La morte dell’intelligenza

Da aprile 2024 fino a oggi, su questo magazine, abbiamo esplorato filosofia, storia e prospettive dell’intelligenza artificiale (AI), etica, e abbiamo toccato anche la spiritualità. È arrivato il momento di fare il punto e proporre qualche riflessione.

Benedetta natura, benedetto uomo


Abbiamo appurato che l’AI è solo un altro pezzo della natura, del creato (è proprio il senso di dirlo). L’AI è una parte del reame. Nel reame è l’uomo che è stato sempre il più intelligente, più degli animali, più di ogni cosa in natura. La natura è bella, ma l’uomo è l’essere intelligente. Non è facile definire cosa sia l’intelligenza, ma qualunque sia la definizione, traendone una scala, l’uomo è sempre stato in cima. Ciò che è avvenuto negli ultimi anni è che l’AI è cominciata ad apparirci come ad un passo dal mettere in dubbio questo primato. Come discusso in un articolo precedente, la teoria della computazione e la potenza elevata delle macchine potrebbero infine averla vinta su tanti ambiti che sono sempre stati riservati alla intelligenza umana. Si stima che i libri scritti dall’umanità siano 130 milioni, mentre tutta l’informazione prodotta fino ad oggi, compreso Internet, video eccetera sia 147 zettabyte, stimata in 181 nel 2025, mentre era solo 64,2 nel 2020. Uno zettabyte corrisponde a un trilione di gigabyte, ovvero una quantità esprimibile con un numero con 21 zeri di byte. Regole statistiche su grandissimi numeri (Big Data) porteranno i computer a predire con un errore estremamente piccolo il nostro comportamento. Molte persone dicono che l’uomo sa fare molte cose perché ha una cultura che si tramanda nelle generazioni, che forse arriva anche a plasmare la nostra fisiologia. Se questo è vero, proviamo a immaginare cosa possono fare zettabyte di esperienza.


Questa paura di perdere il primato genera molto disagio nella società, fino a creare panico. Si potrebbe obiettare: in fondo l’AI l’ha fatta l’uomo, quindi qualunque potenza possa mai raggiungere è un traguardo attribuibile all’uomo. Ma in realtà non è così, è come dire che, poiché l’uomo ha creato la bomba atomica, può anche annullarne gli effetti in caso di esplosione
Inoltre anche l’uomo è un pezzo della natura e nel caso dell’AI non si può parlare di una invenzione, come lo è l’aereo o il frigorifero, l’AI è prima di tutto un concetto, un formalismo, tanto è vero che fu teorizzata ben oltre mezzo secolo fa. L’AI non è una invenzione, ma bensì una scoperta, come lo sono i buchi neri, la fisica quantistica e altre cose che semplicemente esistono, l’AI concettualmente esiste da sempre, solo non era possibile usarla, prima di ora. L’AI ha anche bisogno di artefatti per essere eseguita, ma è in primis un modello teorico esistente almeno tanto quanto esiste l’uomo (abbiamo indicato Platone come il primo informatico). Attenzione, perché il fatto che l’AI sia un formalismo, o comunque un concetto, la eleva di livello. Tale connotazione costringe l’uomo a capire che, tutto sommato, per essere intelligenti, non era necessario essere intelligenti. L’AI minaccia l’uomo, dimostrandosi più intelligente di lui e sottraendogli di essere più intelligente del reame.


Ma lo scenario pare essere molto ma molto più inquietante, ovvero che: l’intelligenza non esiste, se non come concetto assolutamente teorico. E dopo la morte di Dio di Nietzsche, Marx e Levi Strauss, la morte dell’uomo di Michel Foucault (Le parole e le cose, 1966) e la morte dell’arte di Arthur Danto, ora a morire è l’intelligenza.

L’AI è un software ed una architettura informatica, non è molto intelligente nei fatti, esegue predizioni statistiche, scimmiotta e simula quello che farebbe l’uomo dopo averlo osservato e ridotto le sue azioni in matrici di numeri. Di recente, in modo provocatorio, Noam Chomsky ha dichiarato che l’AI è un software di plagio. Ciononostante l’evidenza di queste affermazioni non molti di noi la pensano così, c’è chi già parla entusiasticamente, anche negli ambienti scientifici, di vita artificiale (Alife) mentre altri, al contrario, sono terrorizzati (ne abbiamo parlato qui).

La questione etica

Perché il software dell’AI (puoi chiamarlo anche anche sistema, piattaforma, architettura) ha un carico etico superiore rispetto ad altri costrutti informatici e sociali? Nel caso dell’AI, la questione non riguarda l’etica dei contenuti o delle interazioni, come potrebbe essere per altri social, da X a Onlyfans. Nel caso dell’AI la preoccupazione etica è legata al fatto che l’AI appare generare contenuti ed azioni rilevanti per l’uomo, simulando di essere essa stessa un uomo.
Il vero problema è che molte persone comuni iniziano a vedere l’AI come dotata di una certa umanità. Così non è, ma così appare, e se una cosa appare in un modo, probabilmente è questo quel che conta. Vi è di più, il carico etico aumenta se si va a proiettare la velocità con cui l’AI migliora la sua capacità di simulare l’uomo.

In tanti stanno dibattendo su come limitare e normare l’uso dell’AI ed addirittura il suo sviluppo scientifico, ciò affinché l’uomo possa definire per legge il confine tra uomo e macchina e si accerti che l’uomo sia al comando. C’è agitazione nel normare questo perché c’è il timore che l’uomo possa davvero perdere il controllo, o quanto meno, grazie all’AI, possa avvenire che pochi uomini possano controllare molti altri. In realtà, tutto questo sta già avvenendo con i social e le app, ma ciò che terrorizza è la combinazione di due fattori: essere controllati da un software senza nemmeno sapere che lo sia. Si pensi solo al devastante tzunami che sta per scaraventarsi sul mondo dell’informazione, ove non sapremo davvero più se una informazione è vera e verificata da un uomo, o falsa ed inventata da un software.

Un punto di vista diverso

Tuttavia, nel corso degli articoli pubblicati, il nostro approccio alla questione etica è stato molto diverso. Non siamo entrati nella questione dell’uso etico dell’AI. Piuttosto ci siamo chiesti quale etica sia disponibile per l’uomo (e non per l’AI) se l’AI raggiunge livelli estremamente avanzati (super AI e general AI). Detta in modo semplice, come l’uomo interpreterebbe se stesso, se l’AI arrivasse ad un livello (reale o simulato poco importa) di intelligenza, umanità, empatia ed efficacia nel risolvere non solo problemi tecnici, ma anche problemi tipicamente legati all’uomo (psicanalisi, medicina, diritto, spiritualità, infanzia, supporto agli anziani, solo per fare degli esempi). Spingendo la fantasia: come l’uomo dovrebbe interpretare se stesso se perdesse il primato di essere il più intelligente del creato? La questione etica è quindi prima di tutto una questione ontologica, cosa è l’uomo. Fino ad oggi sapevamo una cosa fondamentale, l’uomo è eccezionalmente intelligente, governa la natura e la sua natura, sebbene non perfetta, è a livelli così alti che pare essere l’immagine di un dio. Con l’avvento dell’AI si sta sgretolando questa convinzione. L’uomo sta lavorando per creare una versione artificiale di se stesso. Per millenni, e soprattutto dopo Darwin, l’uomo si è chiesto come potesse nascere la vita dalla materia, ora l’uomo, pur continuando a non saper rispondere a tale domanda, invero lo sta facendo, sembra che non sia poi così troppo lontano da questo risultato. A differenza di altre scoperte, anche molto più fenomenali di questa, con l’AI viene messo in discussione l’uomo, si pensi alla rivoluzione copernicana o alla scoperta della relatività per immaginare qualcosa di senz’altro più fenomenale per l’epoca, scoperte enormi, ma hanno lasciato l’uomo dove era.

Che si creda in un dio o meno, poco importa, atei e credenti sono accomunati dalla consapevolezza che l’uomo è un pezzo speciale della natura. Anche il miglior discepolo del materialista Karl Marx o dell’evoluzionista Charles Darwin non possono accettare in alcun modo di assimilare un essere umano ad una lucertola, un battere o un sasso o un computer. Atei e credenti hanno sempre dato all’uomo un ruolo diverso rispetto alla natura.

Abbiamo affrontato la questione seguendo diverse direzioni, che possiamo riassumere come segue:

  • la posizioni di alcuni filosofi del Settecento che hanno assegnato alla natura un ruolo così potente dall’accettare qualunque cosa, tra cui anche una riduzione della supremazia dell’uomo (Thomas Hobbes, Giordano Bruno, Baruch Spinoza);
  • il darwinismo universale, che espande la teoria di Darwin anche oltre la biologia e la chimica, spingendolo fino alla bionica;
  • abbiamo indagato la computazione e ci siamo chiesti se ogni nostro ragionamento è computabile (eseguibile da una macchina di Turing);
  • ci siamo chiesti se per l’uomo vi è qualcosa (coscienza, anima o altro) che è oltre la sua natura fisica e biologica, che per definizione non possa essere eseguita da alcun computer;
  • abbiamo approfondito la relazione tra realtà bionica e biologica, indagando il ruolo del metabolismo nella seconda;
  • abbiamo definito cosa è l’informazione, come si misura, cosa è il dubbio e come il dubbio presupponga a sua volta una qualche informazione, andando a ritroso provocatoriamente abbiamo detto che la fonte di ogni dubbio è Dio
  • infine abbiamo risvegliato la filosofia del teologo Bernard Lonergan per sostenere che l’uomo avrebbe una innata spinta a sapere tutto, che gli fornisce quindi movimento e spinta creativa.

In questo percorso sono emerse delle certezze e delle opinioni. Le certezze sono due, di una abbiamo accennato, ovvero che la nostra società è realmente preoccupata dell’evoluzione dell’AI, a tal punto dal mettere in discussione la propria identità, vi sono persone che parlano con defunti trasportati in AI, ne abbiamo parlato, o che si sposano con essa.
La seconda certezza è che senza una metafisica (che sia un dio o altro) saremmo costretti ad appellarci solo alla natura, se così fosse, la chimica e la fisica, che sono alla base della biologia, sarebbero tanto potenti quanto un un sistema computazionale che le simuli. Senza una metafisica, il materialismo che ne risulterebbe annullerebbe il libero arbitrio, il mondo procederebbe per necessità; questo non implica che “valga meno”, l’analisi è filosofica, non valoriale. Abbiamo visto come alcuni filosofi e studiosi contemporanei identifichino la fisica quantistica come qualcosa che supera il materialismo, fornendo all’uomo una sorta di coscienza e libero arbitrio, ed allo stesso tempo non implichi la presenza di un dio o di una specifica trascedenza. Per ora non ci sono sviluppi concreti in tale direzione, ad eccezione dei lavori di Roger Penrose e Stuart Hameroff, tuttavia la teoria è fortemente controversa. Il tentativo di alcuni ricercatori è quello di dimostrare che l’uomo ha una coscienza che non potrà mai essere trasferita ad un software, ma senza che ciò implichi alcuna realtà metafisica o divina.

Tra le varie opinioni, ne annoveriamo due: una molto inquietante e l’altra rassicurante. La prima inquietante è che computer superveloci possono svolgere computazioni estremamente complesse, simulando in 1 minuto la potenza computazionale di molti anni uomo. Questo significa che la macchina sarà meglio dell’uomo su quasi tutto, o tutto, e ciò potrebbe avvenire molto presto. La seconda opinione è emersa con l’articolo “Vi parlo del teologo che ha dimostrato perché l’AI non supererà mai l’uomo” e ci dice che l’uomo ha una spinta verso la conoscenza che nessuna macchina potrà mai avere, questo farà la differenza? O sarà una magra consolazione?

Temiamo che non sarà possibile limitare l’uso dell’AI tramite leggi (abbiamo iniziato a parlarne qui), come non è stato possibile evitare che le armi atomiche si diffondessero nel mondo. Un’altra opinione che è emersa in questo percorso è relativa al darwinismo universale, se proviamo a fare a meno della romantica necessità di essere legati alla biologia ed alla specie, il mondo procederà con le sue categorie, come la natura, o Dio, lo hanno progettato.

le puntate precedenti di queste riflessioni su coscienza, pensiero filolosofico e intelligenza artificiale le potete trovare qua:

Dio è nei dettagli? No, nei computer. Un’ipotesi sull’uomo, la Natura e l’Intelligenza Artificiale

Ockham ed Intelligenza Artificiale: rasoi per pelo e contropelo a confronto

Il Papa al G7 per parlare di AI, tra auspici, buone intenzioni e forse un poco di rassegnazione

Thomas Hobbes ed il deep learning. AI tra draghi ed algoritmi etici

Intelligenza artificiale, filosoficamente parlando (pt. 1)

76 domande cui non vorresti dover pensare. Tra cui fare l’amore con un robot

Essere o non essere, matematica o non matematica? Questo è il dilemma

Gombrowicz: arte, coscienza ed esistenza per la nostra immaturità

Paura e desiderio ai tempi dell’AI

Il darvinismo universale nell’era della AI

Filosofia islamica e machine learning

Teoria dei giochi: Dente per dente o perdono?

Intelligenza artificiale, filosoficamente parlando (pt. 2)

Urge un metabolismo per l’intelligenza artificiale

Come si misura l’informazione e perché è Dio la fonte di ogni dubbio

Principi dell’Extropianesimo: un Quadro Evolutivo verso il postumanesimo

La fine dell’arte. Da Wittgenstein all’AI, passando per Arthur Danto

Vi parlo del teologo che ha dimostrato perché l’AI non supererà mai l’uomo (pt. 1)

Vi parlo del teologo che ha dimostrato perché l’AI non supererà mai l’uomo (pt. 2)

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