Fino al 20 giugno 2025, la KROMYA Art Gallery di Lugano dedica una retrospettiva a Giuseppe Spagnulo (Grottaglie, 1936 – Milano, 2016), uno dei più significativi scultori italiani della seconda metà del Novecento. Curata da Luca Massimo Barbero in collaborazione con l’Associazione Archivio Giuseppe Spagnulo, la mostra Arcaico. Moderno. Futuro esplora il rapporto viscerale dell’artista con la materia, in un dialogo tra mito e contemporaneità, tra gesto primitivo e ricerca plastica innovativa.
L’arte di Spagnulo è un atto fisico, un corpo a corpo con il ferro e la terra, che affonda le radici in una tradizione ancestrale e si proietta nel futuro con una forza dirompente. La sua scultura nasce dalla tensione tra pensiero e azione, tra il progetto e la sua realizzazione attraverso processi che coinvolgono direttamente il fuoco, il peso, la resistenza dei materiali. Come scrive Barbero, la sua opera si configura come una “distanza zero” tra idea e plasmare, un incontro diretto tra il gesto e la forma.
L’esposizione si apre con una porzione del tavolo da lavoro dell’artista, non solo strumento, ma superficie generativa, luogo in cui la materia diventa idea e viceversa. Su di esso, le forme in terracotta suggeriscono un legame tra il pensiero plastico e la concretezza della manipolazione scultorea, esprimendo un legame primordiale tra l’uomo e la creazione.
Nel percorso espositivo, circa venti opere – tra Carte, Ferri e Terre cotte, realizzate tra il 1964 e il 2013 – testimoniano l’energia scultorea di Spagnulo, caratterizzata da una continua sfida con la materia. Le Carte, realizzate con ossidi ferrosi, carbone e sabbie vulcaniche, non sono studi preparatori, ma lavori autonomi in cui il segno grafico assume una presenza fisica, quasi scultorea. Qui, la superficie si fa campo di battaglia tra stratificazione e sottrazione, tra istinto e sedimentazione del gesto.
Le sculture in ferro, soprattutto dagli anni Settanta, rivelano una materia brutale e sensuale, esibita nella sua forza primigenia. Il gesto di Spagnulo incide, taglia, fende, evocando la tensione dei tagli di Lucio Fontana, ma con un approccio differente: il suo ferro non si apre sul vuoto, ma affonda nella materia, la lacera e la rende carne. La critica ha definito questa materia “erotica”, nella sua capacità di esprimere desiderio e vitalità, nella sua tensione tra monumentalità e fragilità.
L’argilla, che l’artista ha conosciuto fin dall’infanzia nel laboratorio ceramico di Grottaglie e poi studiato a Faenza, è per Spagnulo un materiale che si trasforma con il fuoco, che si spezza e si modifica senza la volontà di un controllo assoluto. Qui, il processo diventa esso stesso parte dell’opera, come nelle ceramiche giapponesi della tradizione wabi-sabi, in cui l’imperfezione e il caso si fanno forma.
Come sottolinea Tecla Riva, direttrice della sede di Lugano di KROMYA Art Gallery, la mostra si inserisce in un percorso dedicato agli artisti che hanno lavorato sulla materia e sul gesto, ponendo Spagnulo accanto ai grandi protagonisti della scultura del Novecento europeo. L’allestimento, studiato insieme al curatore Luca Massimo Barbero e ad Andrea Spagnulo, presidente dell’Archivio, esalta l’intensità del suo lavoro, dalla dimensione monumentale fino alle opere più intime, dimostrando come l’arte di Spagnulo riesca a fondere innovazione e tradizione in un equilibrio potente e necessario.
In Arcaico. Moderno. Futuro, il linguaggio di Giuseppe Spagnulo si rivela nella sua essenza più profonda: un’arte che non rappresenta, ma esiste, che non si limita a plasmare la materia, ma la interroga, la sfida, la trasforma in un racconto plastico che attraversa il tempo.