Roberto Barni: L’invenzione di una nuova forma di figurazione

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Cambiare sempre è fondamentale. Roberto Barni (1939) ha costruito la sua carriera artistica sulla poliedricità e il flusso di cambiamenti delle sue tele e delle sue sculture. La galleria Open Art di Prato gli dedica una mostra fino all’11 febbraio: Roberto Barni. Opere 1978-1990, esponendo alcuni dei lavori più significativi.

Roberto Barni, Cariatide, 1986, acciaio su tela, 127 x 91 cm. Courtesy Galleria Open Art, Prato

Tra questi, Cariatide (1982), una scultura dal sapore futurista in cui un uomo sorregge una città scarlatta. Tuttavia, la città futurista “sale” grazie al lavoro. Nelle opere di Barni la città discende negli abissi infernali, rossa perché davanti a una voragine che ha squarciato il terreno, non è il simbolo della dinamicità del moderno e dell’urbanizzazione come antidoto al disordine della natura. In molte opere esposte, come Sisifo (1980), ciò è estremamente evidente: una figura in primo piano si sta alzando (o si sta abbassando alla ricerca di salvezza?); accanto, due colombi: la pelle cianotica di Sisifo contrasta con il rosso scarlatto degli edifici in secondo piano, che avanzano contro la figura umana. Sisifo è colui che è stato condannato a trasportare un masso fino alla vetta di un monte per poi rotolare di nuovo a valle e ricominciare tutto da capo, colui che nella consapevolezza che la vita è assurda, per Camus, decide di continuare a vivere, pur sapendo di essere condannato. Gli uomini senza identità di Barni sono tutti, che il titolo lo esplichi o meno, dei moderni Sisifo. 

Veduta della mostra, Roberto Barni. Opere 1978-1990, Galleria Open Art, Prato, 2023. Ph. Michele Bensi

“All’uomo quotidiano non piace indugiare; al contrario, tutto lo incalza. Ma a un tempo, nulla lo interessa più di se stesso, soprattutto riguardo a ciò che potrebbe essere”. Queste le parole con cui Camus introduce il suo capitolo sulla Commedia nel Mito di Sisifo: l’uomo ricerca il teatro per creare le condizioni adatte a mettere in mostra se stesso nel palcoscenico della vita. Quanto mostrato dalla poetica di Roberto Barni è l’esatto opposto: la commedia si sta perpetuando, ma la coscienza che tutto è allo sfacelo non ci abbandona, non è un elemento che Barni decide di oscurare, né di criticare, semplicemente lo rende noto, ne prende atto. I suoi dipinti, dice Gerard-Georges Lemaire nel testo critico del catalogo, sono senza soggetto: questo è indicativo di quanto l’individualità nelle sue opere sia lasciata indietro per fare spazio alla narrazione, alla pittura protagonista e mezzo di espressione.

Veduta della mostra, Roberto Barni. Opere 1978-1990, Galleria Open Art, Prato, 2023. Ph. Michele Bensi. In primo piano l’opera Condottiero, 1983, tecnica mista su carta intelata, 200 x 159 cm

La modernità ha portato a un ridimensionamento del carattere epico dell’uomo che, nel presente, scherza Barni, è coerente con se stesso quando è un moderno Don Chisciotte: un eroe domestico armato di imbuto e ombrelli, come nell’autoscatto Condottiero del quotidiano (1960); oppure, come in Condottiero (1983), è un soldato che dà da mangiare ai piccioni, dando le spalle alla città infernale, esplosiva, i cui mattoni roteano nell’aria come lapilli di un vulcano in eruzione. L’armatura è completamente inutile nel qui e ora, simbolica di un passato che può ancora esistere nel presente, a patto che il cavaliere dedichi la sua missione ad altri tipi di avventure: la città non può essere salvata. 

Antico e moderno si fondono, si incontrano, dopo aver sancito, già dagli anni 70, la morte del tempo; Roberto Barni può così scoprire tempi e spazi nuovi, che derivano dal mondo del sogno e dell’immaginazione: una varietà di stili pittorici che richiamano il realismo, la metafisica, la danza onirica di Chagall e le solide figure del Rinascimento sono gli elementi con cui ricostruire la commedia, otre la città in rovina, oltre la disillusione dovuta a una comunità moderna in cui tutto è doppio di ciò che si incontra. Il teatro esiste nella vita, è parte integrante della nostra esistenza, ma adesso svela i suoi retroscena, mostra cosa accade quando siamo alle strette, braccati da cani inferociti, come in Meriggio (1985).

Solo le creature del fantastico possono agire in questo mondo urbano prossimo alla sua distruzione: i centauri, i grifoni e le fenici contro cui gli uomini combattono inutilmente. Fonte (19) e Centauri temerari (1984) mostrano questa lotta tra l’umano e l’inumano, tra ragione, ferina irrazionalità e mitologia: da una parte un Ercole dal cromatismo di bronzo ossidato combatte contro un grifone rosso, dall’altra è come se assistessimo alla lotta tra il Centauro Chirone e Prometeo che combattono a colpi di fiamme e fuoco. Lo sfondo rimane sempre lo stesso: la città allo sfacelo è dinamicamente parte della lotta. 

Veduta della mostra, Roberto Barni. Opere 1978-1990, Galleria Open Art, Prato, 2023. Ph. Michele Bensi. In primo piano l’opera Cornucopia, 1986, olio su tela, Ø 107 cm. Courtesy Galleria Open Art, Prato

Eppure, continua Lemaire, Roberto Barni non intende la pittura come un mezzo di espressione della tristezza, anzi: dipingere porta alla felicità, e forse proprio per questo la galleria ha deciso di esporre come opera che accoglie il visitatore, nella sua vetrina, Cornucopia (1986): una visione dantesca, che di nuovo riporta alla mente ispirazioni passate come le illustrazioni di William Blake per la Commedia, quella stessa commedia che Barni narra in molte delle sue opere. La città, contenuta nel simbolo dell’abbondanza, non è più caotica e rubiconda, ma è un unico solido azzurro, circondata da un coro di personaggi senza volto né forma definibili che entrano ed escono, come noi, dal vaso del bene senza fine. 

Roberto Barni. Opere 1978-1990
2 dicembre 2023 – 11 febbraio.2024Galleria Open Art
Viale della Repubblica, 24
59100 Prato, Italy

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