Visceralmente, mi ribello!
Reclamo una vita nell’Aldilà
con la persistenza della memoria!
Salvador Dalì
A Modena, Nella mente del Maestro: Salvador Dalí tra arte e psiche celebra il legame tra il genio dell’assurdo e la rivoluzione psicanalitica. Curata da Beniamino Levi, presidente di Dalí Universe, l’iniziativa, visitabile fino al 6 gennaio 2025, è ospitata nella Nuova Ala di Palazzo dei Musei, in viale Vittorio Veneto, nel cuore della città emiliana. In occasione del 120° anniversario della nascita del Surrealismo, l’evento ripercorre il viaggio pittorico ed esistenziale dell’artista spagnolo, figura iconica del Novecento, attraverso una selezione di opere poliedriche che spaziano per tecnica e soggetto, includendo sculture, fotografie e creazioni grafiche come acqueforti e litografie, offrendo uno sguardo unico sul mondo visionario e paranoico del maestro del Surrealismo..
Fulcro centrale della narrazione espositiva è l’interscambiabilità e il dialogo costante che Dalì, con il suo concordare con il fronte surrealista, intesse nei confronti della rivoluzione psicanalitica. È un viaggio nella mente dell’artista, un’esplorazione intrigante della natura psicanalitica di Dalì, che attraverso il suo metodo paranoico-critico, tecnica coniata negli anni Trenta, combina la creazione artistica all’automatismo psichico surrealista.
Già Maurizio Fagiolo in Archeologia dell’avanguardia/1 scrive: “è paranoico un individuo che dà eccezionale importanza al proprio io e interpreta il mondo con una visione delirante. È paranoico «critico» chi riesce a razionalizzare il delirio, arrivando a un senso di onnipotenza con duplice sbocco: megalomania o complesso di persecuzione”. Le opere in mostra a Modena diventano elogio della follia di Dalì, uno spettacolo dell’inconscio visivo attraverso immagini che destano più domande che risposte. Le opere surrealiste sono doppie, paradossali, libere, assurde, contraddittorie; attraverso la genealogia dell’ambiguo, prendono vita immagini caratteristiche dell’iconografia del maestro spagnolo.
La lumaca e l’angelo è un’opera ritraente un animale feticcio di Dalì – oltre che il rinoceronte –poiché la lumaca diviene simbolo del lento scorrere del tempo, incarnando allo stesso tempo quella natura ambivalente di mollezza e durezza data dalla sua fisionomia. A contraddire la lentezza della lumaca, un paio di ali che richiamano quelle dell’angelo trionfante svettante sul guscio. Ancora gli orologi molli de “La persistenza della memoria”, definiti dall’artista: “camembert paranoico-critico, tenero, stravagante e solitario, del tempo e dello spazio”.
Metamorfosi, scomposizione, ambivalenza, decostruzione sono i concetti chiave della mostra a Palazzo dei Musei.
Il pubblico può ammirare sculture come la Venere dei Cassetti, riproduzione in gesso della Venere di Milo ellenica: la Venere contemporanea di Dalì, attraverso l’apertura di cassetti che connotano il suo corpo classico, diviene allusione alle zone segrete e intime del subconscio. Altre opere in mostra sono le litografie, i libri autografati, i dipinti, i manifesti dell’artista. La chiave di lettura è sempre l’interpretazione psicanalitica sottesa alla produzione artistica, mediante la manipolazione della realtà e la sua sostituzione attraverso la dimensione onirica.
Dalì utilizza talvolta la “double image”, come metodo allucinativo, tecnica consistente nel far continuare in modo indefinito il quadro, a seconda della visione spettatoriale e della sua interpretazione. La mostra di Modena si propone – attraverso un percorso espositivo variegato e multiforme – di illustrare l’opera di uno dei più grandi artisti del Novecento, tentando di analizzarne i processi psicanalitici inconsci che l’hanno condotto alla realizzazione delle opere stesse.
Lo spettatore, esplorando le sale della Nuova Ala del Palazzo dei Musei, smarrisce l’aderenza alla realtà fisica, immergendosi, anche solo per pochi istanti, nell’universo surrealista, enigmatico, paradossale, ambiguo che è la mente di Dalì.