Challengers di Luca Guadagnino, la sensualità vibrante si mescola con sfumature erotiche

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Nel panorama cinematografico recente, Challengers di Luca Guadagnino emerge come una rivelazione. Quest’opera semi-autobiografica tessuta attorno a un triangolo amoroso asimmetrico, esplora la dualità esistenziale di una donna divisa tra le sue origini sudcoreane e la sua realtà americana. La narrazione si intreccia con le vicende sentimentali di due uomini, incarnazioni delle sue radici e del suo presente, in un intenso dramma che riflette anche le esperienze personali di Justin Kuritzkes, marito della Song e sceneggiatore. La trama di Challengers, l’ultima fatica di Luca Guadagnino, scritta da Kuritzkes, si snoda attraverso un altro intrigante triangolo amoroso. Tuttavia, qui il contrasto culturale lascia spazio a un contesto più circoscritto e definito: il mondo del tennis. Il film segue le vicende di Art (Mike Faist) e Patrick (Josh O’Connor), due amici e colleghi tennisti, la cui amicizia e rivalità si rinnovano sul campo del Challenger Tour, un torneo di minore importanza mediatica.

Per Art, ormai stella del tennis mondiale, è un’occasione per rafforzare la fiducia; per Patrick, invece, è una lotta per la sopravvivenza professionale. La figura di Tashi Duncan (Zendaya), desiderata da entrambi e promessa del tennis fermata da un infortunio, si interpone tra i due, diventando allenatrice e compagna di Art. La narrazione si dipana attraverso flashback e flashforward, svelando una storia di passione, competizione e desideri inespressi.

Dopo gli esperimenti horror di Suspiria e Bones and All, Guadagnino ritorna alle atmosfere di Chiamami col tuo nome, offrendo una meditazione sulla gioventù, le sue istanze e i suoi segreti, arricchita dalle metafore del tennis, già esplorate da Woody Allen in Match Point. Il tennis, sport che si presta a doppio, singolo o allenamento individuale, non ammette tre giocatori, proprio come i protagonisti di Challengers che si cimentano in una partita esistenziale.

Challengers si colloca in un filone narrativo che richiama The Dreamers di Bernardo Bertolucci, a sua volta influenzato da Godard e Truffaut. Guadagnino, con la sua distintiva vena pop e un’analisi implacabile dei suoi personaggi, offre uno sguardo intimo su fragilità e sensualità, sottolineate da un’implicita tensione omoerotica. Il film si configura come un’ode al cinema che si reinventa, adattandosi ai cambiamenti sociali e emotivi, mantenendo però l’inconfondibile impronta autoriale di Guadagnino. Il regista, noto per la sua versatilità artistica che spazia dalla regia di videoclip musicali alla creazione di lungometraggi, imprime la sua firma stilistica in Challengers. Il film è un intreccio di pop e introspezione, dove la sensualità vibrante si mescola con sfumature erotiche, creando un ritratto spietato dei personaggi e delle loro fragilità.

La colonna sonora pulsante di Trent Reznor e Atticus Ross, che evoca l’atmosfera di un rave piuttosto che di un match di tennis, accompagna lo spettatore in un viaggio attraverso desideri, esibizioni, rotture e riconciliazioni. Challengers si distingue per la sua narrazione non convenzionale, dove i personaggi agiscono in modi inaspettati, rimanendo tuttavia fedeli alla loro essenza. Josh O’Connor e Mike Faist offrono interpretazioni espressive di due figure diametralmente opposte, legate dal tennis e da un sentimento tumultuoso e travolgente. Al centro della scena, tuttavia, brilla Zendaya, che con la sua performance poliedrica e incisiva, si candida a un ruolo di rilievo nella stagione dei premi cinematografici. Il suo personaggio, Tashi Duncan, è un amalgama di contraddizioni: seducente e passionale, ma anche determinata e ambiziosa, una figura che manipola e incanta i suoi due ammiratori.

Challengers è un viaggio che parte dal tennis e si conclude sul campo da gioco, con uno degli epiloghi più irriverenti e originali del cinema recente. Guadagnino conferma il suo valore nel panorama cinematografico, trasformando uno sport spesso considerato noioso in uno spettacolo affascinante, e offrendo una meditazione amara sul tempo, sul declino delle relazioni e sulla ciclicità della vita.

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