Etere, cortigiane honeste e da candela: viaggio tra le ragazzacce dell’arte

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Se pensate che Caravaggio fosse un cattivo soggetto perché ha scelto una prostituta annegata nel Tevere (e anche un po’ gonfia, a dirla tutta) per farne Maria nella Morte della Vergine, be’, siete delle anime candide. Perché le professioniste del sesso messe a interpretare Madonne e figure mitologiche varie, nell’arte erano già la prassi.

Michelangtelo Merisi da Caravaggio, La morte della Vergine.

Innanzi tutto, sette anni prima di quel dipinto tanto vilipeso, Merisi aveva incantato il pubblico con un Riposo durante la fuga in Egitto nel quale per l’amorevole Vergine con il bimbo tra le braccia aveva preso come modella l’amica Anna Bianchini, meretrice di lungo corso che esercitava alla Locanda Serena, vicino a Trinità dei Monti (la sua Maddalena dell’anno prima, in effetti, più che una peccatrice penitente, con quella testa ciondolante poteva far pensare a una che smaltisse una sbronza).

Per non parlare della Santa Caterina interpretata dall’austera Fillide Melandroni, altra bella di giorno. Lei però dalla Taverna Serena fa il salto di qualità e approda alla clientela più chic: quella rifornita dal noto protettore Ranuccio Tomassoni (lo stesso che il 28 maggio 1606, dopo una lite, Caravaggio ammazzerà con un colpo di spada ben assestato all’inguine, trovandosi così costretto a scappare da Roma).

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto.

Troppo raffinato Raffaello, invece, per le prostitute da taverna o “da candela” (così chiamate perché misuravano la durata della prestazione dal consumarsi di un moccolo): le sue amiche sono le cosiddette cortigiane honeste, quelle che sanno di letteratura, spesso scrivono poesie, non sfigurano a tavola con i nobili e frequentano i palazzi della Roma bene.

Raffaello Sanzio, La Fornarina.

Come Divina Imperia, la più richiesta da prelati e banchieri, che l’urbinate infila (giustamente) in Vaticano, nella Stanza della Segnatura, come la Saffo del Parnaso. Del resto anche la sua Fornarina, la cui faccetta di luna piena con gli occhi sporgenti si riconosce in diverse madonne – tra cui la celebre Sistina – molto probabilmente non si era guadagnata quel soprannome perché figlia di fornaio (via: il doppio senso è piuttosto esplicito). La signorina che ci mostra spalla, profilo e tonda natica ai piedi della Trasfigurazione, invece, si dice sia ispirata alla famigerata Giulia Farnese (castamente ritratta anche nelle vesti di Dama col liocorno), la scatenata giovane amante di Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia), amica del cuore di Lucrezia e ribattezzata con spregio dai romani la sponsa christi. Non proprio una belle de jour, è vero, ma con un ottimo curriculum da ragazzaccia.

Raffello Sanzio, Trasfigurazione (particolare).

La palma del primo a trasformare una professionista del sesso in opera d’arte, però, va a Prassitele. Sì, proprio lo scultore di Atene. Che ne ha fatto nientemeno che la dea della bellezza. Se ne stava lì, insieme alla folla dei suoi concittadini a festeggiare Poseidone sulla spiaggia di Eleusi, e intanto si arrovellava su come risolvere la sua nuova commissione, quando lei è arrivata. Splendida, incurante di tutti, ha mosso due passi verso la riva del mare, ha lasciato cadere il peplo e così, come mamma l’ha fatta, si è buttata nell’acqua.

Prassitele sa chi è, lei: è l’etera più famosa di Atene. Si fa chiamare Frine, rospo, ma il suo vero nome è Mnesarete, e a un rospo non somiglia per niente. Non solo ha un corpo perfetto, morbido e muscoloso, con due natiche polpose come frutti maturi, ma è l’unica tra le sue colleghe che non si impiastriccia il viso con il trucco: possiede una grazia e un’eleganza che la rendono unica.

L’idea è immediata. Ecco come realizzerà l’Afrodite commissionata dalla città di Kos: sarà completamente nuda.

Frine poserà volentieri, troppo intelligente per non cogliere il vantaggio che quella visibilità le porterà (si dice che la sua tariffa sia passata da 100 a 10.000 dracme a prestazione). E se Kos, scandalizzata, rifiuterà la scultura, sarà felice di acquistarla Cnido. L’opera diventerà un must have, sarà riprodotta ovunque. E grazie alle copie romane arriverà fino a noi.

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