Properzia, che per un soffio non cambiò la storia

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In un universo parallelo, nella Sacrestia Nuova di San Lorenzo, a Firenze, le sculture sulle tombe del Duca di Urbino, Lorenzo, e del Duca di Nemours, Giuliano, sono firmate da una scultrice donna. Figure morbide e dialoganti, storie intime e incroci di sguardi. Perché lì, nell’Universo parallelo, Properzia de’ Rossi non è morta di peste a quarant’anni.

Nel 1530 papa Clemente VII è a Bologna, e cerca la scultrice che lì si è fatta notare in San Petronio (notare così tanto da scatenare l’invidia dei colleghi maschi e da farsi mobbizzare). Il papa è nella città per incoronare imperatore Carlo V, proprio nella cattedrale dove quella scultrice ha raccontato in toni teneri, e anche piuttosto erotici, la storia di Giuseppe e della moglie di Putifarre. Papa Clemente ha indugiato un po’ nella scollatura della signora scornata, quella che afferra la veste di Giuseppe sperando di trattenerlo nella sua alcova, e poi, rifiutata, va a denunciarlo stizzita al marito dicendo che lui ha cercato di sedurla.

Difficile, anche per il santo padre, distogliere gli occhi da quel marmo che si fa carne morbida, dai capezzoli liberi evidenziati dal gesto del braccio. Ha pensato che lei potrebbe portare nuova linfa, in Vaticano, una freschezza inedita. Una donna che lavora il marmo! Quasi uno scandalo. Ma a lui non fa paura: ne ha visti di scandali, a Roma. Forse non sa che Properzia ha il sangue caldo, che ha il vizio di finire sempre in qualche zuffa, che convive con un uomo senza esserne la moglie e che per cacciarla da San Petronio i colleghi invidiosi si sono inventati una rissa in cui lei avrebbe graffiato uno di loro, ma soprattutto hanno denunciato il concubinaggio (all’epoca considerato quasi alla stregua della prostituzione). Ma certamente sa che Properzia ha esordito scolpendo noccioli di pesca e addirittura noccioli di ciliegia, ricavandovi, con una minuzia da spaccare gli occhi, una passione di Cristo e anche miriadi di volti; pezzi così preziosi da essere incastonati in gioielli d’oro e diamanti che avrebbero potuto farne una donna ricca. Ma lei voleva il marmo, voleva sporcarsi le mani e inalare la polvere, e finalmente c’era riuscita, scolpendo un ritratto del conte Guido Pepoli che sembrava respirare. Così bello che il figlio Alessandro, direttore dei lavori in San Petronio, l’aveva voluta con sé.

Ora, sbrigata l’incombenza dell’incoronazione, Clemente avvicina Pepoli, gli chiede di Properzia, ha già in mente un progetto. Ma gli dicono che era all’ospedale di San Giobbe. E che non c’è più.

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