“Una boccata d’Arte”, quali sono i borghi da visitare al Sud Italia

Una boccata d’arte ogni anno coinvolge 20 artiste e artisti, italiani e internazionali, a trascorrere un periodo di residenza in 20 località scelte in ogni regione d’Italia, per sviluppare un progetto site specific. Per la quinta edizione della rassegna, dopo aver presentato i borghi delle regioni centro-settentrionali, lo sguardo si rivolge al Meridione e alle isole.

Sasso di Castalda, Basilicata

“Alcune voci di paese raccontano che Sasso di Castalda fu costruito da donne, uomini e bambini trasportando sulle teste le pietre recuperate in valle, come testimoniano le murature delle abitazioni della parte più antica del borgo intorno a via della Manca, a volte ricavate nella roccia viva, a volte costruite a secco con i sassi”. Con una storia antichissima, oggi il paese di Sasso di Castalda è considerato una attraente meta di turismo per chi ama immergersi nel paesaggio, con cammini e ponti tibetani, in una forma di pellegrinaggio che, dalla terra, continua quasi in volo tra le montagne, fino a destinazione.

“Qual è la dimensione quotidiana degli abitanti? Quali sono i desideri delle diverse generazioni che lo abitano oggi? Qual è la percezione del borgo per una comunità di sognatori? Come il paese stesso vuole raccontarsi e accogliere lo sguardo altrui?” sono alcune delle domande che Giulio Locatelli si è posto nella realizzazione di Circo tessile, un laboratorio di tessitura per la comunità.

Nel progetto dell’artista, “la tessitura diventa l’esperienza condivisa dei desideri, delle immagini, dei luoghi comuni, delle vecchie storie degli abitanti, ma anche dei viandanti che vogliono prender parte ai laboratori, poiché ‘non si ama niente senza immaginare’, senza trovare nuovi modi di fare comunità”. Forse era proprio questa la risposta che Locatelli stava cercando. L’ha trovata a Sasso di Castalda, un comune di 745 abitanti, a 949 metri sul livello del mare.

Motta Filocastro, Calabria

“C’è un punto preciso in cui, avvicinandosi a Motta Filocastro, l’asfalto si tramuta in pietra. È la soglia attraverso la quale lo straniero diventa ospite”. Lulù Nuti ha lavorato su questa soglia, istallandovi una serie di opere in bronzo, provenienti dai calchi di alcuni zerbini che gli abitanti del borgo hanno donato all’artista.

Le opere, poste in ingresso e in uscita di vicoli che terminano nel mare, vogliono proporre due esperienze differenti. Entrando nel vicolo, la percezione è quella di avvicinarsi alla realtà del paese e di essere accolti dalle sue tradizioni e dai suoi abitanti. Concluso il vicolo, invece, la sensazione è quella di essere lanciati oltre i limiti fisici di Motta Filocastro, proiettandosi verso altro, ciò che è sconosciuto, che attira e spaventa.

Come nell’installazione dell’artista Villiam Miklos Andersen, a Serre di Rapolano, in Toscana, anche in questo caso, l’invito è a riflettere sul delicato rapporto tra spazio pubblico e privato, apertura e intimità, ciò che è giusto condividere e dettagli da custodire.

Letino, Campania

Il tempo, come frusta, intende sollevare un interrogativo: chi ha il controllo e la capacità di dare voce alle cose? Un ente superiore, una macchina da intrattenimento, o il semplice scorrere del tempo? O, forse, nessuna di queste ipotesi?”

Il tempo, come frusta è un’installazione video ambientale site specific pensata per il bar di Letino conosciuto come “Che Guevara”. L’installazione è opera di Andrea Martinucci e del suo lavoro di ricerca sulla storia del paese, di cui l’artista riprende alcuni episodi, come l’insurrezione di un piccolo gruppo di anarchici alla fine dell’Ottocento. È questo l’espediente che utilizza Martinucci per interrogare i letinesi sulla propria storia e su quella del luogo che li ospita, che gli abitanti raccontano attraverso un oggetto. Tutti gli oggetti donati diventano protagonisti del video realizzato dall’artista, con l’accompagnamento musicale di MaiMaiMai che reinterpreta in chiave elettronica canzoni tradizionali campane.

Poggiorsini, Puglia

“Un solido alieno precipita su Poggiorsini: è una cometa, o un suo frammento”. Lo sguardo è rivolto a terra, ma il pensiero raggiunge il cielo, nel progetto di Emanuele Marullo che, in Puglia, ha scelto di concentrarsi sul mondo celeste. Partendo da Lorica, “un astro in maglia di rame che, deviando dal suo orbitare spaziale, si è incastrato sulla torretta dell’acquedotto del paese”, l’artista ha deciso di mettere in scena l’incontro dell’uomo con lo spazio.

È l’acqua, infatti, l’elemento di congiunzione tra la terra e il cielo, attraverso le comete: elementi la cui storia è ricca di mistero e dubbio, e a cui è fatta probabilmente risalire l’origine dell’acqua sul nostro pianeta. La stessa acqua che sarebbe giunta a noi in forma ghiacciata, diviene negli anni simbolo di Poggiorsini, borgo “costellato” dalla presenza di fonti e fontane.

L’opera I figli di Afelio deve il nome ad Afelio, “punto di massima distanza dal Sole che un corpo raggiunge orbitandovi attorno”. Il progetto riflette sul rapporto tra centralità e marginalità. Non esiste solo la Terra con i suoi abitanti, ma c’è l’intero spazio da considerare, i suoi pianeti, le loro orbite e la comparsa di un corpo alieno che mette in discussione equilibri e relazioni di potere, invitando a quella che per l’artista è l’unica reazione possibile: l’accoglienza.

Sedilo, Sardegna

Il progetto realizzato da Virginia Russolo trae ispirazione dalla corsa dei galli (“Sa cursa de su puddu”), una tradizione carnevalesca di Sedilo, sopravvissuta fino a oggi. Si trattava di una ricorrenza annuale, nata come rito apotropaico, in cui gli abitanti si esibivano nell’afferrare e decapitare polli vivi, appesi a testa in giù su una corda tesa tra due case, durante una corsa al galoppo. Il rito oggi non propone più animali vivi, ma ha mantenuto la valenza simbolica del sacrificio. Elemento di accompagnamento del rituale era il suono dei campanacci, considerati segno di protezione. L’artista riprende quest’antica tradizione.

Nel progetto dal titolo Campanacci del solstizio (“Sos sonazos de primu istíu”) l’artista si rivolge direttamente agli abitanti di Sedilo, attraverso la realizzazione di sculture metalliche campaniformi, con batacchi in osso, sospese lungo un cavo su una delle vie del paese, con l’integrazione di materiali organici come cera d’api, grassi animali, fiori, ossa e pelle. L’installazione propone il problema del rapporto tra vita e morte, spingendo a interrogarsi sulla dipendenza reciproca di questi due elementi e sulla precarietà dell’esistenza.

Sant’Angelo Muxaro, Sicilia

Baratto & Mouravas hanno trovato in Sant’Angelo Muxaro un luogo fertile per sperimentare. Partendo dal passato del borgo e dai suoi reperti archeologici, che attestano insediamenti umani di vari periodi (preistorico, ellenico e arabo), gli artisti hanno deciso di concentrarsi sul legame tra passato e presente, utilizzando una pratica che “esplora relazioni tra archeologia, sogno e mitologia”, denominata Archaeodreaming.

Nell’installazione, la fusione di materiali differenti e la compresenza di testimonianze moderne (la spirale) e passate (la libera interpretazione di un’anfora ad anse cuspidate del XI secolo a.C.) è pensata per generare dubbio e turbamento, agitare i pensieri di chi guarda e invitare a soffermarsi sulla ciclicità del tempo e sulla ripetitività inevitabile della vita umana.

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