La Grande Brera: Palazzo Citterio è ancora un cantiere aperto, ma il momento è davvero storico

Apertura dimezzata, solo il pomeriggio, da giovedì a domenica (ma andate sul sito, qualche posto, a partire da domenica 8, si trova ancora si https://pinacotecabrera.org/visita/biglietti/, al costo di 12 euro), ma l’importante è che l’apertura ci sia. Dopo 52 anni, e una serie infinita di cantieri, magagne, ritardi, Palazzo Citterio si mostra finalmente al pubblico e – possiamo dirlo – merita davvero di essere visto

Un momento epocale, hanno detto alcuni. “Importante”, ha chiosato il direttore Angelo Crespi, emozionato (è evidente) ma con i piedi ben piantati a terra: sa che questo è solo l’inizio, che siamo in fase di rodaggio, che molto ancora c’è da fare.

Vogliamo partire da qui, così da toglierci il pensiero? Allora, il Palazzo è ancora un cantiere fresco fresco, manca una biglietteria effettiva, il giardino deve essere accomodato così come il collegamento, tramite passaggio pedonale, con l’area dell’Orto Botanico e la Pinacoteca di Brera che permetterà di passare internamente da un edificio all’altro.

Si procede un passo alla volta, come giusto che sia. Per il momento, ad accoglierci all’ingresso del Palazzo, c’è il tempietto-installazione di Mario Cucinella, architetto che ha firmato anche gli allestimenti interni: costituito di legno chiaro, rimanda nella sua forma architettonica al tempo che fa da sfondo al celeberrimo Sposalizio della Vergine di Raffaello, opera capitale della Pinacoteca di Brera. “Realizzarlo è stato come realizzare un gioco – ha detto Cucinella – ma quel che volevamo sottolineare era l’ideale continuazione tra la pinacoteca e questo nuovo palazzo”.

MCA Palazzo Citterio ©Walter Vecchio

L’installazione (che preclude la vista generale del cortile interno e questo, a nostro giudizio, è un peccato) rimarrà per tutta la Design Week (è stata donata dal Salone del Mobile e siamo certi sarà instagrammata bene): in futuro, potrebbe essere spostata nella parte interna del giardino. Come si diceva, si procede un passo alla volta. 

Anche perché, nel frattempo, il ministero della Cultura da Roma deve rimpolpare l’organico dei custodi di sala: i sindacati – con scioperi annunciati ma poi annullati e altre manifestazioni – sono sul piede di guerra e chiedono contratti sicuri e non assunzioni temporanee. Crespi che, nonostante sia il direttore generale non può dirimere la questione che è competenza del ministero, è fiducioso però in una risoluzione nel giro di tre o quattro mesi. Comunque sia, anche con l’aggiunta dei 50 custodi necessari a mandare Palazzo Citterio a regime, lo spazio, specie nel piano nobile, non può gestire gli attuali flussi di Brera (la Pinacoteca macina 500 mila presenze all’anno) e questo – per noi – è un valore aggiunto.

Con le sue stanze non ampie e i corridoi, Palazzo Citterio riserva infatti al visitatore una visita più intima, quasi domestica, in particolare nel suo cuore, che è appunto il piano nobile. Qui, a partire dalla sala numero 40 (in continuità con la Pinacoteca, che si chiudeva con la numero 39) il percorso comincia con la grande Fiumana” di Giuseppe Pellizza da Volpedo, che finalmente trova una degna sede. Si procede poi con le sale (sono le più belle) dedicate alla collezione Jesi. Per queste opere (sono 79 in tutto) è quasi un ritorno a casa: Emilio Jesi, che le donò allo Stato «per il godimento di tutti», abitava infatti all’ultimo piano di questo signorile palazzo settecentesco, diventato di proprietà pubblica solo negli anni Settanta. 

Non vale la pena ricostruire tutte le annose vicende che da allora conducono ad oggi, ma una suggestione dobbiamo riportarla: fu proprio l’allora direttore di Brera Franco Russoli, nel ’72, a suggerire che il Palazzo diventasse una sorta di “Grande Brera” per accogliere le opere del Novecento e quella dell’arte che poi sarebbe arrivata (e che intanto veniva accumulata nei depositi della Pinacoteca). 

MCA Palazzo Citterio ©Walter Vecchio

Una felice intuizione che riesce a realizzarsi solo oggi: la collezione Jesi e Vitali, per un totale di 200 opere di grande valore, è ora esposta al piano nobile in un allestimento che ne impreziosisce la visita. Le sale affrescate, le finestre aperte (grazie a filtri speciali che non danneggiano i quadri), il sapiente uso della luce di Cucinella regalano al visitatore una visita che emoziona: si comincia con l’Autoritratto di Boccioni e con la sua Rissa in Galleria e si prosegue con Soffici, Severini, De Pisis, Martini, due meravigliosi ritratti di Modigliani, un Picasso (la “Testa di Toro” del ’42), e poi ancora Campigli, Carrà.

Questa parte è un crescendo di emozione: siamo on in un white cube, ma in spazi domestici, ora mirabilmente abitati dalle opere troppo a lungo tenute nei depositi. Il Novecento torna a respirare e lo fa anche nell’altro lato del piano, che ospita la collezione Vitali con una pregevole serie di nature morte di Morandi e una parte, che appare quasi inaspettata, legata all’arte antica che Cucinella ha pensato bene di valorizzare in un salone ricco di specchi, tavoli e teche. Alla fine, ricompaiono dai depositi i 152 Autoritratti di Cesare Zavattini e le 23 Fantasie di Mario Mafai, per chiudere con De Chirico e Savinio.  Il percorso è notevole, punteggiato di opere e di rimandi: andrebbero forse migliorate le didascalie e i pannelli per agevolare il percorso dei visitatori (il direttore Crespi ha già assicurato di intervenire su questo).  

MCA Palazzo Citterio ©Walter Vecchio

Mentre nella biglietteria, in collaborazione con il (futuro) Museo Nazionale di Arte Digitale e con MEET Digital Cultural Center sarà esposto un “capitolo” dell’iconica opera Renaissance Dreams di Refik Anadol (siamo certi che l’effetto sarà notevole ma ieri, alla preview per la stampa, l’opera non era ancora attiva), al secondo piano e al piano ipogeo ci sarà spazio per le mostre temporanee.   

Interessante, se vi piacciono le storie e i documenti, la ricostruzione al secondo piano de “La Grande Brera. Una comunità di arte e scienze” (fino al 9 marzo), a cura di Luca Molinari e densa di foto, documenti, testimonianze della storia architettonica e sociale di tutto il complesso di Brera. L’ultima tappa del percorso di visita è al piano ipogeo, firmato in stile post-brutalista da James Stirling negli anni Ottanta: è una “scatola grigia” finora usata per eventi (specie di moda) e che ora sarà votata alle mostre temporanee di arte contemporanea.

Mario Ceroli La forza di sognare ancora

Fino al 23 marzo, arriva la personale Mario Ceroli. La forza di sognare ancora a cura di Cesare Biasini Selvaggi, nata in collaborazione con la Gamc di Roma. L’artista, quasi novantenne e di stanza a Roma, ha portato a Milano una foresta di sculture in legno che ben si adatta a uno spazio che si presenta promettente per questo genere di proposte. Siamo solo agli inizi, come diceva qualcuno: the best is yet to come

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