Una poetessa alla Whitechapel Gallery di Londra

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Incarcerata negli anni Settanta come presunta terrorista, Anna Mendelssohn ha indagato il modo in cui le oppressioni influenzano il modo in cui ci esprimiamo.

Alla Whitechapel Gallery di Londra è possibile visitare fino al 21 gennaio 2024 la prima esposizione istituzionale delle opere della poetessa, scrittrice e artista Anna Mendelssohn* (1948, Regno Unito – 2009, Regno Unito), detta anche Grace Lake. La mostra “Anna Mendelssohn: Speak, Poetess” è curata da Eugene Yiu Nam Cheung, Asymmetry Curatorial Fellow 2023 alla Whitechapel Gallery, con la consulenza curatoriale di Sara Crangle, professoressa di Modernismo e Avanguardia all’Università del Sussex.

Attraverso la confluenza tra la poesia e le arti visive, Mendelssohn ha saputo esplorare i meccanismi storico-sociali che influenzano la creazione e la distruzione del linguaggio. Incarcerata negli anni Settanta come presunta terrorista, ha indagato il modo in cui la guerra, il fascismo e l’incarcerazione influenzano il modo in cui ci esprimiamo.

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“Anna Mendelssohn: Speak, Poetess” riunisce una selezione di 35 opere provenienti dall’Archivio Anna Mendelssohn presso le Collezioni Speciali dell’Università del Sussex, sede del principale repository dell’opera di Mendelssohn. Dai juvenilia alle poesie scritte nei suoi ultimi giorni nel 2009, le opere in mostra offrono uno spaccato della sua analisi dei linguaggi.

Attraverso la confluenza di poesia e arte visiva, con le sue le annotazioni sui quaderni e le opere su carta Mendelssohn sperimenta il linguaggio come mezzo capace di dare forma alla storia e all’esperienza sociale. Esso viene creato e distrutto dalle iniquità nella vita e da esperienze come la guerra, la perdita, il fascismo e l’incarcerazione, che segnano profondamente la sua vita.

Nata a Stockport da genitori ebrei della classe operaia – entrambi attivisti impegnati politicamente – Mendelssohn è la prima della sua famiglia a frequentare l’università quando, nel ’67, si iscrive all’Università dell’Essex. Lì incontra un gruppo di poeti radicali con i quali partecipa, insieme ad altri studenti, alle proteste di Parigi del maggio ‘67 e a quelle del ‘68. Mendelssohn appare anche nel filmato dell’occupazione del campus dell’Essex incluso in “British Sounds”, un film di Jean-Luc Godard (1969) che non verrà proiettato a causa della nudità femminile. Tra il 1969 e il 1970 Anna insegna inglese e francese ad Ankara. Tornata in Inghilterra abandona l’università e si trasferisce a Londra, dove porta avanti il suo attivismo radicale. 

Nel 1972 viene processata per il suo presunto coinvolgimento in una serie di attentati dell’Angry Brigade, un gruppo terroristico britannico di estrema sinistra. Sebbene si dichiari innocente (una posizione che difende per tutta la vita) in quello che allora è il processo penale più lungo della storia britannica, viene giudicata colpevole e condannata a dieci anni.  

Mendelssohn viene rinchiusa nella famigerata prigione femminile di Holloway a Londra. Una prigione brutale, tristemente nota per i numerosi casi di maltrattamenti nei confronti dei prigionieri, che è stata finalmente chiusa nel 2016. Questa esperienza la perseguiterà per il resto della sua vita. 

In mostra si può osservare il bozzetto Senza titolo del suo presunto autoritratto (1972-76 circa), che probabilmente raffigura l’attivista – con una sigaretta che pende con aria di sfida dalla bocca – durante la sua incarcerazione. Fortunatamente dopo cinque anni, nel novembre del 1976, verrà rilasciata grazie al suo insegnamento di alfabetizzazione e di teatro per i compagni detenuti. 

La maggior parte della sua produzione poetica e artistica si sviluppa dopo il suo rilascio dalla prigione di Holloway, quando si trasferisce a Cambridge e inizia a studiare letteratura inglese al St Edmund’s College. 

Inizia una nuova vita. Con un nuovo nome (Grace Lake) pubblica i suoi primi opuscoli. Tra il 1977 e il 2009 riempie quasi 800 quaderni, migliaia di pagine a fogli mobili su cui scrive le sue riflessioni quotidiane, di ricerca, poesia e arte visiva.

Tra il 1980 e il 1985 dà alla luce tre figli ma poi, non riuscendo a far fronte alle esigenze della genitorialità single e dello studio accademico, dà il permesso per un affido temporaneo. I figli non verranno mai restituiti alle sue cure. L’anno successivo sabota i suoi esami finali, scrivendo un documento sui servizi di assistenza all’infanzia dell’università. Ancora una volta non riesce a laurearsi.

Il lavoro di Anna Mendelssohn nasce dalle circostanze eufemisticamente difficili della sua vita. I suoi punti di forza come scrittrice e artista sono evidenti in opere come Untitled (Relentless) (c. 1997), una serie di sette fogli, ciascuno contenente una singola stanza poetica accompagnata da disegni in gesso, acrilico e pastello. 

Mendelssohn permette alla poesia di essere affrontata su una scala diversa intensificandone l’immediatezza, l’urgenza e le vertigini in versi come “la poesia corre attraverso/ queste strade, sbattendo/ se stessa contro i muri di pietra”. 

Le opere Untitled (Ideagram) (c. 1980-1983) fanno eco a Ezra Pound, che vedeva nell’ideogramma cinese un “mezzo di poesia”, e ai disegni a inchiostro del poeta, scrittore e artista belga Henri Michaux. Mendelssohn ha infatti una fascinazione permanente per le lingue scritte interpretabili attraverso il simbolismo o lo stile pittorico, come l’arabo e il cinese. La mostra presenta cinque opere ideogrammatiche che testimoniano il suo desiderio di creare un lessico che possa sconvolgere la semiotica dell’arte, quella universalmente accettata, con i suoi significati convenzionali. 

Per tutta la vita Anna Mendelssohn sfida le facili verità. Per tutta la vita si oppone ferocemente al classismo,  alla misoginia e all’antisemitismo. Per tutta la vita, Anna Mendelssohn mantiene tenacemente un’assoluta devozione all’arte. 

* [Mendleson era il suo cognome originario, ma spesso veniva scritto Mendelson. Successivamente adottò l’ortografia Mendelssohn.]

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