La “Dimensione Verticale” di Romeo Battisti

Romeo Battisti, ha dedicato e continua a dedicare il suo lavoro alla ricerca dell’essenza dell’essere umano, la sua ultima mostra, in corso a Palazzo Guido Ascanio Sforza a Proceno in provincia di Viterbo, sino al 30 agosto, è il frutto di questa continua ricerca.

Lo abbiamo incontrato per chiedergli in questa intervista esclusiva, qual è stato il suo percorso.

Romeo Battisti Dimensione Verticale

Da cosa nasce l’idea di mettere la meditazione alla base delle tue opere?

La meditazione è un motivo ricorrente nella mia vita, in me c’è sempre stato questo desiderio, questa voglia, questa sensibilità di conoscere, di non accontentarsi delle risposte, che il mondo fatto di convenzioni ci fornisce.

Le risposte presuppongono delle domande, quali sono quelle su cui riflettere?

La domanda fondamentale nell’ordinarietà delle cose è: “chi sono io?”; risponderò che sono un corpo, che sono una mente, che sono un padre, che sono un figlio, che sono un artista, insomma i ruoli, ciò che mi qualifica. Ma se ci fermiamo all’io sono e non facciamo seguire nessuna qualificazione, ma il solo fatto di esperire, fare esperienza, ci troviamo spiazzati, quando invece l’essere dovrebbe essere il nostro fondamento, perché noi siamo essere, siamo esistenza. Ma all’io sono non si ferma mai nessuno, corrono tutti verso qualche cos’altro, verso  le false identificazioni.

Romeo Battisti foto Bruno de Faveri

I tuoi nuovi lavori sono divisi in tre cicli pittorici, è un’idea che ti è venuta strada facendo oppure l’avevi già in mente?

Definirei le mie opere dei sottoprodotti di un lavoro che in realtà dovrebbe avvenire nell’uomo, perché la vera opera d’arte dovrebbe essere l’uomo. Quindi, non li ho pensati anticipatamente, ho dipinto quello che veramente sentivo, l’esigenza profonda che era questa ricerca. E nell’occasione della mostra mi sono accorto che inanellandoli, come le perle nel filo, veniva fuori un percorso logicissimo, che poteva essere diviso in diversi cicli o percorsi.

Romeo Battisti Bendat

Quelli principali sono, comunque, tre. Il primo è Bendati, perché questo titolo?

Indica l’ignoranza umana, l’ignoranza di sé, quella che deriva dall’identificarsi con qualcosa che in essenza non si è. È vero io sono padre, ma in essenza non sono né padre, né figlio, sono essere, sono esistenza. E di questo si può fare esperienza, però il primo passo, appunto è riconoscere la propria ignoranza, che è quella che ci hanno indicato tutte le tradizioni. Il riconoscimento di questa ignoranza, lo si fa attraverso un minimo di indagine, o attraverso una insoddisfazione esistenziale che ci mette di fronte al fatto che pur avendo tutto, o quasi, questa insoddisfazione esistenziale resta. Ci sentiamo come se fossimo un po’ passati a fianco alla vita, perché non risiediamo nell’essere, non abitiamo l’essere, abitiamo le nostre funzioni i nostri ruoli, abitiamo tutto quello che serve per vivere, ma non è l’essenza.

Romeo Battisti Medita

Il secondo ciclo è Meditazione e possiamo intuire cosa sia, ma cosa significa per te?

È il mezzo, un mezzo di indagine attraverso il quale, appunto, approfondire. Un mezzo che è stato affinato nei millenni direi, e che oggigiorno è messo in secondo piano. Noi siamo figli dell’illuminismo, del meccanicismo, del razionalismo, e quindi questo mezzo può sembraci lontano, ma il meditante fa un lavoro scientifico.

Nella meditazione si prende la persona con i suoi costituenti corpo, mente, emozioni e si indaga attraverso una semplice domanda: Io sono questo? E, guardando bene, ci accorgiamo che non siamo né questo, né quello, né quell’altro, né quest’altro ancora. Ci sono una serie di cose che accadono nella nostra vita, che si aggregano e si disgregano, c’è un flusso, con il quale noi purtroppo ci identifichiamo, ma non dobbiamo perderci dentro quel flusso, altrimenti dimentichiamo la nostra vera natura, cioè finiamo in gorghi di pensiero o di emozioni e non restiamo stabili al centro, veniamo trasportati in periferia.

Romeo Battisti Fleurs

L’ultimo ciclo si intitola Fleurs un omaggio a Franco Battiato?

Anche, ma soprattutto perché Fleurs rappresenta la fioritura dell’essere, perché di mano, in mano le false identificazioni cadono, si diventa più spaziosi internamente, si diventa più ampi, perché è chiaro che quando crediamo di essere questa o quell’altra cosa, restringiamo il campo del nostro io. Lì dentro c’è quella libertà e nello stesso tempo quella prigionia.

L’esigenza di riconoscersi in un ruolo o in un qualcosa è limitante, in realtà abbiamo il mare intero a nostra disposizione perché noi siamo quello, siamo una spaziosità che, se non è ristretta da queste false identificazioni è molto più vasta, è molto più appagante e soprattutto, la si sente come fondamento.

E quindi il velo di Maya è stato squarciato?

Maya è questa illusione cosmica di cui ci parla l’induismo, e di cui ci parla anche Schopenhauer. Il  velo di Maya si squarcia ogni qualvolta si torna all’essere, all’essenza. Tutto ciò giustifica il titolo della mostra Dimensione Verticale, il riconoscere ciò che c’è con una coscienza superiore.

Il testo a catalogo “Oltre il velo dell’Io” è a cura di Sofia Marzorati.

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