È impossibile non rimanere a bocca aperta di fronte alle opere di Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni.
Iperrealismo è la parola chiave per descrive le loro ceramiche, che sono riuscite a riscattarsi dal ruolo secondario in cui l’arte contemporanea aveva relegato questa pratica artistica.
Se pensiamo alla ceramica ci vengono subito in mente i più che comuni vasi in terracotta o piccole statuine decorative, in Bertozzi e Casoni invece le opere assumono un ruolo decisamente più scultoreo.
Sono una quarantina le ceramiche presenti al Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci, di cui alcune realizzate ex novo per l’esposizione, in occasione della mostra BERTOZZI & CASONI. Non è quel che sembra, aperta al pubblico il 14 settembre 2024 e visitabile fino al 7 gennaio 2025. Curata dalla società degli stessi artisti e dalla Fondazione Franco Maria Ricci, la mostra inaugura la riapertura della stagione espositiva del Labirinto, dopo la pausa estiva.
Entrambi emiliano-romagnoli, i due artisti si sono formati nell’ambito della ceramica faentina ed hanno adottato questo medium fin dai primi lavori, nonostante Bertozzi avesse intrapreso studi pittorici alla scuola d’arte di Faenza. La scelta è ricaduta proprio sulla ceramica perchè, rispetto ad altri materiali come il bronzo o il marmo, si presta molto bene ad accogliere il colore, permettendo di realizzare senza troppa difficoltà sculture di ceramica dipinta. Proprio per questo le loro opere sono ua sorta di ibrido tra più discipline, in cui la componente pittorica è molto forte.
Una sperimentazione incessante, sia tecnica che formale, è sempre stata alla base della loro pratica artistica, addirittura specializzandosi dagli anni 2000 nell’uso di materiali e tecnologie di derivazione industriale. L’utilizzo di queste nuove tecniche ha permesso ai due artisti di rendere i loro lavori ancora più realistici nell’esecuzione. La resa materica delle singole parti di una composizione è impressionante tanto da non sembrare neanche ceramica.
Nel 1980 fondano la società Bertozzi & Casoni, anche se la loro collaborazione ha inizio molto prima tra i banchi di scuola. Nel 2023, dopo la scomparsa di Casoni, è il solo Bertozzi a portare avanti il nome del marchio, insieme alla moglie di Stefano ed alcuni collaboratori.
Il percorso al Labirinto si apre con cinque sculture che compongono la serie delle stagioni. Le prime quattro sono naturalmente Primavera, Estate, Autunno e Inverno, ispirate alle opere di Arcinboldo, dove i fiori, i frutti e le foglie che compongono i volti delle personificazioni delle stagioni, sono così dettagliati e realistici da sembrare veri, se non fosse per la lucentezza che caratterizza la ceramica.
La Quinta stagione è invece la rappresentazione della società contemporanea. Qui un volto umano dalle sembianze quasi robotiche è composto da una serie di rifiuti di diverso tipo, tra cui plastica, cavi, lattine e altri scarti. La figura trasmette sicuramente inquietudine e dovrebbe problematizzare la questione ambientale. La Quinta stagione, realizzata nel 2020, è l’immaginario del nostro tempo, in cui i rifiuti sono una componente preponderante e di conseguenza impossibili da non considerare nel ritratto della società attuale. In moltissimi altri lavori di Bertozzi & Casoni, il rifiuto è tema o soggetto centrale dell’opera. Bertozzi spiega che li inserisce all’interno delle sue ceramiche semplicemente perchè sono ovunque nel mondo che lo circonda e volendo rappresentare la realtà, non si può fare a meno di parlarne.
Una delle opere più suggestive e più note del duo artistico è senza dubbio Resistenza 2, realizzata nel 2017 e composta da una grande tavola imbandita come alla fine di un solenne banchetto e colma di avanzi e stoviglie usate e accatastate. Al centro della tavola emerge imponente un elemento che stona con l’immagine di un pasto concluso: si tratta di una testa di scimmia mozzata, posta sopra un tegame color terracotta.
Di stampo surrealista, questa scelta riflette appieno la componente spettacolare e ironica ma allo stesso tempo malinconica, dei due artisti. È sempre presente nei loro lavori un elemento che lascia spiazzato il pubblico, ed è proprio quello che oltre ad incuriosire lo spettatore, dovrebbe essere motore di un ragionamento più profondo. Le opere di Bertozzi & Casoni hanno più piani di lettura e non ci si dovrebbe fermare all’eccezionalità e allo splendore dei pezzi. Bertozzi stesso ha affermato “Se l’arte non dà un po’ fastidio, che arte è?” sottolineando come dal suo punto di vista, non debba essere troppo accomodante. Le loro opere stupiscono e arrivano ad una profondità a cui non si arriverebbe con un linguaggio più didascalico. È proprio la meraviglia che fa spalancare gli occhi.
Interessante è il percorso della mostra, pensato come l’evoluzione di un messaggio di speranza. Nelle prime sale troviamo infatti le opere più critiche nei confronti dell’attuale disfacimento ambientale. Pezzi come Caretta caretta, una tartaruga marina che giace su un tavolo veterinario, impigliata nelle reti da pesca gettate dall’uomo, prendono il possesso dello spazio.
Anche la seconda sala offre una visione disincantata della vita umana, dove viene problematizzata la società attuale volta allo sfrenato consumismo, attraverso opere come Vassoio Ma, del 2019, in cui dei granchi devono convivere su un vassoio insieme a dei resti lasciati dall’uomo, nello specifico tazzine da caffè.
Nell’ultima sala invece, è come se venisse accantonata le visione negativa della realtà. Qui sono esposte opere in cui nuove forme di vita emergono dalle macerie della distruzione umana. Vediamo farfalle che sbucano da borsette colme di cosmetici e fiori che nascono da zolle ricoperte da sigarette e cartacce.
Quest’ultima sala celebra la capacità della natura di rigenerarsi dopo gli interventi distruttivi dell’uomo e lancia un messaggio positivo: non è tutto perduto. Da sottolineare è anche una scelta della curatela molto particolare. La mostra ha uno sviluppo letterario: è stato infatti coinvolto lo scrittore Tiziano Scarpa, il quale ha associato ad alcune opere degli artisti un racconto.
Ogni storia nasce dalle sculture e dimostra come l’arte non sia un mondo a sé, ma anzi si possa legare perfettamente ad altre forme di espressione, come in questo caso la letteratura. Scarpa ha realizzato sette racconti, tutti riportati nel catalogo della mostra in alternativa ai testi critici. Si tratta di una scelta sicuramente lontana dalla consuetudine ma anche più accessibile rispetto ai complessi testi di critica. Inoltre, le storie di fantasia di Scarpa, si sposano perfettamente con “le ceramiche dell’assurdo” di Bertozzi & Casoni, in cui lo stravagante è protagonista.