Grand Tour (pt. 6): Napoli e Roma, capolavori nascosti tra barocco e contemporaneo

Pur sapendo che Palermo è una città difficile da abbandonare, avete nuove tappe che vi aspettano riprendendo la via del nord in una risalita che vi porterà a scoprire nuovi luoghi magici.

Pertanto la via più breve per ritornare in continente è quella del traghetto, che vi porterà dal capoluogo siciliano direttamente in quello campano, meta designata del nostro tour. “Napoli è tutto il mondo” afferma Giulio Cesare Capaccio ne Il Forestiero del 1634 e non si può trovare frase migliore per descrivere una città che non dorme mai, che ha sempre sete di vita e che langue all’ombra maestosa del suo vulcano, che ha visto intrecciarsi storie di capolavori d’arte e fatti di sangue di inaudita violenza.

Napoli ha avuto alla sua corte i massimi artisti di sempre da Giotto nel 1328 a Diego Armando Maradona passando per Caravaggio e Velasquez, e ognuno di questi forestieri ha contribuito in maniera decisiva a comporre la storia di una delle maggiori capitali mondiali. I consigli che vi darò in questo piccolo vademecum partenopeo derivano da quelle buone relazioni che il grandtourist ha l’obbligo di intrattenere durante il suo viaggio, con le più influenti famiglie e figure di artisti e collezionisti della città che di volta in volta si trova a visitare, in soldoni i contatti giusti fanno la differenza.

Fondazione Made in Cloister

Pertanto ringrazio personalmente un mio carissimo amico, Giampiero Pondrano D’Altavilla, nelle cui vene scorre un sangue furiosamente partenopeo e che senza dubbio rappresenta l’archetipo del collezionista illuminato. Persona di straordinario acume ed innata eleganza. Figlio di una di quella eugheneia che ha fatto la storia d’Italia, che racconta di quando a girare per i corridoi del palazzo di famiglia c’era un mostro sacro come Benedetto Croce o un giovanissimo Giovanni Leone, futuro presidente della Repubblica.

Su consiglio di GPA, la prima tappa deve essere dedicata alla Fondazione Made in Cloister, dove Davide De Blasio e Giovanna Impronta hanno recuperato dallo sfacelo in cui versava il bellissimo chiostro cinquecentesco di Santa Caterina a Formiello, trasformandolo in un versatile centro per la arti contemporanee che unisce l’amore per l’antico alle più avanguardistiche forme di ricerca artistica proposte da interpreti internazionali. Un luogo che, peraltro, incarna perfettamente l’anima partenopea da sempre devota alle grandi tracce di una gloriosa antichità ma pur sempre affacciata verso quello che è il mondo dell’attualità culturale più aggiornata.

Fondazione Morra Greco

Il nostro caro amico di cui sopra ci offre un secondo suggerimento che non posso esimermi dal girarvi pari pari: una visita necessaria alla fondazione Morra Greco situata nella splendida cornice di Palazzo Caracciolo di Avellino nel cuore della Napoli antica.

Nata dall’idea del grande collezionista Maurizio Morra Greco, la raccolta contiene ad oggi più di mille opere che rappresentano a pieno il panorama della produzione artistica mondiale ed ha l’obiettivo di ospitare artisti, emergenti o già affermati, affinché nei loro periodi di residenza possano produrre opere che siano fortemente legate all’esperienza avuta nel confrontarsi con la città.

Michelangelo Merisi da Caravaggo Le <em>Sette Opere di misericordia<em>

Ovviamente dopo una scorpacciata di arte contemporanea non possono mancare due indicazioni fondamentali da non perdere per quanto riguarda la produzione antica, che effettivamente permea la città in ogni suo angolo. La prima è un capolavoro assoluto di Caravaggio, in realtà molto noto, che rappresenta ancora una volta i vertici raggiunti dal maestro lombardo nella sperimentazione della pittura dal vero: le Sette Opere di misericordia sono una mirabolante rappresentazione di come la lezione del Merisi sconvolga i rapporti di forza nel panorama artistico partenopeo del XVII secolo e, per rendersene conto, basta girare le spalle al capolavoro caravaggesco per imbattersi nella Liberazione di San Pietro di Battistello Caracciolo.

Battistello Caracciolo <em>La liberazione di San Pietro<em>

In questo dipinto, il tributo al maestro è talmente evidente nel personaggio sdraiato che da le spalle allo spettatore da farci pensare che l’intera pala sia stata pensata come un continuo ossequio alla lezione del pittore lombardo.

La cappella dei Bianchi della Giustizia agli Incurabili

Una volta fuori dal Pio Monte non vi rimane che l’ultima tappa di questa giratina napoletana, che rappresenta un vero unicum del tutto al di fuori dei soliti sentieri turistici. Dovete sapere che tra la seconda metà del XVII e tutto il XVIII secolo si sviluppa a Napoli (e più in generale nel sud Italia) un gusto spiccato per la ceroplastica, vale a dire per le sculture in cera. Questo materiale permetteva agli scultori che si cimentavano in questa specialità, di poter raggiungere incredibili livelli di realismo nelle opere che venivano non solo scolpite, ma successivamente anche dipinte in policromia, accentuando questa estrema resa realistica.

Molti dei soggetti realizzati in questa tecnica sono crude rappresentazioni di morti per peste o malattie veneree e proprio a questa seconda categoria appartiene il gioiello che vi invito a non perdere e che si trova nella bellissima cappella dei Bianchi della Giustizia agli Incurabili.

L<em>a Scandalosa<em>

Riaperta recentemente dopo decenni di totale abbandono, questo splendore di architettura napoletana contiene al suo interno una scultura mitica e nota a tutti con il titolo de La Scandalosa che ritrae una giovane donna morta di sifilide, in avanzato stato di decomposizione ed addirittura attaccata dai ratti. Alcuni hanno voluto leggere questa scultura, da sempre agli Incurabili, come un monito per tutte quelle donne che prostituendosi o avendo costumi molto liberali prima o poi sarebbero finite in quell’istituto. Uno spettacolo sicuramente un po’ macabro ma che anche qui incarna quella teatralità della rappresentazione partenopea che da secoli è un marchio di fabbrica del neapolitan style.

Dopo questo serrato giro tra i vicoli partenopei vi è concessa una lauta pausa di ristoro al Gran Caffè Gambrinus, luogo di napoletanità per eccellenza… giusto il tempo di ricaricarsi e gettarsi su un treno per Roma.

La Chiesa di Santa Maria della Pace

In questa guida, totalmente eversiva rispetto alle solite, non spenderete molto tempo nella capitale ma, fidatevi, sarà ottimamente investito. Taluni rimarranno colpiti nel non trovare alcun riferimento a Musei Vaticani vari o alle chiese del centro che contengono opere immortali, altri saranno scioccati dalla totale mancanza di indirizzi caravaggeschi, ma queste sono cose che ogni sciocco turista può far da se in una città come Roma. Pertanto vi consiglio di dirigervi lesti in uno dei luoghi simbolo della Città Eterna, il Chiostro del Bramante… una volta lì tralasciate completamente il capolavoro commissionato all’architetto milanese da Oliviero Carafa intorno al 1500 ed entrate nella splendida chiesa di Santa Maria della Pace.

Raffaello Sibille e Angeli

Piantatevi nel mezzo di questo gioiello e iniziate a girare a 360 con occhi e gambe, sarete invasi da una teoria di capolavori di mani eccellentissime come quelle di Raffaello o Rosso Fiorentino. Al primo tocca le decorazione ad affresco dell’arcone con Le Sibille ed angeli della cappella commissionata da Agostino Chigi e bisogna effettivamente notare che, nel 1514, l’urbinate raggiunge un livello di virtuosismo artistico di assoluta levatura.

Rosso Fiorentino nella Cappella Cesi

Il secondo si destreggia benissimo nella cappella Cesi progettata Antonio Sangallo il Giovane con i due affreschi raffiguranti La creazione di Eva e Il Peccato originale.

Non doma, questa splendida chiesetta vi regalerà altri due momenti di grande intensità con Il Battesimo di Cristo realizzato da un Orazio Gentileschi in splendida forma per l’altare Olgiati e una Annunciazione di Domenico Cresti detto Il Passignano, che rientra senza dubbio nei suoi cinque quadri più importanti.

Domenico Cresti detto Il Passignano <em>Annunciazione<em>

La chiesa è piccola ma lo stupore sarà grande e creerà sicuramente un buco allo stomaco: uscite, fate trenta passi e dinnanzi a voi troverete Virginiae, ristorante di cucina tipica romana con la migliore cacio e pepe dell’intero globo terracqueo. Chiedete di farvela nel cestino di formaggio, sarà un’esperienza lisergica.

Le puntate precedenti del Grand Tour le abbiamo pubblicata qua:

Grand Tour (pt. 1): commuovetevi a Venezia, la Serenissima merita le vostre lacrime

Grand Tour (pt. 2): da Padova scendendo verso Sud, tra architettura e natura

Grand Tour (pt. 3): tra i tesori e le bellezze della Puglia

Grand Tour (pt. 4): La prospettiva jonica verso la sicilia

Grand Tour (pt. 5): Inarrivabile Palermo, tra Caravaggio, Antonello e lo sfincione

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