Damien Hirst: lo “squalo” di Las Vegas non risale agli anni ’90

Damien Hirst ha spesso fatto del concetto di datazione il centro della sua ricerca, specialmente nella sua grande mostra “Treasures from the wreck of the unbelievable” organizzata a Venezia nel 2017, tra le sale di Palazzo Grassi e Punta La Dogana. Il Bad Boy degli Young British Artist inoltre, ha sempre cercato sotterfugi per aggirare le ferree regole del mercato dell’arte (nel 2008 aveva infatti ben deciso di portare all’asta gran parte delle sue opere senza passare dalla sua galleria, Gagosian). Unire queste due “hard skills” non è quindi stato difficile: perché non spacciare un pezzo del 2017 per una delle sue opere create agli inizi degli anni ’90, ovvero quelle che hanno più valore nel mercato attuale?

Detto fatto. E’ questo infatti il caso di “The Unknown (Explored, Explained, Exploded)”, uno squalo in formaldeide esposto in un noto bar del Palm Hotel and Resort a Las Vegas. L’opera, acquistata dai fratelli Fertitta e valutata 8 milioni di dollari, era stata inizialmente attribuita agli anni ’90, ma un’inchiesta del Guardian oggi non solo ha messo in discussione la cronologia della scultura ma anche quella di altre opere presentate nella mostra “Visual Candy and Natural History”, organizzata a Gagosian (sempre lui) Hong Kong nel 2017.

Secondo il The Guardian, alcune “fonti attendibili, che hanno familiarità con le creazioni delle opere di Hirst” hanno rivelato infatti che “The Unknown” era stato realizzato proprio per essere installato nell’hotel di Las Vegas, appunto nel 2017, e non, come dichiarato, nel 1999.

Di fronte alle controversie, Science Ltd., la compagnia di produzione di Hirst, ha sostenuto incredibilmente che, dato il carattere concettuale delle opere, la data riflette il momento della concezione dell’idea piuttosto che quello della realizzazione fisica. Questa posizione riafferma la visione di Hirst per cui la concezione concettuale rappresenta l’essenza dell’opera d’arte, consentendo una flessibilità maggiore rispetto al tradizionale compimento fisico dell’opera.

Gli avvocati di Hirst in seguito chiarirono che, sebbene l’utilizzo della data di concepimento nel titolo fosse l’“approccio abituale” dell’artista per le opere realizzate con formaldeide, a volte utilizzava la data in cui erano state realizzate le sculture. “La datazione delle opere d’arte, e in particolare di quelle concettuali, non è controllata da nessuno standard di settore”, hanno affermato, aggiungendo: “Gli artisti hanno perfettamente il diritto di essere (e spesso sono) incoerenti nella datazione delle opere”.

La notizia ha riacceso il dibattito sull’autenticità e la provenienza nell’arte, provocando reazioni critiche da parte di esperti come Jonathan Jones, che hanno espresso delusione per quanto ritenuto un’alterazione del patrimonio artistico dell’artista.

C’è anche da dire che forse anche i fratelli Fertitta sono stati complici di questa retrodatazione: il pezzo è la punta di diamante di una ristrutturazione da più di 600 milioni di dollari, dove tra arte contemporanea e opulenza, una suite può costare fino a 75mila euro. E su Instagram, il buon vecchio Damien, solitamente abbastanza riservato nelle sue vendite private, aveva posato come una rockstar davanti all’opera.

Rimane dunque da stabilire quali saranno le conseguenze per il mercato dell’artista britannico dopo la sua ennesima “bravata”.

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