Dora Carrington, o solo Carrington, come sarà chiamata per il resto di questo articolo, ha tracciato un percorso di vita seduttivo, potente e malinconico. Ha intrapreso strade ben più ampie di quanto potesse immaginare, incontrando un amore profondo, quasi irreale, con Lytton Strachey. Nonostante la dichiarata omosessualità di Strachey, il loro legame fu caratterizzato da un’intimità unica che sfidava i costumi del tempo. Il suicidio della Carrington, avvenuto poco dopo la morte di Strachey, fu prova del suo profondo smarrimento e l’incapacità di trovare uno scopo al di fuori della persona amata.
In The Room Next Door, o La stanza accanto, primo lungometraggio in lingua inglese del regista spagnolo Pedro Almodóvar, i riferimenti a Carrington aggiungono profondità al film, intrecciando temi di lotta artistica e desiderio inappagato. La protagonista Ingrid (Julianne Moore), una scrittrice, menziona la sua ricerca sulla vita di Carrington e sulla sua complessa relazione con Lytton Strachey. Questo sottotesto riflette il racconto principale, evocando temi di amore non corrisposto e la perdita inevitabile.
Questi intrecciati elementi biografici dell’artista britannica si riflettono con rispetto, ma soprattutto con devozione ed emotività per tutto il film, soprattutto quando le protagoniste, Ingrid e Martha (Tilda Swinton, sempre centrata nel caratterizzare i suoi ruoli), affrontano il tema della morte e i limiti del loro controllo sul destino.
Il riferimento a Carrington arricchisce il film, esplorando temi di malinconia artistica e contemplazione esistenziale. Almodóvar utilizza questa citazione per ampliare la riflessione sulla mortalità e la passione creativa, elementi tipici del suo stile cinematografico, ma che qui assumono un tono più sommesso, più sobrio, grazie all’ambientazione fredda e alla narrazione meno drammatica, che costruisce un “contatto” visibile con lo spettatore. Sebbene diverso dai suoi lavori spagnoli più caldi, mantiene l’attenzione su colori vividi e dialoghi profondi.
Una scelta narrativa che rispecchia un omaggio visivo al Bloomsbury Group, di cui Carrington faceva parte, contribuendo a creare un’atmosfera che mescola riflessione storica e preoccupazioni esistenziali contemporanee.
Donne potentissime, fragili, umane. Ecco che Julianne Moore, Tilda Swinton e Carringtonlo, in un ballo a tre, ci regalano un’altra grande prova artistica. Esplorando le nostre più assopite emozioni e riscoprendo un’artista versatile del 1900. È interessante la genuinità con cui Almodóvar, con un film per nulla leggero, ci insegna che le pellicole sono lo specchio della vita solo quando essa viene raccontata nel modo umanamente più corretto.
Sia Martha che Carrington, una un personaggio di finzione che parla ad un contesto perfettamente reale, l’altra realmente esistita ma fuggita dalla sua realtà, sono state figure femminili segnate da una sofferenza interiore profonda: Martha è afflitta da una malattia fisica, mentre Carrington cadde in depressione dopo la morte di Lytton Strachey, suo compagno di vita platonico. Dal film e dalla vita dell’artista inglese si esce con delle riflessioni sull’autodeterminazione e sulla volontà di porre fine alla propria sofferenza. La depressione di cui parlato sopra è una malattia che non perdona, che ha bisogno di essere accettata, capita, e discussa. È chiaro che la malattia e il dolore sono sentimenti insuperabili.
Il Guardian e Artnet analizzano come Almodóvar riesca a toccare la fragilità emotiva di un personaggio, questa volta di Martha, collegandola con quella storica di Carrington, conferendo al film un ulteriore strato di complessità e introspezione.
L’opera di Carrington ha influenzato Almodóvar per la sua capacità di fondere vita privata e creazione artistica, rispecchiandone il suo stile audace. La tavolozza di colori vibranti, i soggetti insoliti e una visione così poeticamente intima del mondo artistico si ritrovano anche nelle scelte visive di Almodóvar, che spesso gioca con immagini simboliche. Il suo stile stravagante e l’atteggiamento anticonformista sono diventati per il regista una metafora della libertà espressiva e del rifiuto delle convenzioni sociali, temi centrali in gran parte della sua espressiva filmografia.
Il riconoscimento postumo della sua importanza artistica, che riecheggia a distanza di tanti anni. Almodóvar riporta in primo piano una figura complessa del mondo dell’arte, un talento trascurato, destinato a rimanere immortale.