Tra spiragli di ripresa e cauto ottimismo, Art Basel Hong Kong si conferma una tappa imprescindibile per l’arte nell’intera area Asia-Pacifico…
Si è appena conclusa la dodicesima edizione di Art Basel Hong Kong, la fiera d’arte più importante d’Asia, che dal 28 al 30 marzo (con due giorni di Preview 26-27 marzo) ha riunito galleristi, collezionisti e appassionati d’arte in una rassegna che, sebbene segnata da un clima di cautela, ha dimostrato il dinamismo della scena artistica dell’intera Regione Asia-Pacifico. Dopo anni complessi, segnati dalle dure e prolungate limitazioni imposte dalla Pandemia del Covid-19, la fiera ha mostrato segnali positivi sia per la crescita del numero di visitatori che per le vendite anche se non si sono registrati i numeri incredibili a cui Hong Kong ci aveva abituato nelle prime edizioni.

La fiera in numeri
La fiera appena conclusa ha registrato un’affluenza di 91.000 visitatori, un dato in netto aumento rispetto ai 75.000 dell’edizione 2024. In lievissimo calo, invece, il numero delle gallerie che si attestano a 240 rispetto alle 242 dell’anno precedente. Un residuo di poco conto a cui fa da contraltare un afflusso internazionale maggiore rispetto agli anni precedenti, con un incremento di collezionisti europei e una presenza crescente di compratori provenienti dal Sud-est asiatico e dalla Gen Z. Dato interessante se si considera che la Cina, secondo ArtPrice, la banca dati di riferimento nel campo dell’arte, ha rappresentato negli ultimi quindici anni il 90% del mercato asiatico (tutti i periodi inclusi).
A dimostrazione che la cautela che si registra sul mercato globale investe anche i compratori asiatici, che si sono mostrati più selettivi e riflessivi nelle loro scelte, niente più sold-out nel primo giorno di fiera, ma vendite spalmate su più giorni. Non più acquisti compulsivi, dunque, ma un’attenzione a ciò che si compra maggiore rispetto al passato.
Volano alto le gallerie blue chip che puntano sui grandi nomi internazionali molto conosciuti tra i collezionisti asiatici. Tra le cessioni più significative si registra la vendita da David Zwirner (New York, Los Angeles, Londra, Parigi, Hong Kong), per 3,5 milioni di dollari della tela INFINITY-NETS [ORUPX] del 2013 di Yayoi Kusama, superstar dell’arte asiatica e tra le più influenti artiste del pianeta.
Ha superato le sette cifre anche il dipinto Push’m Lil’ Daisies, Make’m Come Up (2020) di Christina Quarles venduto da Hauser & Wirth (Parigi, Hong Kong, Monaco, Minorca, Gstaad, Saint Moritz, Zurigo, Londra, Somerset, Los Angeles, New York) per 1,35 milioni di dollari (Fonte: Art Basel Hong Kong Sales Report). Al netto delle vendite, pur sempre necessarie, Art Basel Hong Kong rappresenta una vetrina per incontrare nuovi collezionisti e ampliare il mercato dei propri artisti. Ce lo conferma Chiara Tiberio, Direttrice della Galleria P420 di Bologna, che ha partecipato per la prima volta alla fiera con uno stand interamente dedicato all’artista Irma Blank al suo debutto in Asia: “Per noi è stata un’esperienza totalmente positiva”, ci rivela, “Il lavoro di Irma Blank è stato accolto con grande entusiasmo ed abbiamo venduto più di 10 opere in un range di prezzi che oscilla tra i 20.000 e i 70.000 euro”.

Hong Kong centro nevralgico dell’arte in Asia
Hong Kong si conferma anche per il 2025 la più importante piazza asiatica del mercato dell’arte e non solo. Con l’acquisizione da parte del marchio Art Basel della Hong Kong International Art Fair, fondata nel 2007 e pensata quasi esclusivamente per il mercato cinese ed asiatico, la fiera è cresciuta in pochissimo tempo fino ad imporsi come leader in Asia e ad essere inserita nel range degli appuntamenti più importanti al mondo per quanto riguarda l’arte contemporanea. Uno sviluppo enorme che ha investito l’intera comunità anche al di là della rassegna. Molte gallerie occidentali hanno, infatti, aperto una sede ad Hong Kong ed è indubbio che la fiera abbia svolto un ruolo fondamentale perché ciò avvenisse.
In secondo luogo, l’attenzione in Oriente per l’arte occidentale non è solo frutto di una naturale evoluzione del gusto ma anche figlia di una puntigliosa operazione di marketing che ha spinto, ad esempio, l’Università di Hong Kong a creare dei corsi, in collaborazione con la Central Saint Martins di Londra, per insegnare ai nuovi collezionisti la complessità della storia dell’arte occidentale e ad istituire in partnership con la Royal Academy di Londra corsi specifici per galleristi.
Il governo di Hong Kong, inoltre, ha sviluppato progetti di ampia portata per colmare il vuoto culturale della metropoli e renderla più appetibile per i visitatori occidentali. Il più ambizioso è il museo di arte contemporanea asiatica M+, progettato dagli architetti svizzeri Herzog & de Meuron nel 2019. Con una superficie due volte più grande della Tate Modern di Londra, il museo – che espone oltre 2.000 opere realizzate dopo il 1950 provenienti in larga parte dalla donazione di Uli Sigg, uno dei maggiori collezionisti d’arte contemporanea cinese al mondo – ha inaugurato, proprio in contemporanea con Art Basel Hong Kong, una grande retrospettiva dedicata a Picasso che, neanche a dirlo, ha riacceso l’interesse per il maestro spagnolo anche tra i collezionisti asiatici.