Cicero, l’opera realizzata nel 2014 dall’artista sudafricano William Kentridge (Johannesburg, 1955), è stata recentemente acquisita dal RISO, il museo regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo, tramite il progetto “Percorsi di memoria#2” curato da Rosaria Raffaele Addamo, vincitore del bando pubblico del Piano per l’Arte Contemporanea 2023-2024.
L’acquisizione è particolarmente significativa per la genesi stessa dell’opera. Si tratta, infatti, di un arazzo che porta con sé riflessioni che si intrecciano e dialogano con il passato e il presente, che fa parte della serie di lavori creati per il fregio Triumphs and Laments, l’intervento a scala urbana, lungo 550 metri, realizzato nel 2016 sul Lungotevere romano, dal quale è stato tratto anche un film documentario.

Per il suo raffinato effetto monocromo e l’efficacia nel trasmettere il disegno attraverso l’incisione su un materiale esistente, il fregio di Kentridge ricorda il lavoro del ben più giovane street artist portoghese Vhils, ma soprattutto riporta alla mente le sue opere grafiche e gli stessi bozzetti preparatori. Questo fregio contemporaneo destinato a scomparire nel tempo, in quanto realizzato asportando la patina accumulatasi sulle mura in travertino del Lungotevere romano, è un’opera ciclopica realizzata nelle sue figurazioni principali a seguito di una serie di disegni preparatori e di arazzi intrecciati tra il Sudafrica e lo Swaziland con materiali e manodopera locali. “Cicero” è uno di questi.
L’arazzo, che non a caso porta questo titolo, presenta in primo piano il ritratto di Marco Tullio Cicerone ripreso dal busto in marmo della metà del I secolo a.C. esposto ai Musei Capitolini. Il profilo del grande oratore, scomposto in frammenti, si sovrappone a ritagli di carte geografiche riprodotte da antichi testi e documenti d’archivio, a testimonianza della complessa storia coloniale italiana di inizio Novecento, ma anche dell’esperienza personale dell’artista e della storia della sua famiglia, fatalmente intrecciata con quella dell’Apartheid in Sudafrica.

Con quest’opera Kentridge tenta di salvare dal flusso della storia i “trionfi” e i “lamenti” della cultura occidentale. Frammenti scomposti giungono fino a noi come tessuti intrecciati dal tempo o fili della storia attraverso i quali la figura di “Cicero” riemerge in una grande ombra, rimescolata in mezzo al fascino di antiche cartine geografiche.
Con la scritta “TRIPOLITANIA RADIO TELEGRAFO” l’artista ci ricorda l’occupazione italiana della Libia, ma anche e soprattutto che la memoria è fatalmente legata al territorio.
Scrittura, segno, significato e significante fanno parte integrante della “materia” dell’opera di Kentridge. In Cicero, come afferma lo stesso autore, “ogni punto è una decisione”, e dunque tutti coloro che ne hanno realizzato la tessitura ne sono, in qualche modo, autori.
“Era come se aspettassero questo arrivo”, afferma la direttrice del museo RISO Evelina de Castro, riferendosi alle altre opere della sala che accoglie l’opera. Si tratta di A Sicilian Walk di Richard Long, il teorico della Land Art che ha fatto delle sue lunghe camminate nella natura – testimoniate da fotografie, mappe, testi e video – una forma d’arte; dell’opera su carta intitolata Telex (1973) con cui Emilio Isgrò è interveuto attraverso la pratica della cancellatura su un testo simbolo della comunicazione telegrafica; delle opere Konvolut e Archivio di studio (1994/2010) dell’artista Michele Canzoneri, non a caso aurodefinitosi “chirurgo di fogli antichi”.

Con Cicero il museo RISO prosegue nella sua ricerca sulla memoria del territorio, rafforzando il legame tra la sua collezione permanente e le esperienze culturali, nazionali e internazionali, che hanno segnato l’arte contemporanea in Sicilia. Evelina De Castro pone, infatti, l’attenzione sulla varietà degli “ elementi artistici, storici, di antiche tecniche esecutive che costituiscono l’opera e affondano le radici nella cultura dell’Europa mediterranea. La lunga storia di trionfi ed elegie, Cicerone, la Sicilia, l’Africa, l’arte della tessitura comune a tutte le culture di genere, la lana mohair dell’Africa, l’innesto e giustapposizione di tutto ciò a far mostra di sé in una sala di Riso fanno dell’approdo di Cicero in Sicilia un’opera d’arte”.
Con il suo lavoro sulla memoria, epico ma mai retorico, Kentridge si rivela, da sempre, un’artista capace di incidere con efficacia e raffinatezza intellettuale.