La croce come simbolo che pervade il quotidiano. Sono 27 le croci protagoniste del progetto di ricerca di Giulio Iacchetti in mostra fino al 7 luglio al Castello Carlo V di Lecce. Croci ottenute attraverso elaborazioni formali e materiche, dall’argento al ferro battuto, dal tubolare d’acciaio al vetro soffiato e alla fibra di carbonio, ma anche rielaborazioni di oggetti della quotidianità, da una chiave a un mattone, da una pista elettrica per macchinine a un materasso. Oltre all’aspetto religioso, per Iacchetti questa mostra rappresenta un punto di partenza per esplorare il significato che viene attribuito alla simbologia nella cultura occidentale e il valore attribuito.
“Cruciale – 27 croci”, curata dalle progettiste e docenti di design Stefania Galante e Rosaria Copeta , è la sintesi di una ricerca di Iacchetti durata dieci anni, tuttora in corso. Un insieme di oggetti messi in dialogo con la città in cui la croce è indagata nelle sue potenzialità formali e progettuali. Se è vero com’è vero che il design si contraddistingue per la capacità di dire altro, Iacchetti dimostra come il design contemporaneo non risponda soltanto ad istanze funzionali ma possa, anche, stimolare il pensiero, suscitare reazioni, sentimenti ed emozioni. Non è un caso che la ventisettesima croce, sia un’installazione site specific pensata appositamente per la mostra leccese. Essa è contraddistinta da una sintesi formale che, nella sua concezione, dimostra l’abilità di Giulio Iacchetti di creare oggetti che racchiudono più significati.
Con la sua forma essenziale priva di qualsiasi tipo di aggettivazione, il materiale lapideo e la presenza del dispositivo apicale che rimandano alle croci dei cimiteri di guerra, la numero 27 è uno schiaffo in piena faccia per il suo significato. La vite alla base, termine che non a caso è il plurale di vita, in posizione opposta alla croce, sembra ricordare il dualismo dell’esistenza umana. E ancora, allo stesso tempo, la prova della trasformazione del moto rotatorio in lineare e viceversa, quel girare apparentemente su stessa, in realtà, avanzando, vincendo la resistenza dei materiali.
Quello di Iacchetti è un objets à réaction poétique il cui senso è “nel saper ascoltare prima di imporre, nel misurare il gesto che trasforma e crea, adattandolo al contesto progettuale, nel forzare dolcemente più che costringere un materiale ad asservire un’idea astratta, al fine di generare non solo espletamento di funzioni, ma anche e soprattutto emozioni” (Iacchetti, Ragni, 2003).