinità, 1552–53. A destra, Lorenzo Lotto, Trinità, 1519-1520 ca.

L’accostamento tra la Trinità di Lorenzo Lotto del 1519-21 e quella di Giovan Battista di quasi quaranta anni dopo è del tutto inclemente: da una parte abbiamo il veneziano che realizza un vero ed atroce capolavoro che, da un lato tira verso gli effetti delle emulsioni di Schifano negli anni Settanta e dall’altra chiama a gran voce le follie cinematografiche di Irvine Welsh in The acid House. In sintesi un quadro che travalica i secoli per arrivarti dritto in faccia come la suola di un anfibio.

Alla sinistra di questo monumento alla creatività avanguardistica, lo smunto dipinto di Moroni. Sgonfiato come un soufflè venuto male o come una delle deprecabili campagne di comunicazione del marchio Fiorucci, lo ricordate? Sullo sfondo, un Dio Padre che sembra il modello ideale per una pubblicità di trattori americani, maniche della camicia rigirate da vero texano e al quale sembra solo mancare il cappello a tesa larga da cowboy. Davanti a lui il figlio, timidamente presentato allo spettatore come un introverso giocatore di bowling dall’abbigliamento (e dallo sguardo) un tantino ammiccante…. insomma un quadro disastroso, dobbiamo necessariamente ammetterlo.

La stessa terribile sensazione di incapacità inventiva si coglie nella sala centrale dove, grazie ad un magistrale allestimento, troviamo ancora dialoghi tra il Moroni Sacro, Moretto e Lotto.

Milano – 05/12/2023 – allestimento della mostra “Giovanni Battista Moroni, il ritratto del suo tempo” a Gallerie d’Italia Milano (Roberto Serra / Iguana / Gallerie d’Italia)

Nel raffronto tra la pala del bresciano con il San Nicola di Bari presenta alla Vergine gli allievi di Galeazzo Rovellio ed il

del bergamasco la differenza diventa abissale: per quanto si sforzi il buon Giovan Battista non ci riesce, non ci arriva. Tanto da diventare quasi una macchietta rispetto ai giganti che lo circondano.

Eppure in questo ragazzo esiste una scintilla, deve esserci qualcosa di veramente eccezionale e questa sua unicità si manifesta lampante nella serie di ritratti che ci offre con la sua produzione più originaria.

Giovan Battista Moroni, Ritratto di Gian Gerolamo Grumelli (Il cavaliere in rosa), 1560
olio su tela, 216 x 123 cm, Collezione Lucretia Moroni in concessione al FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano.
Foto Studio Da Re © 2021 FAI- Fondo per l’Ambiente Italiano.

Ma anche in questo bisogna fare una precisazione: Moroni è maestro inimitabile nel “ritratto dal vero” che proprio in quel momento del Cinquecento diventava un genere di assoluto successo ed implicava ovviamente la presenza d un “modello dal vero”. Questo elemento diventa fondamentale per comprendere la necessità che Moroni ha di relazionarsi con un riferimento visivo vivo oppure, come dice Berenson, si sarebbe “…addirittura paralizzato se non gli si fosse seduto un modello davanti”.

Quando il bergamasco è davanti alla sua vittima non gli lascia scampo, analizza ogni profondità del suo viso, il buio o la luce degli occhi, le asperità del viso o le sue goffe morbidezze. Lo trapassa a colpi di pennello, con quella sua inimitabile tecnica che prevede l’accavallarsi di una serie infinità di tocchi di materia, trasportandoci in un viaggio che inizia alla metà del Cinquecento ma che idealmente arriva fino ad Eduard Manet nell’Ottocento passando per Velasquez nel XVII secolo, come peraltro lucidamente intuito da quello che Galansino e Facchinetti chiamano il diagramma longhiano.

Giovan Battista Moroni, Ritratto di gentiluomo (Il poeta sconosciuto), 1560. ©Archivio Fotografico Musei Civici di Brescia-Fotostudio Rapuzzi

Dipinti immortali come il Ritratto di Alessandro Vittoria insieme al Ritratto di capitano bergamasco o al Ritratto di Gian Girolamo Grumelli sono vivide testimonianze di quella sublime maestria che il Moroni raggiunse nell’arco di una intera carriera dedicata ad indagare, quasi spiare le vite degli altri attraverso la loro effige.

Anche all’interno dei suoi ritratti bisogna evidenziare un elemento abbastanza peculiare: il bergamasco si trova molto più a suo agio con fondi monocromi, dove poter direzionare la luce a suo piacimento quasi come un vero e proprio fotografo ed in questo è senza dubbio il precedente più caravaggesco che il cinquecento di marca lombarda possa offrire.

Giovan Battista Giovan Battista Moroni, Ritratto di Gabriel de la Cueva, 1560. Olio su tela, cm 114,8×90,8. Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie

Ancora una volta, la sua mancanza di fantasia lo porta ad essere più debole sui ritratti ambientati in cornici spazio-temporali, qui la differenza tra la finissima qualità del ritratto e l’ambientazione stentata si fa estremamente visibile. In questo senso appare paradigmatica la tela con il Ritratto di M.A. Savelli, dove questa prestante figura di lottesca memoria si staglia come se fosse un copro estraneo rispetto all’architettura di gran lunga più dozzinale.

Milano – 05/12/2023 – allestimento della mostra “Giovanni Battista Moroni, il ritratto del suo tempo” a Gallerie d’Italia Milano (Roberto Serra / Iguana / Gallerie d’Italia)

L’apice del percorso risiede comunque nella sala dedicata alla “moda del nero” come la chiamano i curatori, dove troneggia quel quadro iconico che è Il sarto della National Gallery.

Una tela capace di togliermi il fiato nonostante la conosca come le mie tasche ed intorno alla quale è costruita una compagnia bruna con personaggi del calibro del Cavaliere in nero (oggetto, peraltro, di una discussione epistolare sui neri di Moroni tra Bernarnd Berenson e ed Isabella Stewart Gardner) o come il delizioso Ritratto di uomo con lettera appartenente alla preziosissima collezione Leinuo Zhang di Milano che fa la sua first appearence al grande pubblico.

Giovan Battista Moroni, Ritratto di donna con ventaglio, 1576-1579 ca. Olio su tela, cm 73,5×65. Amsterdam, Rijksmuseum.

Devo quindi accodarmi a tutto quello stuolo di recensioni e giudizi positivi su questa splendida iniziativa delle Gallerie d’Italia che dimostrano ancora una volta di essere un organo attivo nella produzione di una proposta culturale solida e di livello internazionale e che, soprattutto, ospitano la pasticceria di Aimo e Nadia…. quel migon al cuore fondente di cioccolato è trascendentale.

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