News in overdose di tecnologia? Slow Journalism come risposta

L’evoluzione del giornalismo non è mai stata separata dai progressi tecnologici. La stampa di Gutenberg, la telegrafia e, più recentemente, Internet hanno ridefinito la produzione e il consumo delle notizie. Tuttavia, l’ascesa dell’Intelligenza Artificiale (IA) e dei new media sta introducendo cambiamenti di portata epocale, sollevando interrogativi su come l’ecosistema giornalistico possa preservare i suoi valori fondanti di accuratezza, trasparenza e responsabilità.
L’IA si configura come un’arma a doppio taglio per il giornalismo contemporaneo: da un lato, offre strumenti innovativi per migliorare la raccolta e l’analisi dei dati, dall’altro, pone rischi concreti per l’etica professionale.

L’IA come motore di innovazione

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è DALLE-2024-11-17-131618-Un-giornalista-ispirato-ai-film-americani-degli-anni-50-con-un-tocco-vintage-sta-usando-una-macchina-da-scrivere-unica-che-e-un-computer-cervellone.webp

Francesco Marconi, nel libro Newsmakers: Artificial Intelligence and the Future of Journalism, illustra come i sistemi basati su IA possano automatizzare compiti come la produzione di contenuti ripetitivi, l’analisi di grandi dataset e la personalizzazione delle notizie per specifici gruppi di lettori. Ad esempio, il Washington Post utilizza un bot, Heliograf, per generare articoli su eventi sportivi e risultati elettorali, liberando risorse umane per approfondimenti investigativi, ciò avviene già dal 2020 (The Washington Post to debut AI-powered audio updates for 2020 election results).
Allo stesso modo, la Reuters ha adottato strumenti di machine learning per identificare tendenze nei mercati finanziari e generare contenuti accurati in tempo reale. Questi esempi dimostrano come l’IA possa diventare un alleato prezioso, aumentando l’efficienza delle redazioni e ampliando la capacità di copertura delle notizie.

L’illusione dell’imparzialità algoritmica

Nonostante i vantaggi offerti dall’IA, emergono criticità significative. Jason Paul Whittaker, in Tech Giants, Artificial Intelligence, and the Future of Journalism, sottolinea come l’automazione nei processi decisionali dei media possa rafforzare i bias preesistenti anziché eliminarli. Gli algoritmi, progettati e addestrati da esseri umani, possono perpetuare pregiudizi culturali e ideologici, influenzando la selezione delle notizie e la gerarchizzazione dei contenuti.


Un esempio concreto riguarda le piattaforme social, dove gli algoritmi promuovono contenuti sensazionalistici o polarizzanti per massimizzare il coinvolgimento degli utenti. Il rischio, evidenziato da Biswal e Kulkarni in “Exploring the Intersection of Artificial Intelligence and Journalism”, è che il giornalismo perda il suo ruolo di utilità pubblica e si trasformi in un semplice strumento per catturare l’attenzione. Non dobbiamo andare lontano, basta aprire una qualunque fra le maggiori testate italiane per trovarsi impigliati tra notizie sensazionali, gossip, pubblicità, post automatici dai social e redazionali, senza avere possibilità di capire dove finisce un contenuto e dove inzia un altro.

La sfida dei new media: qualità contro quantità

Nel libro Rethinking the New Technology of Journalism, Seong Jae Min propone un approccio basato sullo “slow journalism” per contrastare questa tendenza. Il concetto di giornalismo lento invita a una riflessione più profonda e a un’analisi accurata dei fatti, rifiutando la pressione di pubblicare velocemente per competere nell’arena digitale. Questo modello potrebbe rappresentare un antidoto all’iperproduzione di contenuti superficiali che caratterizza i new media.
Un pensiero significativo tratto da Slow Journalism: Chi ha ucciso il giornalismo? di Daniele Nalbone e Alberto Puliafito riguarda la natura dello slow journalism come metodo di lavoro, e non solo come una semplice denuncia. Gli autori sottolineano che essere “slow” significa pubblicare contenuti solo quando sono pronti per esserlo, meglio, più che prima.

Nuove professioni nel giornalismo

Il Reuters Institute for the Study of Journalism, l’importante istituzione accademica con sede presso l’Università di Oxford, è un punto di riferimento globale per lo studio delle trasformazioni nel mondo del giornalismo. L’istituto analizza l’evoluzione del settore alla luce delle nuove tecnologie, dei cambiamenti nei modelli di business e delle mutevoli abitudini del pubblico. Attraverso il suo Reuters Institute, Digital News Report 2024, pubblicato annualmente, il Reuters Institute esplora temi come l’ascesa dei social media come fonti di notizie, l’impatto delle piattaforme digitali sull’accesso alle informazioni e il declino del giornalismo tradizionale. L’istituto sottolinea la necessità di innovazione nelle redazioni e l’importanza di preservare i valori etici e la qualità editoriale in un contesto sempre più dominato dalla tecnologia e dai modelli di consumo frammentati.
Le nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale e i media digitali, stanno trasformando il panorama giornalistico, creando opportunità per nuove professioni altamente specializzate.

Tra queste, il data journalist occupa un ruolo centrale, combinando competenze giornalistiche con la capacità di analizzare e interpretare grandi set di dati per ricavare storie rilevanti. Accanto a questa figura emerge il designer di visualizzazioni dati, che traduce i dati complessi in grafici e rappresentazioni visive interattive per facilitare la comprensione da parte del pubblico. Un altro ruolo chiave è il tecnologo delle redazioni, incaricato di integrare strumenti di automazione e intelligenza artificiale nei flussi di lavoro giornalistici, migliorando la produzione e distribuzione dei contenuti. Crescono anche i social media strategist, responsabili di ottimizzare la diffusione delle notizie sulle piattaforme social attraverso algoritmi e analisi dei comportamenti degli utenti, e gli specialisti SEO che lavorano per aumentare la visibilità degli articoli nei motori di ricerca. Infine, si fanno strada i fact-checker digitali, esperti nell’uso di tecnologie avanzate per verificare l’autenticità delle informazioni e combattere la disinformazione. Queste professioni richiedono un mix di competenze tradizionali e tecnologiche, segnando un’evoluzione del giornalismo verso un modello sempre più integrato con il mondo digitale.

Riconciliare tecnologia e valori giornalistici nel 2024

Sempre nel Digital News Report troviamo dati utili.
Le piattaforme storiche come Facebook e X (ex Twitter) stanno riducendo la loro rilevanza come canali di accesso alle notizie, spingendo molti utenti verso applicazioni più visuali e orientate ai video, come TikTok, Instagram e YouTube. TikTok, in particolare, ha visto una crescita del 13% nell’uso per le notizie, con punte più alte tra i giovani e nei mercati emergenti.
Le preoccupazioni legate alla disinformazione sono aumentate: il 59% degli intervistati è preoccupato per la difficoltà di distinguere contenuti affidabili da quelli falsi. TikTok e X sono percepiti come i più problematici in questo ambito.
La fiducia generale nei media rimane al 40%, stabile rispetto all’anno precedente ma significativamente inferiore ai livelli registrati durante la pandemia. Paesi come Finlandia mostrano alti livelli di fiducia (69%), mentre nazioni come Grecia e Ungheria si attestano al minimo (23%). Il divario generazionale si evidenzia ulteriormente: i giovani, che accedono maggiormente alle notizie tramite piattaforme social, mostrano una fiducia più debole.
I video brevi dominano il consumo di notizie: il 66% degli intervistati guarda video di notizie di pochi minuti ogni settimana, con livelli più alti nei mercati emergenti. Allo stesso tempo, i creator e gli influencer stanno diventando sempre più rilevanti come fonti di notizie, soprattutto su piattaforme come TikTok e YouTube.
Un numero crescente di utenti (39%) evita deliberatamente le notizie, un aumento del 10% rispetto al 2017. Le principali ragioni includono la natura negativa e ripetitiva dei contenuti, che genera ansia e senso di impotenza. Questo fenomeno è particolarmente marcato in mercati come Spagna, Italia e Brasile.

Conclusione

Il giornalismo contemporaneo si trova a un bivio cruciale, e troppo spesso le redazioni sembrano cedere alla frenesia della quantità, sacrificando la qualità sull’altare del traffico e della velocità. L’ossessione per la produzione continua di contenuti e per il primato della pubblicazione immediata ha alimentato un circolo vizioso che rischia di erodere la fiducia del pubblico e il valore intrinseco dell’informazione. L’informazione negli ultimi 25 anni è stata Google-centric.
Una ovvietà che pare scordata: il valore del giornalismo non si misura nel numero di articoli prodotti, ma nella loro capacità di offrire chiarezza, contesto e significato in un mondo sempre più caotico. La superficialità e la mancanza di verifiche approfondite non solo minano la credibilità dei media, ma sviliscono anche il ruolo del giornalismo come pilastro democratico.
In questo scenario, il movimento dello slow journalism rappresenta una risposta necessaria e urgente. Concentrandosi sull’approfondimento e sull’analisi critica, lo slow journalism incarna l’essenza del giornalismo di qualità: non essere il primo, ma essere il più utile. Tuttavia, abbracciare questo approccio non significa ignorare le opportunità offerte dalla tecnologia. Al contrario, le nuove professioni tecnologiche – dai data journalist ai designer di visualizzazioni, dai tecnologi redazionali agli specialisti SEO – sono alleati indispensabili per costruire un ecosistema informativo che sia contemporaneamente innovativo e rispettoso dei valori fondamentali del mestiere.
Il richiamo per noi redazioni è chiaro: investire in qualità non è solo un atto di responsabilità, ma un imperativo strategico. La combinazione tra lentezza riflessiva e strumenti tecnologici avanzati può trasformare il giornalismo da semplice produttore di contenuti a guida illuminata in un mondo complesso. È un futuro che richiede coraggio, ma che è pienamente raggiungibile – purché si abbia la volontà di scegliere la strada meno battuta, quella della qualità senza compromessi.

Bibliografia

  1. Marconi, Francesco. Newsmakers: Artificial Intelligence and the Future of Journalism. Columbia University Press, 2020.
  2. Whittaker, Jason Paul. Tech Giants, Artificial Intelligence, and the Future of Journalism. Routledge, 2019.
  3. Min, Seong Jae. Rethinking the New Technology of Journalism: How Slowing Down Will Save the News. Pennsylvania State University Press, 2022.
  4. Biswal, Santosh Kumar, and Kulkarni, Anand J. Exploring the Intersection of Artificial Intelligence and Journalism: The Emergence of a New Journalistic Paradigm. Routledge, 2024.
  5. Nalbone, D., & Puliafito, A. Slow Journalism: Chi ha ucciso il giornalismo?, Fandango Libri, 2019
  6. Reuters Institute for the Study of Journalism. (2024). Digital News Report 2024. Oxford: University of Oxford. Disponibile online: https://reutersinstitute.politics.ox.ac.uk/digital-news-report/2024.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Artuu Newsletter

Scelti per te

Seguici su Instagram ogni giorno