Cosa si intende per caccia alle streghe? A chi si dava la caccia? Chi erano le streghe? La mostra Stregherie. Iconografia, fatti e scandali sulle sovversive della storia, al Palazzo Pallavicini di Bologna, prova a ripercorrere secoli di storie di soprusi, abusi e uccisioni subiti dalle donne tacciate di stregoneria.
Quando parliamo di streghe non si può non menzionare la storica femminista Silvia Federici che, della caccia, teorizza nei suoi scritti più importanti Calibano e la strega. Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria e Genere e Capitale. Per una rilettura femminista di Marx. La caccia alle streghe, costruita a partire dalle prime immagini che iniziarono a circolare del Medioevo, ha avuto funzioni di controllo per il ruolo pubblico, sociale e privato delle donne.
Immagini e testi pubblicati a partire dalla fine del Quattrocento mettono sotto accusa le streghe, e costituiscono una solida giustificazione per la loro persecuzione e uccisione.
Si definisce ancora più concretamente a partire dal sedicesimo secolo durante il processo di capitalizzazione dell’economia internazionale che sarà una delle basi fondamentali su cui verranno costruite e tessute persecuzioni e violenze.
Il capitalismo è un modo di concepire i rapporti e, all’interno della sua logica, i rapporti comunitari e di solidarietà si vanno a perdere a favore quelli individuali con il capitale; i rapporti, dunque, si privatizzano e si dividono.
Le comunità femminili – basti pensare alla stanza di una partoriente affollata di donne, guaritrici, ostetriche, balie – si disgregano. La donna, abituata ad organizzarsi secondo una rete di sorellanza, più o meno consapevole, si ritrova isolata, esclusa e subordinata, trasferita all’interno della sfera privata nel nucleo famigliare che diventerà il suo nuovo spazio limitato d’azione.
Importante sottolineare e rendere nota l’assenza di un’identità legale riconosciuta per la donna che comporta l’entrata nel capitalismo come non posseditrice di se stessa e della sua forza lavoro (cfr. Silvia Federici), dunque lasciata fuori dalla fabbrica.
Il lavoro domestico a cui è costretta non è mai stato riconosciuto come tale e, di conseguenza, nemmeno degno di essere retribuito. Il lavoro invisibile di cura non pagato rimane inevitabilmente fuori dal capitale poiché in un sistema di accumulazione di ricchezza, ciò che conta è produrre e produrre denaro. Rimane indubbio che sistemi di sfruttamento e subordinazione esistono da prima dell’avvento del capitalismo, ma la differenza tra lavoro salariato e non gioca un ruolo fondamentale per l’ulteriore subordinazione della donna.
Impoverite e isolate, le donne iniziano a subire un’espropriazione non solo del loro ruolo sociale, ma anche dei loro corpi: il corpo femminile è ciò che produce forza lavoro, diventa la ricchezza per il sistema capitalista, è ciò che produce le braccia della forza-lavoro e va controllato con ogni mezzo. Così, la caccia alle streghe diventa la perfetta strada per disciplinare la sessualità femminile. A questo punto qualsiasi donna accusata di lussuria senza freni, di sessualità disinibita diventa strega per il sistema e, in quanto tale, punita e uccisa.
Si disciplinano corpo e procreazione in senso riproduttivo capilista.
L’utero femminile è quella macchina capace di produrre i protagonisti delle fabbriche ed è per questo che, nella maggior parte dei casi, la vecchia, incapace di generare, diventa il soggetto perfetto da fare fuori. La donna anziana, svalutata perché non più produttiva, impossibile da riconoscere come macchina produttrice, non è addomesticabile ai ritmi capitalisti. Diventa necessario isolarla e perseguitarla: la strega è ciò che minaccia l’ordine imposto dal capitalismo.
La caccia alle donne, vittime di accuse infondate, non è altro che un riflesso del tentativo ben riuscito di creare un ordine sociale che sia adatto al nuovo sistema creato dall’uomo bianco. Non manca però la rivendicazione dell’essere streghe da parte delle donne, come ad esempio le pratiche neo-sciamaniche – progetto fotografico presente in mostra – che permettono alle stesse di riscoprire collettivamente il proprio sé e il proprio ruolo nella società.
Ulteriore esempio è uno degli slogan femministi più famosi degli anni Settanta “Tremate, tremate, le streghe son tornate”, tale per cui l’appropriazione spontanea, non indebita e dipendente da altri, permette alle femministe di rivendicare anche il loro ruolo di strega, qualsiasi cosa questo voglia dire.
La caccia alle streghe rimane senz’altro uno dei fenomeni più oscuri della storia occidentale, alimentato da motivi sociali, politici, religiosi, economici, sessuali, su cui le storiche femministe vogliono fare chiarezza.
Stregherie. Iconografia, fatti e scandali sulle sovversive della storia si propone come tentativo di rilettura di questo pezzo fondamentale di storia e crea lo spazio fisico, la giusta inquadratura sociale, per porre al centro chi, per troppo tempo, è stato emarginato.