I collezionisti come decidono cosa comprare e in che modo gestiscono le loro collezioni?
Un report, frutto di una interessante, quanto articolata, indagine condotta su un ampio numero di investitori, ha cercato di trovare risposte a questi e numerosi altri quesiti.
L’aria di festa che riempie ormai a pieno le nostre giornate ci traghetta con spensieratezza verso l’epilogo di questo anno.
Come in tutti i settori, anche per il mondo dell’arte è tempo di bilanci: momento di consapevolezza su quanto accaduto, ma anche di stime sugli scenari venturi.
Pochi giorni sono passati dalla conclusione di Art Basel Miami Beach, uno degli appuntamenti di maggior spicco nel panorama artistico internazionale. L’evento, che ha calato il sipario sulla stagione delle fiere d’arte del 2017, è stato anche l’occasione per la presentazione di un interessante report: l’”UBS Investor Watch Pulse“, edito dalla banca svizzera UBS, Global lead partner della società delle fiere d’arte.
Un lavoro di ampio respiro, che ben si inserisce nelle valutazioni e statistiche consuntive a cui accennavamo in apertura.
Non sarà nostra intenzione calarci in una disamina puntuale di tale studio, anzi, abbandonando fin da subito articolati tecnicismi economici e finanziari, la nostra attenzione è dedicata a quanto emerso in termini di collezionismo d’arte. Anzi, per meglio dire di collezionisti d’arte.
I dati, utili ai fini della rilevazione, sono stati raccolti attraverso una serie di interviste che hanno coinvolto 2475 individui ad alto reddito residenti negli Stati Uniti (con un patrimonio a settembre 2017, di almeno 1 milione di dollari investiti secondo un portafoglio diversificato di asset). Tra questi vi sono 1.017 collezionisti, di cui numerosi rivolgono la loro attenzione al segmento della fine art.
In una operazione che di necessità ci porterà a generalizzazioni, strutturate però, su solide basi statistiche e dati economici che la banca svizzera ha condotto con puntualità, evidenziamo brevemente i fattori che a vario titolo concorrono a delineare i comportamenti dei collezionisti contemporanei.
1. La passione, piuttosto che il profitto, guida la maggior parte dei collezionisti.
Variegate sono le ragioni che motivano gli investitori nel concentrare parte delle loro risorse, finanziarie ed emotive, nel dar forma a collezioni, siano esse d’arte, d’antiquariato, di automobili o altro ancora. Diversamente da quanto saremmo pronti ad affermare, il profitto è raramente una di queste.
Fatto sorprendente soprattutto per il collezionismo artistico, che nell’idea comune, è spesso associato ad un modello di puro mercato. Una percezione forse veicolata dal fatto che le informazioni ad alta diffusione, che trapelano in riferimento a questo mondo, riguardano quasi esclusivamente i soggetti economici che lo definiscono.
In questo ambito, di certo non mancando soggetti che strutturano i propri investimenti, o parte di questi, nella ricerca di un rapido profitto; ma i risultati del sondaggio indicano che questo comportamento non si caratterizza come trend di riferimento. Al contrario, nel mondo dell’arte, tra le motivazioni che spingono all’acquisto di base non vi è il ritorno economico immediato.
In merito, il 71% degli intervistati ha affermato che il loro interesse è spinto dal poter godere di “cose belle”. Altre motivazioni che supportano il collezionismo, ampiamente condivise tra gli intervistati, includono il dare seguito ad una passione, il sostegno a specifici artisti e piani futuri di mecenatismo.
2. Gli appassionati di arte sono gli investitori a reddito più elevato.
I collezionisti più abbienti sono particolarmente propensi a concentrarsi sull’arte.
In tal senso, il loro operato si caratterizza per una molteplicità di interventi, che si spingono ben oltre il semplice acquisto di opere, motivato da una diversificazione di asset di investimento.
La loro attenzione è spesso mirata al sostegno di artisti specifici; e numerosi sono coloro che si sono affiliati a un museo locale.
3. La collezione: non mero prodotto di investimento ma frutto di un percorso di riflessione.
Strutturare una collezione è un’operazione complessa, a cui molti collezionisti dedicano l’intera vita, spinti da una profonda passione per il loro interesse. La collezione diviene spesso una creazione organica, specchio dell’animo, del pensiero e della struttura emotiva del collezionista. Alla base vi sono infatti legami emotivi così forti, che difficilmente si giunge a venderne singole parti.
Questa considerazione preliminare ci aiuta a comprendere almeno quattro dati rilevanti emersi dall’indagine condotta da UBS.
In primo luogo, possiamo evidenziare che numerosi sono coloro che hanno dichiarato di vedere la loro collezione come inestimabile. Nonostante questo, molti collezionisti non riescono a trattarle come un investimento significativo.
Anche se il 46% ha affermato che la collezione si è rivalutata nel corso degli anni, pochi sono coloro che hanno fatto valutare in modo preciso o hanno assicurato la propria collezione.
Ne emerge dunque che nel momento in cui gestiscono gli aspetti finanziari della propria collezione, generalmente i collezionisti fanno affidamento su un proprio percorso di indagine e valutazione; mentre rari sono coloro che si affidano ad un consulente finanziario.
A questo si aggiunge un altro dato significativo, che concorre a rafforzare quanto fin qui delineato. La collezione è un organismo che muta nel tempo, ampliandosi ed aggiornandosi.
Ma come si strutturano i singoli acquisti?
Anche in questo caso sembra ci si allontani dalla fredda logica razionale che muove gli investimenti finanziari, frutto di meticolose indagini e valutazioni.
I collezionisti non sempre agiscono sulla base di calcoli misurati, strutturati sulla scorta di orizzonti temporali di medio–lungo termine. Al contrario, sono le emozioni a dettare le scelte e gli acquisti sono spesso portati a termine d’impulso. Non sono pochi coloro che ammettono di aver pagato eccessivamente una singola opera, mossi da una attrazione passionale.
Sulla scorta di quanto evidenziato, John Mathews, responsabile della gestione patrimoniale privata e del patrimonio ultra-elevato di UBS Americas, ha affermato che: “i collezionisti non applicano gli stessi principi per acquistare arte che vorrebbero per un tipico portafoglio di investimenti di azioni e obbligazioni”.
Da ultimo, l’indagine ha svelato che nel processo decisionale di acquisto, raramente ci si affida a consulenti d’arte; ma l’attenzione è posta su altre fonti: gallerie, musei, riviste.
In molti affermano di portare a termine i propri acquisti direttamente su specifiche piattaforme on line. Secondo quanto spiegato da UBS questa “gravitazione verso fonti alternative, sottolinea l’evoluzione” in atto nei comportamenti dell’acquirente d’arte, individuando nuovi orizzonti verso cui il settore “dovrà adattarsi per tenere il passo.”
4.Un futuro in famiglia per le collezioni.
Un’ultima attenzione dell’indagine è stata posta sul futuro. I collezionisti, a chi vorranno lasciare in gestione la loro collezione?
Pur non mancando coloro che intendono donare la propria collezione ad un museo o ad una organizzazione di beneficenza, l’87% degli intervistati desidera trasmetterla ai propri eredi. Ma solo pochi hanno coinvolto o educato gli stessi sulla gestione della stessa; senza considerare il fatto che ancor meno numerosi sono gli eredi che ambiscono a questo gravoso lascito.
Passione. Bellezza. Cultura.
Questi dunque i fattori che animano i comportamenti dei grandi collezionisti contemporanei, che operano liberandosi da valutazioni e vincoli razionali, ma ritornando all’essenza prima dell’arte. Guidati dalle emozioni, collezionano storie a cui dare risonanza perenne.
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