Tutto ha inizio con il progetto Photobuster del collettivo fotografico Cesura, che ha da tempo promosso in diverse realtà territoriali, principalmente urbanizzati, un lavoro di ricerca fatto da serie fotografiche individuali che convergono nella composizione finale di un racconto corale. Attivo già da almeno un lustro, il progetto approda anche a Piacenza (Cesura ha sede nella Val Tidone piacentina e annovera tra i suoi membri figure di primo piano della fotografia in teatri di guerra come Gabriele Micalizzi e il compianto Andy Rocchelli), con il coinvolgimento di altri due collettivi sempre piacentini: Collettivo Tiff, in larga parte composto da fotografi di lunga esperienza, e il giovane (sia per età anagrafica dei componenti che per nascita del collettivo) sodalizio La Città Minaccia.
Precisato che Annibale, omaggiato dal titolo ufficiale, fu protagonista di una battaglia qui a Piacenza contro i Romani nel 217 a.C., l’anno successivo alla fondazione di Placentia, la domanda di partenza, per esplorare la mostra Annibale/Photobuster Piacenza, ospitata nei locali di XNL sino al 2 marzo e curata da Alex Majoli, reporter internazionale e membro effettivo di Magnum Photos, potrebbe essere: cos’è una città, se non l’insieme delle persone, dei luoghi e delle relazioni che si intessono al suo interno?
Anticipiamo subito che l’architettura messa in piedi dal curatore della mostra è estremamente decentrata (almeno una decina di monitor e grandi schermi che proiettano le immagini e i video) e richiede moltissima pazienza da parte del fruitore: del resto, intercettare cosa pulsa in una città è esso stesso un atto che merita profonda attenzione e capacità di soffermarsi. In questo labirintico mosaico, salta agli occhi un elemento di grande interesse, ovvero l’interazione che traspare tra gli esploratori in mostra e i soggetti raffigurati, un requisito essenziale (e professionale) per entrare in connessione con il soggetto da raccontare.
Il titolo di questo contributo recita la partecipazione di 10 artisti dell’immagine: 4 appartengono a Cesura, 4 a TIFF e 2 a La Città Minaccia. Ognuno ha approfondito un aspetto che può caratterizzare il territorio, per un totale di 30 minuti di fruizione che svelano aspetti anche sconosciuti agli abitanti della città e che, in qualche modo e parafrasando il concetto del legame caro a Maria Lai, legano i luoghi e le persone raffigurate alla costante quotidianità di Piacenza. Per completezza di informazione, il Progetto ha previsto, oltre alla Mostra in atto, una residenza artistica che si è svolta ad inizio 2025 nella sede del Collettivo Tiff e che ha agito da laboratorio per l’operatività contemporanea di quindici giorni dei fotografi coinvolti.
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Ringraziando la preziosa checklist prodotta dall’ufficio stampa di XNL che riporta l’elenco delle stampe fotografiche ufficiali ed estrapolate dalla più ampia cornice progettuale, iniziamo la perlustrazione da Chiara Fossati di Cesura che firma “Bartolomeo”, la foto cover, ritraendo un ragazzo con un taglio dei capelli molto cromatico e intessuto di cuoricini rossi. Il racconto che sottende lo scatto è la narrazione di come possono vivere i giovani una città di provincia, tra inevitabile noia, incertezze del presente e cupezza del futuro prossimo. “Lucrezia, 22 anni, sogna di diventare una grafica pubblicitaria” è un altro tassello della ricognizione giovanile di Fossati: il titolo è emblematico, con il verbo sognare che richiama le aspirazioni giovanili.
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Sempre in ambito Cesura appartiene il volto che sigla l’indagine di Arianna Arcara la quale, ritraendo “Juxhin. Cooperativa Infrangibile” , permette all’osservatore di collegare uno storico luogo cittadino che è contenitore di eventi e aggregazione culturale, politica e sindacale, con le contraddizioni di un territorio che ha sposato in modo irrefrenabile e anche dannoso gli investimenti massivi della logistica, creando così inquinamento ambientale e precariato lavorativo (soprattutto tra le comunità straniere).
Le linee ellittiche scolpite dai dermatoglifi dell’ultima falange di un dito umano è la traccia progettuale di Giorgio Dirindin, fotografo in cerca delle tracce lasciate da chi vive una città costantemente passaggio soprattutto nei luoghi di lavoro (“Officina Iveco. A.R.A. spa” è il titolo dello scatto in list). Mentre, l’immersione nelle comunità afro-subsahariana e sudamericana è alla base dell’indagine di Marco Zanella, che esplora gli avamposti sociali e di aggregazione di una città contemporanea che deve includere e valorizzare il mosaico etnico di cui si compone (“Festa 24 Night organizzata dal Bar Ohana” e il cronachistico “Capodanno. Cancha Don Alonso” sono alcuni momenti esposti).
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“Palazzo in Via Carducci, progettato da Studio Monti” è l’ennesima tappa di una ricerca che da anni il duo Dallavalle – Guerrieri conduce nel tessuto architettonico urbano, con focus specifico su un patrimonio edilizio di pregio e, al momento, conosciuto solo in ambienti accademici: si tratta delle costruzioni di pregio novecentesche inserite nel Censimento nazionale dei Beni Culturali della Regione che sfuggono allo sguardo ordinario e che Paola Dallavalle e Fulvio Guerrieri insistono per una sua maggiore e più ampia divulgazione. La coppia è parte integrante del secondo sodalizio cooperante in questa mostra, ovvero il Collettivo Tiff, di cui fa parte anche Elisabetta Granata, con un progetto in grado di unire rigore geometrico a componente emozionale: “Trinciato” è il tassello di un progetto di visualizzazione aerea del paesaggio che trascende molto efficacemente nell’astrazione.
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Con Patrizio Maiavacca si ritorna alla figura umana. “Paninaro ambulante” è lo scatto fotografico che documenta un’intenzione antropologica contemporanea di legare le attività umane ai tanti rivi idrici che percorrono il ventre della città e di cui sono ancora visibili alcuni esempi non interrati. Sempre associato al tema dell’acqua è il lavoro del quarto fotografo associato a Tiff: le rive del Po e le relazioni sia storiche che strettamente funzionali sono alla base del progetto di Marco Rigamonti, in cui l’autore indaga il legame solido nel tempo tra la città e il grande fiume e ne esplora le tracce di antropizzazione, sia minuscole come le tracce del passaggio umano che grandi come gli edifici costruiti sugli argini (“Argine destro” è il titolo del suo lavoro).
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Dell’intreccio tra umano e fideistico parlano i progetti presentati da Andrés E. Maloberti e Nicola Roda del gruppo La Città Minaccia. Il progetto a quattro mani e doppio sguardo indaga infatti l’aspetto religioso di un tessuto urbano che necessariamente va nella direzione della multiculturalità (e, quindi, anche del molteplice vissuto religioso). “Messa Evangelista alla Cooperativa Infrangibile” (che ritorna come centro aggregativo delle differenze) e “Battesimo Ortodosso a Bettola, Val Nure” sono gli scatti ufficiali del duo e mostrano frammenti suggestivi della ritualità molto dinamica dei due momenti (il primo scatto che sottende la vivacità gospel, il secondo che torna alle origini dei tempi con un battesimo fluviale).
Come detto in premessa, i 12 scatti ufficiali sono frammenti di un mosaico più ampio che, grazie all’indagine coordinata e cooperativa portata avanti dalle tre realtà, ha prodotto anche una serie di video in grado di perlustrare gli altri tasselli umani, professionali, culturali, sociali, ambientali che compongono una città. Sebbene piccola demograficamente, Piacenza, come tantissime consorelle, rappresenta un microcosmo in cui si riproducono, in dimensioni meno vaste, le medesime connessioni delle grandi aree. E quindi, la ricerca plurale di Annibale ha coinvolto anche la dimensione internazionale del Conservatorio, la tifoseria calcistica, le periferie urbane, la cronaca giornalistica locale, i tanti movimenti degli invisibili, gli spostamenti notturni lavorativi, in un continuo pendolo tra locale e globale.