Di pietre del fulmine e archeologia. “Ceraunia  – Storie di Archeologia” il podcast che racconta il passato remoto dell’uomo

Est inter candidas et quae ceraunia vocatur, fulgorem siderum rapiens, ipsa crystallina, splendoris caerulei”. Tra le pietre candide c’è anche quella che si chiama ceraunia, che strappa il fulgore delle stelle, essa stessa cristallina, di splendore ceruleo.

Così l’autore latino Plinio il Vecchio, con innegabile raffinatezza, descrive, nel XXXVII libro della sua monumentale Naturalis Historia dedicato alla mineralogia, la pietra ceraunia, la pietra del fulmine, la pietra che si credeva cadere dal cielo insieme alla folgore. 

Ma cosa c’entra la pietra ceraunia con un podcast che racconta il passato dell’uomo attraverso l’archeologia?

C’entra eccome, perché il mistero relativo alla sua natura può essere considerato a tutti gli effetti uno dei primissimi casi di indagine archeologica. Non è Plinio, infatti, l’unico a parlarci di questa pietra. Anche i naturalisti di XVI e XVII secolo, che del sapere antico facevano ampio tesoro, parlarono delle ceraunie nei loro trattati, definendo in tal modo alcune pietre dalla bizzarra foggia, scheggiata, sbozzata – appunto – dall’impatto con la superficie terrestre, dopo la caduta dal cielo. Questi uomini di scienza andarono oltre Plinio, corredando le proprie descrizioni con accurati disegni che potessero dar forma visiva alle loro parole. Ma tali disegni raccontano un’altra storia. Non una storia di fenomeni atmosferici, bensì una storia tutta umana.

<em>Cerauniae Viridis<em> estratto dal volume <em>Musaeum Metallicum<em> di Ulisse Aldrovandi del 1648

Le ceraunie di Conrad Gessner o di Ulisse Aldrovandi non sono scorie di temporali o meteoriti di altri mondi, ma – semplicemente – teste d’ascia e punte di frecce, scheggiate, nella selce e in altre pietre, da uomini di un passato remoto, di cui ogni traccia e memoria era, a quel tempo, perduta.

Ci volevano un colpo di fortuna e il lampo di genio – è proprio il caso di dirlo – di un acuto studioso che trovasse nuovi indizi, ricollegasse i pezzi del puzzle, e risolvesse il mistero delle bizzarre pietre cadute dal cielo. Chi è il nostro Sherlock Holmes? Un nostro conterraneo, un naturalista cinquecentesco, Michele Mercati, che lavorando come curatore delle collezioni di naturalia del Papa, si imbatté in alcuni manufatti prodotti dalle popolazioni native di quel Nuovo Mondo, le cui porte erano appena state spalancate. Manufatti che presentavano straordinarie somiglianze con le ceraunie di Aldrovandi, di Gessner e degli altri naturalisti a lui coevi, somiglianze che non potevano essere casuali. 

Ritratto di Michele Mercati realizzato da Jacopo Tintoretto

Ci vorrà ancora del tempo per riconoscere alle pietre del fulmine il loro status di manufatti umani, ma il metodo comparativo adottato da Mercati, il confronto tra classi di oggetti distanti tra loro nello spazio e nel tempo, eppure affini per caratteristiche, non può che rendere le ceraunie un emblema dell’indagine archeologica.

Ecco perché un podcast che parla di archeologia si chiama Ceraunia. E se una breve storia come questa riesce a suscitare curiosità e interesse, ecco spiegato perché dedicare un podcast all’archeologia. Il passato dell’uomo e l’archeologia, che di quel passato riporta in luce e interpreta le tracce, sono fonte inesauribile di storie appassionanti. L’attività stessa dell’archeolog*, molto spesso travisata e incompresa, può essere motivo di interesse. E Ceraunia – Storie di Archeologia, la cui prima stagione è ormai archiviata ma che sta per tornare con nuove puntate, è tutto questo. È un racconto del passato remoto dell’uomo alla portata di tutti, senza però rinunciare a precisione e rigore scientifico, e senza cedere ad allettanti forme di banalizzazione. Non c’è altro da aggiungere, se non l’augurio di un buon viaggio e di una buona archeologia.

Inizia subito ad ascoltare il podcast “Ceraunia – Storie di Archeologia” su Spotify

https://open.spotify.com/show/75OBHr8zPS2giDGkn9vmOM

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