A Hong Kong l’installazione contro la guerra di Sun Yuan e Peng Yu

I leader politici sono sempre stati visti, raffigurati e descritti come persone forti, potenti e carismatiche. Il quadro Bonaparte valica il Gran San Bernardo di Jacques-Louis David, come le molte celebrazioni del Duce (a cominciare da La prima ondata di Primo Conti) si allineano perfettamente al concetto di potere, espansione imperialista e grandezza. Leader politici e dittatori, infatti, hanno sempre dovuto mostrare al nemico la loro capacità di esercitare la propria autorità e, soprattutto, quella di farsi amare dai propri sudditi o dai propri elettori. Difficile immaginare anche solo vagamente di immortalare queste personalità in un corpo anziano, paralizzato dalla vecchiaia e magari con qualche cataratta di troppo. È più facile che papi e vescovi vengano raffigurati come persone di veneranda età dalla saggezza e bontà infinite. 

La coppia cinese, sia in amore che in arte, Sun Yuan e Peng Yu, nella sua celebre installazione Old People’s Home, ha invece stravolto questo concetto, rappresentando tredici sculture iperrealiste che raffigurano altrettanti ipotetici leader mondiali e personaggi storici, tra cui sembrerebbe di riconoscere Yasser Arafat, presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese dal 1996 al 2004, e Leonid Brežnev, ex segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nelle vesti di persone anziane, consumate dal tempo, su sedie a rotelle automatiche che girovagano per la stanza (appositamente perimetrata) a una velocità quasi impercettibile, scontrandosi tra loro in un’atmosfera allucinata e surreale. Una metafora dell’assurdità della guerra e dei conflitti che affliggono l’umanità, che i leader del mondo spingono i propri popoli a fare, senza apparente scopo e senza che si possa mai vedere la fine di questa assurda spirale.

L’installazione, sebbene tutt’altro che nuova (è esposta alla Saatchi Gallery di Londra fin dal 2008, assieme a molte opere della Young British Art come Damien Hirst, Marc Quinn e i fratelli Chapman), arriva oggi, destando scalpore e curiosità nei visitatori, nella mostra collettiva al M+ Museum of Visual Culture di Hong Kong dedicata alla collezione di Uli Sigg, il più grande collezionista al mondo di arte cinese (qui la sua intervista realizzata da Elisabetta Roncati). Intitolata “Sigg Collection: Another Story”, la mostra, la seconda dedicata alle opere della raccolta del grande collezionista cinese, ripercorre una ventina d’anni di arte cinese, cercando però di svuotarla dai suoi significati politici e di maggior critica al potere, in ottemperanza con la nuova legge sulla sicurezza nazionale da qualche anno imposta a Hong Kong da Pechino. Il museo infatti, per l’occasione, ha voluto adottare un approccio più “formalistico” che “politico” per gli stili e le pratiche dell’arte contemporanea cinese dagli anni Novanta ad oggi, inglobando oltre 120 opere divise in quattro sezioni: “Facing Uncertainty”, che si concentra sul cambiamento della cultura, storia e tradizione cinesi, “Sensory Overload”, che parla della sovrabbondanza di immagini e stimoli visivi , “Ambivalent States”, che mostra come gli artisti abbiano abbracciato l’ambiguità e giocato con i significati e i valori mutevoli nella società, e “Hidden Disruption”, che rivendica una corrente sotterranea di energia ed emozione. Eppure, qualche opera sembra sfuggire a questa lettura puramente “stilistica” e fa emergere con forza temi politici e sociali. 

Una di queste è appunto l’installazione Old People’s Home di Sun Yuan e Peng Yu. Le sculture, realizzate nei minimi dettagli, tra barbe folte, rughe sui visi, peli sulle mani e posture irregolari, hanno uno sguardo perso nel vuoto, cupo, stanco. Emerge chiaramente una forte critica ai conflitti internazionali senza uno scopo né un senso, voluti da leader vecchi, che quasi sempre finiscono con guerre futili. Il duo cinese non è nuovo del resto a opere fortemente critiche sulla guerra. Un altro loro celebre lavoro è Cant Help My Self, del 2016, esposto al museo Guggenheim a New York. Condiviso da milioni di utenti su internet in tutto il mondo, l’opera consiste in un braccio robotico, delimitato da quattro pannelli di vetro, che raccoglie senza sosta un liquido, simile, sia come colore che consistenza, al sangue. Dopo tre anni la macchina si è spenta, riapparendo però in “May You Live In Interesting Time”, mostra principale della Biennale di Venezia del 2019. Di recente, è riapparsa invece, questa volta come citazione, in un murale di Banksy, l’ultimo realizzato a Londra dallo street artist britannico.

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