“Food Obsession”: a Cagliari una mostra della AI Artist Nikzone

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Viviamo in un epoca in cui la forte innovazione tecnologica è una culla che produce costantemente nuovi medium artistici, dagli NFT, agli algoritmi, fino all’arte generativa e AI Art. Urge, per questo motivo, rallentare, fermarsi per studiare e definire queste nuove pratiche, dando loro anche una valenza storica.

La nascita di un medium espressivo infatti, avviene quasi sempre in altri campi e discipline, per subire poi un processo sociale di “artificazione” con cui viene accettato globalmente, appunto come pratica artistica, non senza vari problemi che vengono risolti durante il percorso. E’ questo il caso del cinema, della musica, della performance, e sopratutto del readymade, che “artifica” direttamente gli oggetti di uso quotidiano, grazie all’aura dell’artista che li seleziona e li definisce come “arte”.

Oggi, se gli NFT sono più un modo di fruizione, diffusione e validazione di opere “già” create digitalmente, strumenti come l’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning invece sono dei medium che “producono” l’opera d’arte in base a determinati input. Il processo dunque di artificazione dell’AI è alquanto spinoso: basta inserire un testo su Midjourney per creare l’opera? La risposta è semplice: basta firmare un orinatoio per diventare Duchamp? Evidentemente no. Nelle moderne tecnologie “l’aura” dell’artista è diventata un expertise fatta di studio e formazione unita ad una grande sensibilità e conoscenza artistica: un merge di competenze trasversali che rendono l’output dell’AI (l’opera d’arte), difficilmente replicabile.

E’ questo il caso dell’artista transmediale Nicoletta Zonchelo, alias Nikzone, oggi in mostra al T-Hotel di Cagliari con “Food Obsession”, curata da Caterina Ghisu in collaborazione con Galleria Aperta. Abbiamo parlato di expertise e formazione: Nikzone ha due lauree con lode, una in Lettere e l’altra in Scienze della Produzione Multimediale; ha lavorato per oltre 20 anni al centro di ricerca CRS4 e fino al 2021 ha progettato e co-diretto la scuola scientifica EIA, Exploring Artificial Intelligence in Art.

“Food Obsession” è una mostra inaspettata, sapientemente curata da Caterina Ghisu, un lato di una hall di un hotel in cui ci si aspetta di trovare, forse, dei prodotti decorativi: le opere di Nikzone sono tutt’altro che semplici decorazioni, bensì delle opere di un pop spinto all’irrealtà, con colori forti e ritratti di personaggi inesistenti (perché creati con l’AI) le cui features come capelli, orecchie, talvolta l’intero viso, vengono sostituiti dal cibo reale, che sì diventa, in questo caso, ornamento. Inaspettata è anche la parete-quadreria, con una serie di foto classiche vintage dove persone (ancora una volta create con l’AI), diventano immediatamente contemporanee grazie proprio alla loro ossessione per il cibo.

Per comprendere ancora meglio questo processo e capire la sua ricerca artistica, abbiamo avuto il piacere di fare alcune domande a Nicoletta:

Raccontaci della tua formazione. Come sei arrivata a usare una tecnologia come l’AI?

Ho una formazione umanistica e ho lavorato per vent’anni nel campo della comunicazione in un centro di ricerca che ha avuto un ruolo molto importante nello sviluppo nazionale di Internet, dotato di un centro di calcolo tra i più potenti d’Italia. La frequentazione con le macchine è stata quindi una costante e pur non occupandomi di programmazione, ho dovuto acquisire familiarità con concetti al mondo della ricerca scientifica.

Quando l’Intelligenza Artificiale è diventata un argomento importante anche per il mio centro di ricerca, ho iniziato a parlarne con i colleghi ricercatori, anche perché da subito mi ha affascinato il discorso legato alla “creatività computazionale”. C’è stato un momento preciso, che coincide con l’asta tenutasi nell’ottobre del 2018 che ha fatto tremare i polsi al sistema dell’arte contemporanea e mi ha entusiasmato: la famosa asta di Christie’s, che ha battuto “Il ritratto di Edmond de Belamy” un’opera generata da IA, per 432.500 dollari. Ebbene, in quel momento ho capito che stava succedendo qualcosa di importante, un momento in cui si è rafforzato il dibattito tra filosofi, critici d’arte e computer scientist su temi complessi come il concetto di autorialità, l’identità dell’artista, il concetto stesso di creatività e così via.

Ho capito che era necessario approfondire, portare alla ribalta questi temi anche all’interno del mio centro di ricerca e così ho progettato insieme ai colleghi ricercatori due scuole scientifiche (che si sono tenute nel 2019 e 2021) pensate per fare in modo che studiosi e professionisti interessati all’uso delle tecnologie, creativi, professionisti dei beni culturali, ma anche filosofi e antropologi si incontrassero con i ricercatori in ambito IA, in un reciproco scambio di visioni e competenze. All’inizio, quindi, la mia è stata una ricerca teorica, un avvicinamento rispettoso e silente. Poi sono arrivate in maniera dirompente le IA per generare immagini: tra i colleghi più interessati ci siamo subito passati le informazioni e ho iniziato a sperimentare. Da quel momento ho trovato nell’IA uno strumento che dà forma e risponde alla mia creatività. Stiamo vivendo un momento di grande innovazione, ne sono cosciente ed entusiasta. Posso dire di aver trovato il mio strumento espressivo.  

Preferisci definirti una “Prompt Artist” o una “Digital Artist” in maniera generica?

Preferisco definirmi Prompt artist, in effetti è più preciso. Il mondo artistico digitale è molto ampio, si va dalla Virtual Art, alla Software art, alla Net art ecc. gli artisti digitali vanno sotto il termine ombrello di New Media Artist, ma è un mondo molto variegato.  

Che strumenti utilizzi per creare le tue opere? 

Utilizzo diverse app, sperimento molto. Per me la regina delle AI text to image è Midjourney, anche se qualche volta mi delude perché tende a  “migliorare” troppo il risultato, a discapito dell’esito artistico che è fatto anche di errori e imprecisioni. Allora ricorro ad IA più semplici e imprecise che però riescono a sorprendermi. Spesso le metto in dialogo per ottenere ciò che voglio, è un costante affinamento. Io imparo da loro, loro imparano da me: è la vera co-creazione uomo-macchina. 

Attualmente, presso il T-Hotel di Cagliari, è allestita una bella mostra curata da Caterina Ghisu, dal titolo “Food Obsession”. La tua sembra però un’esagerazione parossistica del cibo che diventa parte integrante dei volti ritratti. Qual è il messaggio?

La mia è un’indagine ironica sull’ossessione globale per il cibo, sugli stereotipi basati sui canoni (odierni) di bellezza, sull’ossessione del cibo salutare e su quella del cibo spazzatura. Ogni immagine porta un messaggio legato a un pensiero che avevo urgenza di esprimere e il cibo è stato un mezzo potente per farlo. Attraverso il cibo ho parlato di violenza sulle donne, di libertà personale, di differenze e similitudini culturali, l’ho fatto eleggendo il food a potente medium, il risultato sono androidi che parlano del nostro tempo e di epoche antiche senza apparente soluzione di continuità.  

Nelle tue opere ti confronti spesso con i grandi maestri dell’arte, rivisitati quasi in chiave fashion con l’AI. Questa è una riscrittura del passato molto originale, ce ne vuoi parlare?

Ormai credo sia evidente che l’AI sia uno strumento tecnologico attraverso il quale gli artisti possono esprimersi, esattamente come una macchina fotografica o da presa.  Così come gli artisti del passato venivano influenzati da opere artistiche coeve o da tecniche e immagini di artisti vissuti in altre epoche, io uso l’AI per esprimere me stessa e il bagaglio visuale che ho incamerato guardando, studiando e amando i grandi artisti del passato. Trovo normale subirne l’influenza  e (se posso permettermi) anche giocarci un pochino. 

Che ruolo ha l’ironia nella tua ricerca?

E’ fondamentale, attraverso l’ironia si possono comunicare temi importanti senza prendersi troppo sul serio. 

Ci puoi consigliare altri AI Artist da approfondire?

Questa è una domanda difficile, non ho AI Artist di riferimento. Sui social se ne trovano  diversi, in generale preferisco quelli con uno stile proprio, poco omologati, c’è di tutto on line, ma ancora nessuno che mi ispiri veramente. 

Progetti futuri?

Ho un progetto interessante al quale sto lavorando che gioca con l’iconografia pubblicitaria del passato. In generale voglio continuare a sperimentare, mantenendo entusiasmo e curiosità con la forte consapevolezza che dietro all’Intelligenza Artificiale (anche in campo visuale) c’è sempre l’Uomo, con le sue estetiche e le sue istanze.

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