Demarco Mosby in mostra da Luce Gallery

Luce Gallery presenta la mostra personale “Battery of the Machine” di Demarco Mosby, dal 13 luglio al 16 settembre 2022, a Torino

L’occasione riunisce tredici nuovi dipinti narrativi, profondamente radicati nel simbolismo, in cui il pittore afroamericano Demarco Mosby investiga le profondità del nostro Io interiore servendosi della figura umana per rispecchiare e rivelare il peso e la complessità delle tribolazioni della vita.

Incorporando il suo vocabolario simbolico composto da uccelli, corde, rocce e paesaggi tumultuosi, Mosby crea narrazioni stratificate che esprimono propriamente la complessità e il disorientamento dei nostri stati emotivi.

Nel complesso, queste opere convergono su un’ansia ambientale quando le tensioni iniziano a crescere e i sospetti aumentano.

La mostra di Mosby “Battery of the Machine”

Battery of the Machine mira a mettere in discussione la stabilità delle nostre relazioni nei momenti turbolenti, esaminando anche le forze interne che ci fanno sentire ansiosi, minacciati e isolati.

Il titolo della mostra, Battery of the Machine, coglie il duplice significato inglese di “battery”, che si riferisce sia alla fonte di alimentazione diretta che all’aggressione contro un’altra persona.

In questo senso, l’artista ha esplorato come lo stress può diventare un carburante effettivo e continuo per la negatività nelle nostre vite, capace di alimentare ostilità e violenza, come anche fratturare spesso relazioni un tempo stabili.

I soggetti di Mosby – realizzati con pennellate sciolte, contorni audaci e sezioni di impasto distinte -, traducono i fattori di stress e le loro conseguenze in caratteristiche fisiche di corpi in decomposizione, arti mozzati e volti simili a maschere per nascondere il loro vero Sé.

La forza del suo lavoro è il modo in cui ha unito il grottesco con elementi simbolici chiari per rappresentare narrazioni sincere e vivide dei nostri Sé interiori, che sono tanto seducenti quanto affascinanti.

Demarco Mosby Smashing Swans 2022 olio su tela 61×914 cm Foto PEPE fotografia Courtesy lartista e Luce Gallery Torino

In Fall (2022), uno stormo di cinque cigni si arrampica su una rupe scoscesa legato insieme con una corda stretta al collo.

“Fall”

Questa possente composizione diagonale è ambientata in un paesaggio surreale al crepuscolo con un cielo blu notte intenso, che ne amplifica le tensioni drammatiche.

Li incontriamo quando uno di essi è scivolato sulle rocce ripide, trascinando gli altri verso il basso con corpi e ali che si agitano in preda al panico.

È come se questi uccelli avessero dimenticato di poter volare e invece fossero bloccati a terra, fissando il loro tragico destino.

La narrazione sembra una favola familiare, che descrive un racconto ammonitore sul rischio di fidarsi delle persone sbagliate e su come questo può condurre alla morte.

Mentre qui i cigni alludono alle persone, altrove simboleggiare le armi.

Tale simbolo intercambiabile è per l’artista una prova su come, nella nostra esistenza, l’ansia e il sospetto possono trasformare chiunque in armi percepite contro di noi.

Battery of the Machine! (2022) raffigura un’altra lotta con un cumulo a forma piramidale di figure, arti e un cigno preso al lazo.

Ogni figura o arto di Mosby reagisce al legame che si stringe mordendo, scalciando o tirando la corda.

Appaiono brutalmente ammassati contro la loro volontà da una serie di braccia muscolose che fluttuano nel cielo muovendo la fune tesa come una forza sconosciuta che domina il mondo sottostante.

La composizione ricorda la famosa scultura greca Laocoonte, il sacerdote troiano soffocato a morte assieme ai suoi due figli da serpenti marini inviati dagli Dei, perché ha tentato di mettere in guardia i suoi concittadini dell’ormai famigerato cavallo di legno.

Mentre i miti classici dell’eroismo e della tragedia sono riferimenti per il suo lavoro, Mosby è attratto dal rappresentare i nostri viaggi quotidiani e dal ritrarre tutte le ramificazioni delle nostre decisioni, responsabilità e doveri o, come lui stesso li definisce, le nostre “grandi narrazioni”.

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