Ecco perché Banksy/Robin Gunningham rischia di finire davvero in Tribunale. E di pagare 1,5 milioni di euro di danni

Follow the money, si dice in gergo giornalistico. Ed è attraverso i soldi che anche l’ultimo mistero che riguarda Banksy potrebbe essere svelato. Oggi possiamo infatti rivelare, in ogni dettaglio (cifre comprese), il motivo per cui Bansy è stato denunciato in Tribunale a Londra per diffamazione, con la più che probabile conseguenza di dover rivelare al mondo la propria identità: motivo che coincide perfettamente con quello che il nostro giornale, primo fra tutti, aveva già rivelato nell’accurata ricostruzione del 4 ottobre scorso, intitolata Chi ha incastrato Banksy? Ecco chi è il suo avversario e perché lo street artist ora rischia davvero tutto.

Ebbene, piano piano, ecco delinearsi tutti i contorni del puzzle: come avevamo già anticipato, il contendente altri non è che Andrew Gallagher, proprietario di due aziende, la Full Colour Black, che crea biglietti da visita e merchandising d’autore, operando in maniera massiccia nell’ambito della street art, dove i confini dei diritti giuridici sono quanto mai labili, e la Brandalised, license group che crea capsule collection e operazioni di co-branding con famosi marchi di moda. E, proprio come avevamo ipotizzato nel nostro articolo, il motivo del contendere – quello che potrebbe costringere Banksy a comparire in tribunale col proprio nome e il proprio volto, finendo così per smascherarsi ufficialmente – è da rintracciarsi in una vicenda partita nel novembre del 2022, che ha visto lo street artist di Bristol scagliarsi contro il marchio Guess, che, nel suo negozio di Regent Street a Londra aveva messo in vendita dei prodotti, come T-shirt e giacche, con l’immagine delle sue opere, tra cui il suo celeberrimo Flower Bomber. Ovviamente senza pagare i diritti all’artista, ma trattando direttamente con la Full Color Black.

Banksy, in risposta, aveva contrattaccato dal suo profilo Instagram, che vanta circa 12 milioni di follower, pubblicando un’immagine con la vetrina di Guess e un testo che sembrava senza ombra di dubbio incoraggiare il taccheggio: “Allertare tutti i taccheggiatori”, vi si leggeva. “Per favore, andate da GUESS in Regent Street. Si sono serviti della mia arte senza chiedere il permesso. Come potrebbe essere sbagliato fare lo stesso con i loro vestiti?”. “Un chiaro invito all’esproprio”, scrivevamo nel nostro articolo del 4 ottobre scorso, “che, è lecito credere, potrebbe essere all’origine dei nuovi guai giudiziari per lo street art di Bristol”. E così è stato, infatti.

L’azienda Full Color Black, che aveva concesso i diritti (legittimi o illegitimi?) delle opere di Banksy a Guess, ha infatti querelato lo street artist, citandolo in giudizio direttamente col suo vero nome, Robin Gunningham (assieme alla sua società Pest Control Office Limited), chiedendo oltre un milione e mezzo di euro di danni (per la precisione, 1.357.086 sterline, corrispondenti a un milione e 574.444 euro) per il post incriminato: post che – a conferma della gravità della questione – proprio di recente è improvvisamente “scomparso” dal web, evidentemente cancellato dallo stesso Banksy dal suo profilo Instagram, per cercare di arginare le conseguenze giudiziarie che ne sono conseguite.

“La pubblicazione da parte dei convenuti del post, e le loro ripubblicazioni e condivisioni del tutto prevedibili”, hanno affermato gli avvocati di Full Color Black Ltd, “hanno gravemente danneggiato la reputazione del ricorrente e hanno causato al ricorrente una perdita finanziaria molto grave”, poiché contenevano un’accusa, continuano gli avvocati, “che va al cuore della reputazione aziendale del ricorrente”, attirando like e commenti “straordinariamente negativi” nei confronti dell’azienda di Gallagher. “A seguito della pubblicazione del post, una folla di persone si è presentata all’esterno del negozio GUESS di Regent Street, a Londra, creando disordini all’interno e all’esterno del negozio e provocando la chiusura del negozio al pubblico”, hanno continuato i legali della Full Color Black, aggiungendo: “Il post ha creato un “marchio negativo” falso e permanente (“a false and permanent ‘digital footprint’”) altamente dannoso sul ricorrente, che va oltre il suo controllo e che probabilmente continuerà a causare gravi danni alla reputazione del ricorrente in futuro”. E non è finita: secondo gli avvocati di Gallagher, “come risultato diretto della pubblicazione del post, i clienti e i partner commerciali del ricorrente hanno annullato o rifiutato di rinnovare i contratti di licenza e altri contratti o hanno cessato di effettuare ordini al ricorrente, causando al ricorrente una perdita finanziaria molto sostanziale”. Ecco, dunque, spiegato il motivo per cui l’azienda ha denunciato Banksy, al secolo Robin Gunningham, per diffamazione, chiedendogli nientemeno che un milione e 500 mila euro di danni.

Vedremo ora quali saranno le mosse dello street artist per evitare non tanto di pagare i danni, ma anche e soprattutto di dover comparire in prima persona in Tribunale. Conoscendo Banksy e la sua capacità di creare diversivi e colpi di scena, probabilmente ne vedremo presto delle belle.

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