I “Giorni Felici?” alla Fondazione Merz di Palermo

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La Fondazione Merz presenta a Palermo una collettiva nell’ambito di ZACentrale 

Cosa accadrebbe se tutti gli oggetti del nostro quotidiano, comprese le nostre abitudini, svanissero all’improvviso? Per quanto crudelmente disorientante, questa potrebbe essere l’occasione per farsi una domanda: è davvero questa la vita che vogliamo? 

È questa la domanda a cui cerca di dare risposta la mostra collettiva Giorni Felici?, curata da Agata Polizzi per Fondazione Merz nell’ambito del progetto ZACentrale, in programma fino al 3 marzo 2024, con una selezione di opere di Yuri Ancarani (Ravenna, 1972), Per Barclay (Oslo, 1955), Silvia Giambrone (Agrigento, 1981), Joanna Piotrowska (Varsavia, 1985), il duo Genuardi/Ruta (Sciacca, 1986 / Ragusa, 1990) e Chen Zhen (Shanghai, 1955 – Parigi, 2000).

Prendendo spunto romanzo Nudi e Crudi (2001) di Alan Bennett, Giorni Felici? immagina che, proprio partendo dalle nostre fragilità, sia arrivato il momento di dare una risposta alla fatidica domanda: siamo davvero felici oppure ci stiamo illudendo di vivere giorni felici? 

Non appena si entra all’interno del Padiglione ZAC (Zisa Zona Arti Contemporanee), si percepisce subito che non si tratta di un museo tradizionale ma di una zona franca per le arti contemporanee dai confini ampi e aperti, in cui le poetiche degli artisti s’intrecciano abilmente, dialogando in un continuo divenire.  

Tra le opere in mostra, è imperdibile Séance (2014), il film-documentario girato da Yuri Ancarani nell’affascinante Museo Casa Mollino, in cui pensieri di vita e di morte s’intrecciano sottilmente. Un’opera dal raffinato gusto estetico che affascina sin da subito lo spettatore e lo seduce, conducendolo all’interno della casa del grande architetto ed esteta, per partecipare ad una vera e propria séance – girata dal vero e senza sceneggiatura – con lo spirito di Carlo Mollino. 

Gli specchi spinati di Silvia Giambrone (Mirror 2019-2023), non riflettono alcuna immagine: all’interno delle loro cornici di gusto roccocò vi è uno strato opaco di cera, che da una sensazione opposta.

Joanna Piotrowska focalizza l’attenzione sul tema della fragilità dell’infanzia fotografando i suoi soggetti all’interno di rifugi precari simili a quelli che i bambini realizzano con oggetti reperiti nelle proprie case (2016 – 2019). Il risultato è uno spazio carico di emozioni e di ricordi attraverso cui viene riletto il concetto di casa.

Chen Zhen è presente con l’installazione Jardin Lavoir (2000). “Letti-vasche” vengono trasformati in lavatoi e riempiti di oggetti quotidiani figli del consumismo occidentale: televisori, vestiti, libri, bottiglie, giocattoli, automobili ecc. Goccia dopo goccia, l’acqua cade su di essi, mentre un odore acre riempie le narici in un misto di ruggine e di vecchio. Cosa ce ne facciamo di tutti questi oggetti, se alla fine moriremo lo stesso? Pur essendo una grande installazione, Jardin Lavoir conserva un sapore denso e pittorico, non a caso Chen Zhen si è dedicato alla pittura fino al 1986, quando, trasferitosi a Parigi è stato colto da un vero e proprio shock culturale. Scomparso prematuramente nel 2000, questo sensibile artista è riuscito a far emergere le dinamiche della globalizzazione, evidenziando la contrapposizione tra la cultura orientale e il consumismo occidentale. 

Colma di acqua è anche l’installazione Senza titolo (1992) di Per Barclay che ricorda una casa e trasmette una flebile luce allo spazio circostante.

Il duo Genuardi/Ruta “infiamma” la collettiva con l’installazione site-specific Vestita di color fiamma viva (2023) che occupa un’intera parete e dona colore a tutto il Padiglione ZAC. Il percorso si conclude con il monologo di Winnie (interpretata da Nicoletta Braschi) tratto dal dramma Giorni felici di Samuel Beckett, in cui emerge tutta la solitudine di una vita sommersa da cumuli di banali oggetti quotidiani, dove si finisce per vivere aspettando che il tempo passi.

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