L’estate degli artisti (Pt.4)

La Warhol Estate affacciata sull’Oceano Atlantico era la residenza estiva dell’artista, icona pop, degli anni Sessanta. È qui che Andy Warhol fuggiva dalla frenesia di New York – e dal suo studio di Midtown a Manhattan – portando con sé degli invitati altrettanto famosi: Jacqueline Kennedy Onassis, i Rolling Stones, John Lennon, Liz Taylor, Catherine Deneuve, Truman Capote o Keith Haring, per citarne alcuni.

Non tutti si possono, però, permettere una casa di fronte all’Oceano Atlantico e allora scopriamo insieme, dove vanno e cosa fanno gli artisti che abbiamo intervistato. Come passeranno l’estate?

Giuseppe Veneziano

Giuseppe Veneziano

La sua ricerca artistica è  attenta alla rappresentazione dei dilemmi che caratterizzano la società attuale in tutte le sue forme – politica, spettacolo, costume –, ma anche memore delle evoluzioni e dei percorsi dell’arte nella storia.  Iconografie pop si fanno portavoce, di temi cruciali della società contemporanea, collocando sullo stesso piano personaggi reali e di fantasia, dal Papa a Biancaneve.

Io da qualche anno vivo a Pietrasanta e quindi è come essere sempre in vacanza, ma anche sempre a lavoro. Sono appena tornato dalla Puglia dove ho presentato un libro, “Cambio vita, vado al Sud. Diventare terroni e vivere felici”, di  Alessandro Brunello, e ad agosto andrò in Sicilia per stare un po’ in famiglia.

Nel frattempo, sto preparando una mostra  al Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto a ottobre con Vittorio Sgarbi.

E poi è in programma, ma non ho ancora le date, dovrebbe essere dopo il 15 agosto, una mostra a  Pietrasanta presso la Galleria Futura. Sarà una specie di riedizione della “Banana blu”, con degli inediti. Ho fatto delle piccole sculture della Banana blu, un’edizione di 1 a 100, sarà esposta anche la scultura monumentale, che stiamo restaurando. Insomma, un back to Blue Banana. La mostra era rimasta nell’immaginario di molti e allora Augusto Palermo della  Galleria Futura ha deciso di riproporla.

Giovanna Maria Lacedra

Giovanna Maria Lacedra

Con il suo lavoro di pittrice e  performer tocca i temi più difficili di quella che è la femminile quotidianità. Il suo corpo è un prezioso strumento al servizio dell’arte. Una delle sue prime performance  “Io sottraggo” affrontava il dramma dell’anoressia.

La mia estate è fatta di tempo che si diluisce, e di una me che torna a casa, dopo mesi e mesi frenetici e densi di doveri e scadenze. Amo l’estate perché sono una creatura freddolosa e che conquista ottimismo e serenità nelle giornate di sole e con le alte temperature. Adoro le lunghe giornate estive, durante le quali il tempo sembra essere generosissimo con me. Sembra dilatarsi, torna mio. Finalmente posso rallentare, fare spazio mentale e temporale a riflessioni, pensieri, intuizioni. Finalmente posso sdraiarmi in spiaggia, non pensare a niente mentre penso a tutto, e ricordare ciò che ho dovuto dimenticare per concentrarmi su altro. Ricordo per trasformare il veleno in medicina, o in un nuovo progetto artistico. In estate sono più ricettiva e predisposta al germogliare di nuovi progetti. Sono maggiormente in contatto con la mia creatività. Dedico molto del mio tempo a lunghe passeggiate o pedalate nella natura, nelle pinete, nei boschi, e quando sono sulla riviera ravennate, che è la mia spiaggia del cuore, mi sveglio alle cinque del mattino per godermi l’alba in totale solitudine e cammino accanto al mare per due ore, in silenzio, osservando il giorno nascere e ascoltando la voce dell’acqua. Durante l’estate viaggio, soprattutto in Italia. Amo visitare borghi, città d’arte, basiliche, cattedrali, siti archeologici, musei, per rivedere ciò che già conosco e soprattutto per lasciarmi sorprendere da una bellezza nuova, dalla bellezza della storia che sempre mi viene addosso. Durante l’estate mi dedico a mia madre, che vive dall’altra parte della penisola e che vedo mediamente tre volte all’anno. Vado a trovarla e poi la porto al mare con me. Ecco, tutte queste attività e pause mi servono per ascoltarmi e fluire. Un’opera che nasce è sempre conseguenza di un ascolto lento e profondo, di noi stessi, della natura, dell’altro. Ognuno coltiva a suo modo questo ascolto. Io lo faccio così e lo faccio soprattutto d’estate.

Max Papeschi

Max Papeschi

Milanese, prima di approdare nel mondo dell’arte contemporanea, contava già  una serie di importanti esperienze in vari ambiti creativi – teatrale, televisivo e cinematografico – nella veste di autore e regista. La grande capacità di quest’artista è quella di offrirci delle immagini gioiose, simpatiche, ironiche, ma con un retrogusto di denuncia politica che a volte è preponderante.

Solitamente d’estate cerco di fare almeno un viaggio che mi ispiri. Due anni fa andai a Creta e poi a Parigi e dopo quell’estate ho sviluppato il progetto Extinction (cinquantaquattro sculture in terracotta e un video rielaborato dall’intelligenza artificiale, che raccontano in forma parodistica il tema della guerra e dell’impoverimento culturale ndr). Mi piace visitare posti anche lontani dove durante l’anno non riesci ad andare dove sviluppare idee e progetti. Quest’anno andrò  in Africa, in Tanzania posto bellissimo e che spero mi ispiri per nuovi lavori.

In autunno dovrebbe esserci  una mostra all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, lo dico al condizionale per scaramanzia, e stiamo lavorando anche  sul capitolo due di Extinction che contiamo di fare a  fine anno o la prima metà dell’anno prossimo. I miei sono progetti complicati, dal punto di vista organizzativo, ma mi diverto, è stimolante.

E adesso,  Africa,  a cercare idee.

 L’estate continua e anche le nostre interviste…

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