Cosa, nell’arte, può definirsi falso?

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Nell’arte il confine tra originale e falso è spesso molto labile, in quanto il falso non può esistere, per definizione, se non esiste un originale; ma allo stesso tempo, la creazione artistica primigenia in ogni sua forma di espressione, ha bisogno di stereotipi che non possono prescindere dall’uso di moduli ingannatori.

La differenza tra copia, imitazione o falsificazione non sta dunque tanto nella diversità dei modi e tecniche di produzione, quanto nella intenzionalità della sua realizzazione. Al primo di questi casi corrisponde la copia e l’imitazione, al secondo e terzo caso appartengono le due accezioni fondamentali del falso, che comunque richiedono il riuscire a provare il dolo o la malafede.

In Occidente, la riproduzione di opere artistiche ha origini remote, legata allo sviluppo del collezionismo e per lo più motivata da riferimenti storici, religiosi o dalla pura fruizione estetica.  Le prime falsificazioni storiche furono prevalentemente legate alla simulazione dell’oro e dell’argento; Plinio il Vecchio, infatti, menziona l’esistenza di trattati didattici per la fabbricazione dei gioielli falsi.

Con la conquista dell’antica Grecia si diffuse a Roma la brama di possedere la statuaria ellenica e ciò diede inizio a una fabbricazione di sculture e argenterie firmate da Mirone, Fidia e Policleto. Gli artisti del tempo apposero dunque ai propri lavori marmorei il nome di scultori come Prassitele e Lisippo. Tuttavia, non si trattava ancora di falsi realizzati con l’intento di ingannare, quanto per consentire a più persone di godere del possesso di un’opera già conosciuta. 

Nel Medioevo, ad esempio, a causa del crescente interesse per le reliquie cristiane, vennero riprodotte un’infinità di frammenti e chiodi della Croce, culle del Bambino Gesù e ossa di Santi. Il XIV secolo, a causa dei numerosissimi ritrovamenti archeologici e la crescente passione collezionistica, vede invece la creazione di molte opere d’arte che imitavano sculture greche e romane, conseguentemente vendute per autentiche a collezionisti, nobili e clero. 

Durante il Rinascimento, per converso, le botteghe dei grandi artisti erano piene di allievi e collaboratori che  ‘riproducevano’ i dipinti dei loro maestri e non solo. Ciò avveniva per motivi sia di studio che lavorativi, in quanto nutrita era la richiesta di ‘copie’. Questa pratica, generalmente considerata un lecito tributo, produceva anche manufatti che con il trascorrere del tempo sono stati erroneamente attribuiti. Successivamente la forte domanda per i grandi ‘nomi’ portò gli autori a identificare le proprie opere, cosicché i pittori cominciarono a firmale per esteso o con iniziali e monogrammi.

il “Cupido dormiente” di Michelangelo

Quasi tutti gli artisti, dunque, durante la loro carriera realizzarono delle riproduzioni di opere importanti o nello stile di qualche illustre maestro. Ad esempio, nel 1496, Michelangelo realizzerà un Cupido dormiente all’ ‘antica’; Colantonio si distinse nell’imitazione di dipinti fiamminghi; Luca Giordano riprodusse Tiziano e Tintoretto; Giuseppe Guerra, allievo del Solimena, per scagionarsi ed evitare il carcere quale ladro di reperti archeologici, dovette confessare di essere un falsario di pitture pompeiane.

Con il trascorrere del tempo, poi, la falsificazione di manufatti, mobili e dipinti d’arte è diventata un fenomeno prevalentemente legato alla richiesta di mercato e fa parte di una più generale tendenza a riprodurre o falsificare un qualsivoglia oggetto risulti particolarmente piacevole o di elevato valore. Prescindendo dalle sue intenzioni pratiche, la replica o la falsificazione antica ci rivela importanti elementi della cultura e degli interessi artistici di un’epoca e rappresenta la memoria di correnti scomparse che sono giunte fino a noi solo grazie a riproduzioni più tarde. 

Riferito, quindi, alla sola produzione artistica il falso è comunemente inteso quale oggetto realizzato con la precisa intenzione di ingannare circa l’autore e l’epoca della sua esecuzione; per lo più tale intendimento è confermato dal collocamento dell’opera sul mercato.

Sul mercato antiquario, infatti, numerosissimi sono gli esemplari di copie, riproduzioni e falsi, molti gli oggetti che hanno subito manomissioni, alterazioni o restauri più o meno importanti. Talvolta, nei secoli, le opere sono state sottoposte a interventi adattativi o anche migliorativi, che si discostano notevolmente dall’esecuzione originale, senza che peraltro ci si trovi necessariamente di fronte ad una tela non originale. 

Il concetto di autenticità di un’opera, pertanto, può talvolta accorpare e valorizzare non solamente lo status al momento della creazione, ma la storia stessa dell’oggetto, compresi gli interventi di pulitura, restauri e riparazioni, che possono comunque costituire una documentazione storica. Da qui nascerà in seguito l’idea della leggibilità dell’intervento integrativo sul manufatto artistico. I falsi in pittura possono essere quindi o copie tratte da originali esistenti e in seguito fatte passare come originali; pasticci, ovvero oggetti composti riunendo singoli elementi desunti da materiale autentico e spesso appartenenti ad uno stesso autore; o infine alterazioni, manomissioni e adattamenti di opere esistenti, con l’intento di aumentarne il valore economico. Quest’ultima categoria è di gran lunga la più vasta, tanto che spesso si arriva a domandarsi se ci si trova dinanzi a “un autentico o un falso” , oppure a  “un autentico falso”? 

A tal riguardo scrive Althofer: “fino a che punto autentico, fino a che punto falso? Falsi puri… sono relativamente rari”

Un esempio di ciò è incarnato dal Salvator mundi già al Louvre di Abu Dhabi (ora in ubicazione anonima), attribuito a Leonardo Da Vinci. Considerando il passato travagliato dell’opera, le varie  ridipinture e i numerosi e pesanti restauri ottocenteschi ci si chiede, lecitamente, cosa conservi ancora dell’originale mano vinciniana il suddetto dipinto. Ma tale quesito, purtroppo, accompagna anche altri numerosissimi capolavori.

L’arte del falso può essere, come visto, estremamente redditizia e talora la maestria di esecuzione rasenta addirittura la perfezione. Oggi, per fortuna, con il perfezionarsi delle moderne tecniche scientifiche  di diagnostica per immagini, di datazione e di analisi chimiche, unita alla grande professionalità di periti storici dell’arte, l’identificazione delle opere non autentiche ha raggiunto altissimi livelli, lasciando pochissimo margine di errore.

Dott.ssa Maria De Lorenzo
Perito ed Esperto d’arte in ambito civile e penale al tribunale di Matera
https://dottmariadelorenzo.wixsite.com/website

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