Giò Ponti, il genio che ha progettato tutto, “dal cucchiaio alla città”

Architetto, designer, artista, pubblicista, Gio Ponti è stato tutto questo e non solo. In più di cinquant’anni di attività ha sperimentato e progettato tutto, dal piccolo al grande ovvero, per usare uno slogan della Bauhaus, “dal cucchiaio alla città”, anche se lui razionalista non lo è mai stato.

Al MIC Faenza la mostra “Gio Ponti. Ceramiche 1922-1967”, a cura di Stefania Cretella, visitabile fino al 13 ottobre, ne ripercorre l’opera con un focus specifico sulla sua direzione artistica della Richard-Ginori. 

“Urna – La conversazione classica”. Produzione Richard-Ginori, Courtesy MIC Faenza

Quella di Gio Ponti è stata una figura chiave nella definizione del gusto italiano del Novecento. Convinto sostenitore della qualità artistica degli oggetti di arredamento, Ponti aveva una visione democratica del design industriale, per lui la produzione in serie su larga scala era uno modo per arrivare alla gente. Non a caso, come direttore artistico della manifattura toscana Pozzi-Ginori, proporrà non tanto di creare pezzi unici o a bassa tiratura, ma di realizzare la messa a punto di una produzione in serie di alta qualità. “L’industria è la maniera del XX secolo, è il suo modo di creare” scriverà nel catalogo dell’Expo di Parigi del 1925, quella in cui le sue porcellane vincono il Grand Prix. 

Installation view “Gio Ponti. Ceramiche 1922-1967” @ MIC Faenza

In un periodo in cui si diffonde l’architettura razionalista egli non rinuncia all’estetica, progetta spazi e arredi estremamente funzionali concedendosi il lusso di divertimenti formali. Ma nello spirito pontiano nulla è mai troppo esibito o ostentato, l’essenzialità è molto più stimolante di un capriccio facile, la bravura e la bellezza rimangono sempre un po’ nascoste. 

Gio Ponti è stato un poeta della visione e un grande progettista ma non ha mai avuto l’ortodossia tipica dell’architetto, né il piglio del teorico puro o dell’accademico. Non stupisce, dunque, che il movimento moderno non lo abbia mai amato e che i grandi critici ne abbiamo travisato la gioiosa semplicità. Famosa è rimasta la definizione di Bruno Zevi che vede il grattacielo Pirelli come un grande mobile bar ingigantito alla scala della città. 

A partire dagli anni Venti, mentre con l’International Style si inizia a diffondere un’architettura uguale da per tutto, Ponti sviluppa il concetto di casa all’italiana. Convinto assertore delle pareti scorrevoli e dei mobili su ruote, immagina già una casa con ampi spazi (il futuro open space), capace di cambiare aspetto adattandosi alla versatilità della vita. Poi, come risposta all’ idea americana della parete totale in vetro, inventa la “finestra arredata”, ricostituendo dinnanzi al vuoto una trama compositiva di piani d’appoggio che invece di avere il muro ha il cielo come sfondo. 

Cabinet o comò a tre cassetti del 1954 di Gio Ponti

Gio Ponti comincia a progettare mobili e oggetti assai memorabili molto prima che la parola design divenga di moda in Italia. “Bisogna ritornare alla sedia-sedia, alla casa-casa, a lavori senza etichetta, senza aggettivi, a cose giuste, vere, naturali, semplici e spontanee” scrive su Domus nel ‘52. La sedia-sedia è la Superleggera, quella con le famose gambe a sezione triangolare, progettata in quello stesso anno a partire da un modello semplicissimo e tradizionale, la sedia di Chiavari. Anche qui Gio Ponti lavora per sottrazione, toglie il superfluo, elimina i pesi inutili e riduce all’essenziale ogni singolo elemento fino ad ottenere una sedia che si solleva con un dito, all’epoca la più leggera del mondo. 

Progettista dalle molteplici ispirazioni, con il suo stile sofisticato ma riconoscibile realizza una vastissima produzione, dove il gusto per la tradizione artigianale si accosta sempre alla ricerca di soluzioni tecnologiche innovative. Dalle posate ai grandi palazzi fino alle splendide ville di Caracas, Gio Ponti guarda a tutto nella sua globalità, ma questo approccio libero e creativo viene bollato dai suoi contemporanei come “eclettico”. Una definizione che non gli si addice affatto, tanto è vero che attraverso le sue riviste “Stile” e “Domus” combatterà due importantissime battaglie: la prima contro “il finto antico” e la seconda contro “il moderno brutto”.  

Installation view “Gio Ponti. Ceramiche 1922-1967” @ MIC Faenza

La sua idea è, in fin dei conti, quella di promuovere la formazione di un gusto nuovo, il suo obiettivo è quello di divulgare la nuova cultura progettuale italiana attraverso un’editoria colta ma leggibile. Quando il “bel design” esploderà, sarà Domus l’ambasciatrice di questa grande trasformazione, diventando prima grande rivista italiana con una larga diffusione internazionale.

“Per me non esiste ‘il passato’ perché considero che tutto è simultaneo nella nostra cultura” scrive nel ‘57. Non a caso durante il periodo della direzione artistica alla Richard-Ginori attinge liberamente sia da modelli di ispirazione classica che dalle Piazze d’Italia di Giorgio de Chirico o da sofisticati modelli manieristi, mentre le forme allungate delle figure femminili ricordano i nudi di Amedeo Modigliani. Nelle architetture del Palladio ha la fortuna di risiedere durante la guerra nei periodi di riposo dal fronte, l’enorme impressione che susciteranno queste architetture che “inforchettano” il cielo si tradurrà per lui in un imprinting indelebile. 

Installation view “Gio Ponti. Ceramiche 1922-1967” @ MIC Faenza

Ma il genio creativo di Gio Ponti non si ferma qui. Nella serie delle mani in porcellana creata per la Richard-Ginori ha la geniale idea di riprendere alcuni stampi industriali per guanti di gomma che all’epoca si producevano a Doccia, per poi farli decorare con tecniche raffinatissime. Le mani diventano un archetipo ancestrale, un’immagine che ritorna con creatività ossessiva.

Un focus a parte merita il sodalizio artistico con Piero Fornasetti iniziato sul finire degli anni Trenta. C’era tra di loro una grande stima reciproca, insieme si divertivano a ricoprire una sedia di farfalle stampate, era come un’invasione, non una decorazione, un’invasione.

Ma l’erede più rappresentativo Gio Ponti è Alessandro Mendini, a lui il maestro mette in mano la rivista Domus quando decide di lasciare; nella serie di vasi “100% Make-up, The new Romantic Style” è evidente il riferimento all’aggiornamento decorativo attuato da Ponti negli anni’ 20 e ’30, durante la direzione artistica della Richard-Ginori. L’idea di coniugare artigianato e tecnologia, tradizione e innovazione, high tech e low tech, sarà ripresa negli anni ’90 dai Droog designers. In tutti i campi in cui si è cimentato Giò Ponti è stato una specie di grande papà, uno di quei grandi maestri a cui fare riferimento per intere generazioni. 

Installation view “Gio Ponti. Ceramiche 1922-1967” @ MIC Faenza

È stato il primo architetto-designer, uno di quelli che disegnava e pensava continuamente, perché pensava disegnando, era essenzialmente un grande progettista che sapeva carpire i segreti degli artigiani e degli operai. Gio Ponti era un grande umanista che sapeva evitare il superfluo senza mai rinunciare all’estetica, con rara capacità di pensiero e di sintesi è riuscito a far coesistere la decorazione artigianale con il lavoro industriale, a preservare la bellezza delle piccole cose per trasportarla nel futuro. 

Nel secondo dopoguerra Gio Ponti ha avuto un importante ruolo nella diffusione della cultura italiana nel mondo. Con la mostra itinerante “Italy at Work: Her Renaissance in Design Today”, allestita in 12 musei americani dal 1950 al 1953, ha promosso il “bel design”, intravedendo una grande opportunità per la rinascita dell’Italia attraverso il connubio tra la produzione artigianale e cultura del progetto. 

Forse per questa ragione oggi viene semplicisticamente definito il promotore del made in Italy, un termine nato negli anni Ottanta (lui muore nel ’79!) che è principalmente è legato al commercio e che, purtroppo, rischia di banalizzare tutta la complessità della sua opera. A Gio Ponti, che è stato un genio creativo non etichettabile, una sola cosa non è riuscita: le facciate delle chiese, che effettivamente a Enzo Mari facevano orrore!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Artuu consiglia

Iscriviti alla Artuu Newsletter

Il Meglio di Artuu

Ti potrebbero interessare

Seguici su Instagram ogni giorno