“I am blood di Jan Fabre è una mostra sulle ferite fisiche e mentali”. Parola alla curatrice Katerina Koskina

Dopo aver intervistato Jan Fabre (trovate qui l’intervista) e scoperto la sua visione unica sul significato profondo di “I am blood”, organizzata presso la Galleria Crux di Atene, torniamo a parlare della mostra attraverso la prospettiva della sua curatrice, Katerina Koskina. Con la sua straordinaria esperienza come museologa e storica dell’arte, Koskina ha concepito un’esposizione intima e riflessiva, ambientata nell’atmosfera unica di un appartamento ateniese degli anni ’50, trasformato in uno spazio espositivo dalla Crux Gallerie.

In questa intervista, Koskina ci racconta come è nata l’idea di portare un artista di fama internazionale come Jan Fabre in uno spazio così particolare, e il significato profondo dietro al dialogo tra le sue opere del 2005 e del 2023. Scopriamo insieme il percorso curatoriale che ha dato vita a una mostra capace di affrontare temi senza tempo come la spiritualità, la crudeltà umana e l’immortalità, in una sintesi unica tra estetica e concettualità.

Photo Credits Yiannis Vastardis

Dottoressa Katerina Koskina, la ringrazio per averci concesso questa intervista e le dò il benvenuto su ARTUU Magazine. Lei è la curatrice della mostra “Je suis sang / I am blood”. Come è nata l’idea, così originale, di unire un artista di fama internazionale come Jan Fabre a una galleria di nicchia come la Crux Gallerie, ambientando il tutto nell’intimità di un appartamento ateniese degli anni ’50? Qual è il tema centrale della mostra?

Nonostante il suo legame con la cultura greca, dopo la sua collaborazione con la galleria Alfa- Delta, conclusasi anni fa, Jan Fabre non aveva più presentato progetti artistici in Grecia. Per il suo particolare rapporto con la materia filosofica e la mitologia, soprattutto quella greca, ho ritenuto indispensabile continuare ad avere una presenza in Grecia, più sistematica e frequente. Avevo immaginato una mostra in uno spazio intimo, quasi un’appartamento. Una mostra “sottovoce” come una riflessione, una preghiera senza particolare stigma religioso, su tutto ciò che accade intorno a noi e viene trattato come se accadesse su un altro pianeta. Una mostra che utilizza l’arte per porre questioni di natura umana attraverso comportamenti e pratiche che l’uomo stesso inscriverebbe come disumane. 

E proprio per questo che la Crux Gallerie è stata individuata come luogo ideale per ospitare la mostra I AM BLOOD, che inoltre, propone un dialogo tra due momenti della produzione artistica di Fabre: le nuove opere create con piastrelle d’oro a 24 carati, dipinte a smalto, realizzate nel 2023 ed una selezione di disegni del 2005 realizzati con il suo sangue e matita H.B. su carta.

Le opere visualizzano anche, sotto forma di testo scritto a mano, pensieri e narrazioni intime che esasperano la crudeltà del soggetto, mentre il colore dorato conferisce lorouna qualità ultraterrena, evocando sia antiche civiltà sia qualcosa di prezioso e raro, sia nel passato sia nel mondo materiale.

Mostra I AM BLOOD CRUX gallerie di Atene Courtesy Angelos Jan Fabre

Questo è il terzo ‘ritorno’ all’iniziale ‘Je suis sang”. Il primo è stato creato per il Festival d’Avignon nel 2001 (in particolare per la Cour d’Honneur del Palais des Papes) sulla base dell’omonima poesia di Jan Fabre. Come si collocano queste opere d’arte in questo percorso creativo in evoluzione di “I am blood”?

Jan Fabre è un artista che spesso ritorna su temi trattati in passato, attraverso il suo lavoro. Non solo nelle opere di grandi artisti, come Michelangelo oppure Hieronymus Bosch, ma anche nei suoi stessi lavori precedenti. Tendiamo a rappresentare il Medioevo come un’epoca caratterizzata da crudeltà e credenze irrazionali. Oggi, purtroppo, l’attualità ci costringe a riflettere su questioni drammatiche per l’umanità, come guerre, spargimenti di sangue e violenze. Questa realtà, con la quale abbiamo acquisito familiarità, al punto da considerarla come qualcosa di normale sui nostri televisori, tablet e cellulari, mi ha spinto a pensare che un richiamo all’atemporalità della crudeltà umana avrebbe avuto un particolare significato.

Unendo due sezioni diverse ma strettamente collegate, mi è venuto in mente il titolo di una performance di Fabre che non ho mai visto. Si trata di Je suis sangal Festival di Avignon del 2001 nella corte del Palazzo dei Cavalieri, basata all’omonima poesia scritta dallo stesso artista in latino e francese. Questa poesia, pur essendo di matrice medievale, è stata scritta nel 2001 e si riferisce alla relazione tra gli esseri umani, confermando la sua straordinaria attualità. La performance, così pertinente ai tempi in cui è stata presentata, è stata richiesta dal Festival d’Avignon di nuovo nel 2005, un evento rarissimo, considerato l’impatto che ha avuto. Nonostante siano state organizzate delle conferenze, la riproduzione di uno spettacolo così complesso e costoso rimane difficile.

L’interesse pero’ per “Je suis sang” non è mai venuto meno, anzi, la sua evoluzione nel tempo ne dimostra la continua rilevanza. Percio’ a fine novembre 2024, la performance e’ stata ripresentata al Teatro Nazionale di Budapest, questa volta in ungherese, confermando ancora una volta il costante fascino verso il lavoro di Fabre e la sua capacità di rimanere incredibilmente contemporaneo. Questa mostra enfatizza il rapporto tra corpo, sangue ed esperienza religiosa o mistica, oltre che artistica. I mosaici e i disegni delle serie ‘I am blood’ e ‘Je suis sang’ si concentrano sulle ferite fisiche e mentali. Inoltre, la dominanza dell’oro nello sfondo dei mosaici allude alla luce divina e all’immortalità, mentre i soggetti sono associati a cavalieri auto-sacrificali, all’annientamento dei “draghi” verso un mondo migliore, ma anche alla tortura e alle ferite non rimarginate del corpo e dello spirito umano.

Photo Credits Pat Verbruggen Dal catalogo della mostra PIETAS

La sua lunga collaborazione con Jan Fabre ha dato vita a molti progetti importantissimi. Quale tra questi ha avuto il maggiore impatto su di lei, non solo come PhD in storia dell’arte, museologa e curatrice, ma anche a livello personale?

Quando penso ai progetti più emozionanti e iconici di Jan Fabre, non posso fare a meno di ricordare la mostra “PIETAS” del 2011 alla Biennale di Venezia. È stato un onore lavorare a un evento di questa portata, che non solo ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte, ma che ha toccato profondamente chiunque abbia avuto la fortuna di visitarlo. La mostra presentava cinque sculture monumentali in marmo, tra cui una straordinaria reinterpretazione della Pietà di Michelangelo.

Il tutto collocato nella Nuova Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia, un edificio rinascimentale di rara bellezza. Fabre ha un profondo rispetto per i luoghi storici e per gli artigiani che, nei secoli, hanno dato vita a capolavori immortali. Per questo motivo, le sue sculture sono state realizzate a Carrara, utilizzando il marmo bianco della stessa cava che fornì il materiale a Michelangelo. Un dettaglio che per me ha dato ulteriore profondità a tutto il progetto. Ho avuto il privilegio di curare questa mostra insieme a Giacinto Di Pietrantonio, un grande storico dell’arte e ora mai un amico. “PIETAS” è stata promossa da istituzioni di prestigio come la GAMeC di Bergamo, il Mous di Salonicco (ex Museo Statale d’Arte Contemporanea di Salonicco) e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. Lavorare a questo progetto è stata un’esperienza unica.

Photo Credits Pat Verbruggen Dal catalogo della mostra PIETAS

Naturalmente non potrei concludere questa intervista senza chiederle dei progetti piu significativi di Jan Fabre in Italia.

Per Jan Fabre l’Italia è una fonte di continua ispirazione. Fondamentalmente il suo profondo rapporto con la mitologia greca si manifesta più in Italia che in Grecia e nella vostra penisola ho visto molte sue opere importanti, produzioni grandi, e le ho seguite anche prima che iniziassimo la nostra più stretta collaborazione, quasi 20 anni fa.

Ho anche visto Jan Fabre molte volte in mostre collettive in Italia, come al Palazzo Fortuny insieme ad altri artisti eccezionali, come in quelle tuttora realizzate da Axel Vervoodt. Tuttavia, ricordo ancora la sua prima mostra su larga scala dal titolo “From the celar to the attic, from the feet to the brain” nel 2008 alla Kunsthaus Bregenz in Austria, alla quale abbiamo collaborato. Successivamente, nel 2009 la mostra è stata spostata all’ Arsenale Novissimo di Venezia una presentazione della Kunsthaus Bregenz in collaborazione con la GAMeC di Bergamo. E questa mostra, più provocatoria di altre, ruota intorno alla vulnerabilità e alla grandezza dell’esistenza, con un riferimento diretto alla funzione e alle contraddizioni “costruite” del corpo umano.

Un’altro momento molto importante era la mostra per i 40 anni di creazione sculturale del artista,entro la 57 Biennale di Venezia, intitolata “Glass and Bone sculpture, 1977 – 2017” presso l’Abbazia di San Gregorio a Venezia, accanto la Salute. Un progetto incentrato sulla nozione cruciale di metamorfosi, che ha presentato opere solo in vetro e osso realizzate tra il 1977 e il 2017. Questa volta i curattori eravamo tre: Giacinto di Pietrantonio Dimitri Ozerkov ed io. Questa mostra e’ stata un omagio alla fluidita’ del tempo, della vita, con riferimento, come sempre, all’ uomo,ma anche alla citta lagunare. 

Tuttavia, anche se sono molto legata al progetto “PIETAS” alla Biennale di Venezia nel 2011ed a un alto piu piccolo presentato a, durante la Biennale 3 Salonico non potrei non parlare del suo ricente lavoro a Napoli e l’ultima mostra personale di Jan Fabre, intitolata “To Eusebia, Laura and Joanna” a Napoli. L’artista rende omaggio a tre donne: Eusebia, che raccolse il sangue di San Gennaro dopo il suo martirio, la gallerista Laura Trisorio e Joanna De Vos, sua moglie. La mostra presso lo Studio Trisorio presenta tre sculture in corallo rosso (dal golfo di Napoli) e diciotto disegni. Queste opere, entrate nel 2022 nelle collezioni permanenti napoletane, sono ora conservate rispettivamente nella Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro e nella Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco. E che onore piu grande per un artista contemporaneo vivente di ‘coesistere’ con le sue opere con quelle di Caravaggio.

Ma l’ “incoronazione” di questo unico progetto a Napoli, e’ stato il suo matrimonio e il battessimo di suo figlio circa un’ anno fa. The Ultimate Performance!

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