La provocazione di Paul Cocksedge: quando il carbone diventa luce

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L’installazione Coalescence, indagando il rapporto dell’uomo con i combustibili, affronta la crisi da un nuovo punto di vista.

Osserviamo una lampadina. Sì, una di quelle che abbiamo in casa, molte volte lasciata accesa più del dovuto finché qualcuno non ci ricorda di spegnerla, memore di una bolletta stratosferica. Ebbene, nessuno si immaginerebbe la quantità di carbone necessaria ad alimentare quell’energia per un anno. Paul Cocksedge ha trovato il modo di rendere visuale questo consumo, non soltanto con i numeri, che non ci toccano nemmeno più, abituati come siamo a sentirne ogni giorno, ma con la materia, la pura e semplice materia.

Paul Cocksedge, dettaglio di Coalescence, Cattedrale di Liverpool, 2023, ©MarkCocksedge

Un’installazione che a primo impatto potrebbe non colpire per la sua densità, alla fine lo fa con un dettaglio unico nella sua semplicità: la luce. Non si tratta di una luce artificiale che, sebbene ben calcolata possa creare meravigliosi effetti, richiede un intervento tecnico esterno all’opera stessa, ma bensì di una luce intrinseca alla materia utilizzata, intensa e imperfetta come tutto ciò che deriva direttamente dalla natura.

Coalescence è il titolo della scultura, creata con il supporto della Carpenters Workshop Gallery, ospitata dalla Cattedrale di Liverpool e da poco trasferita al Sainsbury Centre di Norfolk dove resterà fino al 30 marzo 2024, per poi approdare a dicembre alla Painted Hall dell’Old Royal Naval College di Greenwich. Planet for our Future: How we do adapt to a transforming world? è il titolo scelto dal Sainsbury Centre per inaugurare un ciclo di mostre tematiche, workshop e progetti, dedicato alle principali emergenze globali. Lo scopo è proporre un’arte in grado di stimolare domande e risposte nel pubblico, dimostrandosi uno strumento valido ad affrontare il cambiamento.

Paul Cocksedge, Coalescence, Cattedrale di Liverpool, 2023,©MarkCocksedge

In questo caso, uno spazio d’arte decide di assumersi la responsabilità di essere anche uno spazio di ricerca, sperimentazione e dialogo, «uno spazio di speranza attraverso il potere trasformativo dell’arte»: un modello potenzialmente replicabile che ha il coraggio di essere protagonista attivo dell’epoca contemporanea.

Coalescence parte dalla chimica per parlare di attualità: il termine coalescenza sta ad indicare il fenomeno per cui piccole gocce di un liquido disperse in un altro liquido non miscibile tendono a unirsi alle gocce più grandi. Nell’opera in questione 200 frammenti di antracite, ossia carbone puro al 95%, rivendicano la propria autonomia distaccandosi dal formato aggregato che li caratterizza, scegliendo di mantenere la propria complessità e brillantezza seppur in minime dimensioni.

Si genera un’esplosione di 6 metri di diametro che si espande oltre il proprio volume fisico attraverso l’estensione della luce riflessa e delle ombre che si proiettano sulle pareti della cattedrale gotica: un’opera che abbandona dunque le sembianze convenzionali del carbone e che considera tutte le sue possibili sfaccettature, proprio come chi la osserva dovrebbe fare, pensando all’affrettata stigmatizzazione di certe fonti energetiche a favore di un utilizzo differente e innovativo.

La tentazione della nostra mente di immaginare quanta antracite ci vorrebbe per illuminare anche solo casa nostra è forte, e questo è esattamente il fine dell’artista che sceglie la via estetica come mezzo per veicolare una problematica con cui dovremmo cominciare a confrontarci quotidianamente. Sì, perché la relazione tra le risorse fossili e il preoccupante cambiamento climatico ci è così chiaro che talvolta tendiamo a sottovalutarne le conseguenze; che sia per il curioso effetto riflettente della materia o per l’implicita segnalazione del pericoloso impatto delle miniere di carbone sulla Terra, quest’opera è una denuncia che ci riguarda in prima persona, dalla lampadina sul comodino agli impianti di grandi dimensioni.

Paul Cocksedge, Coalescence, Sainsbury Centre, Norfolk, 2023,©MarkCocksedge

«Abbiamo questa costante necessità di consumare e creare», queste le parole di Paul Cocksedge, che individua il vero cuore della questione: un bisogno irrazionale di estrarre materia per alimentare un ciclo di consumo e creazione, come se potessimo permetterci di assumere questo comportamento all’infinito.

Coalescence ci dice che il carbone non ha necessariamente connotazioni negative, che non per forza deve essere bruciato per essere sfruttato e che, in qualche modo, possiamo ancora trovare un’armonia con la natura che ci circonda. Il punto sta nel trovare un canale che riesca ad attrarre l’attenzione del pubblico per riflettere e agire, valutando ottiche differenti e adottando tecniche alternative per valorizzare la materia e le sue proprietà.

A volte serve solo fermarsi, proprio come quei 200 frammenti di antracite, parti di un tutto, fermo immagine di una disgregazione in corso, per recepire le informazioni, elaborarle e reagire. L’artista ci invita a rallentare davanti allo sconcertante accelerare delle urgenze, a guardare con una lente di ingrandimento ciò che critichiamo a priori e a meravigliarci ancora davanti alla bellezza che non sempre si presenta sotto le forme che immaginiamo.

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