A Napoli la collettiva “Urbana” racconta la Street Art e rende viva la Factory partenopea

Una quotidianità faticosa e faticata, quella della città. La fine di una giornata che va “meritata”, una corsa ad ostacoli con il premio del traguardo raggiunto.

Quando si guarda il dipinto “Siamo tutti supereroi”, di Iabo, non si può fare a meno di notare il suo spessore: un telaio “bello doppio”, saranno stati – ad occhio – almeno venti centimetri. Dalle dimensioni dell’opera, di due metri per due, le goccioline di sudore del protagonista posto nel centro dell’opera ci chiamano. È un uomo qualunque, anche un po’ pelato, un “povero cristo”, stretto in un vagone metropolitano affollato di supereroi. Assurdamente percepibile la sua fatica ad emergere, trascinandosi il peso di quella enorme tela sulle spalle.

Ed è proprio questa di Iabo, l’opera che ci accoglie presso Urbana, l’ultima collettiva alla Galleria Andrea Ingenito a Napoli, su di un muro blu, colore “brand” dell’intera esposizione. Nel titolo “si innesta la radice NA, trasformando il segno urbano nel recupero della memoria antropologica metropolitana. Chi percepisce il richiamo di URBANA, ovvero di una Napoli sempre nuova, viene coinvolto in quella trascinante avventura delle folgorazioni artistiche del presente”, racconta il curatore Gabriele Perretta. 

Diverse percezioni di una realtà cittadina dunque, e un’archimedea azione di creazione: perché se è vero che da Napoli si raccolgono delle sensazioni, la creatività che ne deriva tende a modificare in tempo reale lo stesso substrato da cui si è attinto, e il panorama culturale si fa ispirato e ispirazione, forza e reazione.

Enzo Cref, che con Tipografia Metropolitana ci aveva regalato un’anteprima della sua più recente ricerca stilistica, approda ad Urbana con il suo meraviglioso lettering, sussurrandoci il City Poem che forse siamo troppo distratti per guardare, indicandoci la Body Soul partenopea, fatta di spirito  e sangue, divino e terreno. Il tutto condito con sfumature di giallo Napoli – quello del tufo – e di blu, il colore del mare, e filo conduttore di Urbana. 

Blu è, infatti, anche la tavola di legno che ospita l’opera della Ciaciona, di Trallallà: il termine deriva dall’italiano “ciacella”, che indica la carne fresca e morbida dei bambini: la ciaciona è una donna giunonica, dalle forme abbondanti e gentili, accogliente e confortevole. Un’altra delle versioni di Napoli, dunque, terra accogliente e ospitale, soffice e lusinghiera. D’altronde per Trallallà anche la Sirena Partenope diviene ciaciona, rintracciabile in più punti della città, in pose diverse ma sempre ammiccanti: sono smaliziate, irriverenti, insolenti. Proprio come Napoli, non la mandano a dire.

In questo racconto cittadino si inseriscono anche le opere degli artisti Eno e Kaf. Letteralmente ermetico il primo; il secondo reduce dalla fine del sodalizio artistico con Cyop, con il quale ha collaborato sin dal 1994 “colorando” con una delle prime manifestazioni di Street Art partenopea i Quartieri Spagnoli di Napoli e non solo.

Tutte queste esperienze artistiche estremamente ben amalgamate tra espressione culturale del nostro tempo e un’arte che a conti fatti è attiva, presente, arrivabile e collezionabile, sono riconducibili alla sana e attesissima manifestazione di una vera e propria factory. Un luogo dove intercettare l’identità visiva di una città che parla con il suo tessuto urbano. E se questa divulgazione artistica diviene design e riconoscibilità, è ancora meglio. È stato proprio Andy Warhol, il fondatore della FACTORY per eccellenza a dire che Napoli, “Come New York, è una città che cade a pezzi, e nonostante tutto la gente è felice”. Noi non sappiamo se Napoli stia continuando a perdere pezzi. Quello che è certo, è che qualcuno ha iniziato a raccoglierli.

Urbana ne è la dimostrazione. La mostra sarà visitabile fino al 22 Febbraio 2025. 

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