I Pokèmon al Van Gogh Museum e le carte vendute su Ebay

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Era il 12 settembre, e un video pubblicato sui social di The Pokémon Company e del Van Gogh Museum diventa virale: l’iconico Pikachu corre gioioso mentre l’ambiente si trasforma in un quadro del pittore olandese.

Con questa breve clip veniva annunciata una collaborazione destinata, quantomeno, a far discutere, nel bene e nel male. Come entreranno i piccoli e teneri mostriciattoli nella strategia di fruizione e comunicazione di uno dei musei più importanti d’Europa, se non del mondo, specialmente per il suo cinquantesimo anniversario? Il rischio è sempre quello, anch’esso annunciato, da parte del museo di sfruttare un marchio dalla risonanza globale senza però effettivamente sviluppare un legame concettuale adeguato. E così è stato.

Nel comunicato infatti si legge che anche Van Gogh avrebbe amato i Pokèmon, data la sua passione per le stampe giapponesi, ovvero un fil rouge che traballa di perplessità alla sola lettura.

Lo scopo dell’iniziativa sarebbe di per sé anche lodevole, avvicinare un pubblico di giovanissimi all’opera di Van Gogh, attraverso tutta una serie di gadget e iniziative. Una sala del museo è stata infatti dedicata alla mostra “Pokèmon at the Van Gogh Museum”, ovvero dei ritratti dei Pokèmon in stile Van Gogh, tutti creati dall’artista Naoyo Kimura, e i visitatori possono partecipare ad una “caccia al Pokémon” e ad un workshop per disegnare Pikachu.

Poi, il 28 settembre, giorno dell’inaugurazione della mostra è successo il patatrac. I biglietti infatti potevano essere acquistati esclusivamente online, e i visitatori avrebbero ricevuto dei gadget particolari all’ingresso, tra cui delle carte collezionabili specificatamente in “Edizione Limitata”. Il risultato? I biglietti sono andati preda dei bot (quindi sold out) e a prendere possesso delle carte sono stati i loro corrispondenti fisici:i bagarini ovvero gli scalper. La mostra, di conseguenza, ha visto ben pochi giovani visitatori cimentarsi nelle varie attività, ma al contrario c’è stato un caos all’entrata (sì, solo all’entrata), da far impallidire il black friday.

Oggi basta farsi un giro su Ebay per vedere come queste stesse carte vengano vendute addirittura a 1.700 € al pezzo. The Pokèmon company si è subito scusata per l’accaduto, affermando che avrebbe subito rimesso in produzione i gadget, ma l’errore strategico è stato da penna rossa, uno di quelli che potrebbe prevenire ogni eventuale futura collaborazione tra l’azienda e un qualsiasi altro museo.

Le malelingue diranno che era voluto, e, sinceramente, dopo la campagna la nostra Venere del Botticelli Influencer, c’è il rischio che l’obiettivo strategico sia il “purché se ne parli”, il fine (alquanto discutibile) che giustifica i mezzi (ancora più discutibili, se è possibile).

Speriamo comunque in un nuovo corso dell’iniziativa, dove veramente sarà possibile vedere i più piccoli giocare ed imparare con Van Gogh e i Pokémon.

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