“Qui e il centro sono due mondi diversi”
(frase colta dal progetto di Sara Leghissa, Vorrei andarmene ma non me ne andrei)
Yours in Solidarity – Altre storie tra arte e parola è il titolo che quest’anno ha assunto la Biennale Donna: storica manifestazione artistica di Ferrara, promossa da UDI (Unione Donne in Italia) che, nella sua ventesima edizione, si riunisce al Palazzo Bonacossi fino al 30 giugno. Il titolo dell’esposizione è tratto dal video dell’artista olandese Nicoline van Harskamp, la quale si compone di un ricco epistolario proveniente da una rete internazionale di anarchici che negli anni ’80 e ’90 concludevano il loro scambio epistolare con il saluto “Yours in Solidarity”.
“Si tratta di una manifestazione di rilievo nazionale e internazionale, che ha eletto Ferrara come sua storica base. La Biennale Donna porta con sé un’opera di valorizzazione e conoscenza dell’arte realizzata dalle migliori esponenti del panorama creativo, in un confronto tra diverse culture, generi e contesti” afferma Alan Fabbri, sindaco di Ferrara.
E aggiunge Stefania Guglielmi, presidente di Udi Ferrara: “La Biennale Donna costituisce, fin dalla sua nascita nel 1984, uno dei più prestigiosi progetti politici dell’Udi Ferrara. Le donne che all’epoca ebbero l’intuizione di creare un luogo in cui l’arte delle donne venisse valorizzata ed esaltata in uno spazio tutto per sé”. La mostra curata da Sofia Gotti e Caterina Iaquinta presenta le opere di sei artiste del panorama internazionale in dialogo con la narrazione storica della Biennale Donna come documenti d’archivio ed elementi che restituiscono la genealogia e la storia dell’esposizione.
Amelia Etlinger, Binta Diaw, Bracha Ettinger, Muna Missie, Sara Leghissa e Nicoline van Harskamp sono le artiste protagoniste della mostra ferrarese. Amelia Etlinger è una poeta visiva che utilizza per la sua espressione artistica materiali naturali raccolti nei boschi vicini alla sua abitazione. Negli anni ’70 trova nella pratica della corrispondenza postale il mezzo che più si confà alla sua sensibilità creativa. Realizza lettere scritte e confezionate con attenzione, indirizzate ad amiche intime, tra le altre, le invia anche ad artiste come Mirella Bentivoglio e Betty Danon. Sono manufatti preziosi di un’arte attenta e riflessiva. Nonostante l’epilogo tragico dell’esistenza di Etlinger (muore suicida nel 1987) la sua è un’arte in cui predomina un vitale senso di solidarietà reciproca e salvezza femminile.
È in mostra anche l’arte profondamente meditata di Bracha L. Ettinger, personalità eclettica: artista visiva, filosofa, teorica femminista e psicanalista che crea opere ispirate alle figure femminili provenienti dalla mitologia e dalla letteratura tra le quali Euridice, Medusa, Persefone, Ofelia. La sua pittura si compone di stratificazioni plurime “Ogni tela viene dipinta più volte da Ettinger, secondo un procedimento […] che attinge alle originali proprietà della pittura a olio e si basa sulla sovrapposizione di molteplici stati nei quali il colore è dato dalla compresenza di luce e oscurità”. Sono immagini evanescenti che l’artista realizza attingendo al repertorio degli eventi storici traumatici primo fra tutti l’Olocausto. La mostra espone poi i lavori straordinari di Muna Mussie, artista di origine eritrea, attiva a Bologna, che indaga la memoria collettiva esclusa dall’ufficialità della narrazione ufficiale monolitica. Riprendendo il metodo tacciato dalla tradizione patriarcale come “femminile”, Mussie utilizza il ricamo per indagare l’oppressione, la diversità, la memoria e l’invisibile. “L’artista collabora con gruppi di migranti con cui imbastisce progetti di ricamo collettivo che si configurano come atti di resistenza silenziosa e di presa di coscienza della memoria“.
Tra le altre artiste troviamo Binta Diaw, la cui ricerca plastica riflette sui fenomeni della contemporaneità come la migrazione, l’appartenenza comunitaria, la questione di genere, la personale difficoltà identitaria, di “donna nera in un mondo europeizzato”. Anche la sua è una volontà di riparare la storia recuperando quelle narrazioni marginalizzate contrassegnate da dominazioni e soprusi. Ad esplorare le dinamiche identitarie e sociali all’interno della spazio pubblico è l’opera di Sara Leghissa, artista italiana indipendente che «crea dispositivi che cercano di mimetizzarsi e confondersi con il contesto in cui avvengono, per veicolare immagini […] e intercettare pubblici diversi, attraverso l’uso di tecnologie accessibili e legate all’ordinario”.
In quest’occasione espositiva è presente inoltre l’opera di Nicoline van Harskamp che si incentra sul dialogo con la dimensione del passato in ottica di riappropriazione dello stesso. La Biennale Donna di quest’anno celebra linguaggi artistici eterogenei che vedono nella pittura, nel video, nell’istallazione, nella performance, nel manifesto, uno strumento di riscrittura storica e identitaria, personale e collettiva, sociale. L’esposizione di Ferrara è orientata «su una duplice prospettiva che individua nell’elaborazione della lettera e nella messa in scena dell’archivio le strutture alla base di connessioni primarie tra esseri umani”.
L’elemento di assoluta centralità è la coralità delle voci che pur nelle loro diverse frequenze, e nell’eterogeneità dei linguaggi, sono accomunate dalla necessità di un racconto comune. Quelle delle artiste in mostra, sono narrazioni intime, personali, individuali che raccontano un tempo soggettivo e al contempo collettivo. Il focus della mostra diventa l’archiviazione come dispositivo di memoria e necessità della sua ricostruzione. Quelle delle artiste in questione, sono tutte narrazioni difficili e relegate ai margini. Un margine che, però, qui diventa centro.