Le storie che raccontiamo attraverso l’arte sono anche la nostra resistenza. Recita così un passaggio di voce in ucraino di Andrey Stefanov, nel potente documentario Porcelain War.
Combattere la guerra ribellandosi con l’arte, non con le armi, è questo il topic di Porcelain War, documentario del 2024 diretto dal regista americano Brendan Bellomo in co-regia con Slava Leontyev, che racconta la storia di tre artisti ucraini che hanno scelto di rimanere al servizio del proprio paese con onore, con le armi e con l’arte. Con grande forza ed emotività, questo lavoro ci trasporta nelle vite di chi lotta per affermare la sua orgogliosità di essere parte di una Nazione che da anni combatte l’occupazione russa.
Le storie che raccontiamo attraverso l’arte sono anche la nostra resistenza: questo è il mantra dei tre artisti ucraini Slava Leontyev, Anya Stefanova e Andrey Stefanov, vicini anche come compagni d’armi nelle Forze Speciali. Le loro azioni sono importanti per cercare di comprendere la situazione attuale di chi vive in una terra che spera sempre di poter vedere il prossimo sole, prima o poi.
Distruggere la cultura di un popolo significare cancellarne la memoria e il senso di appartenenza.
Porcelain War ce lo racconta con brutalità, mostrandoci come la bellezza delle creazioni di Slava e Anya si ispirino alla natura e alla vita quotidiana. Il film si apre con una scena intima, con un Slava Leontyev lontano dalla sua divisa di trainer insieme ai soldati nell’area di addestramento, lo si vede disteso sull’erba abbracciato al suo cane terrier Frodo. Slava condivide con sua moglie Anya la passione per l’arte della porcellana, mentre lui modella, lei dipinge. Riparano soprattutto figure animalesche (in una scena un piccolo gufo restaurato si gode la desolazione del passaggio delle bombe), e lo fanno con grazia e rispetto verso un mestiere che insegna a prendersi cura. Un po’, similmente, come fa il Kintsugi, tecnica di restauro giapponese che consiste nel riparare qualsiasi tipo di oggetto con polvere di oro. Le loro opere in ceramica diventano quindi dei portafortuna, degli amuleti che attraversano i campi di guerra.
Insieme a loro il pittore, e per l’occasione anche operatore, Andrey Stefanov, che ha temporaneamente messo da parte i pennelli per imbracciare le armi, pur continuando a documentare la realtà circostante attraverso la fotografia. L’espressione artistica e l’arte quindi diventa terapia di vivere, di comunicare, di ribellarsi, di affrontare la realtà. Il potere delle opere di Slava Leontyev e Anya Stasenko si fa simbolo di una cultura graffiata, un paese fragile, ma incredibilmente resistente, che trova nell’arte un mezzo per preservare la propria identità.
La determinazione di Slava, di Anya e Stefanov serve anche ad allenanare la mente, rimanendo in costante ispirazione. È il gesto che si oppone al principio fondante di un conflitto: la cancellazione. È certo che l’arte dei tre protagonisti di Porcelain War assumerà per gli anni a venire un valore documentaristico, custodendo storie e immagini che svanirebbero sotto le macerie. È il modo in cui un popolo dice: “Noi siamo ancora qui”. Un gesto artistico che oltre a essere un atto di ribellione contro un sistema oscuro e impietoso, è anche un modo per preservare l’umanità e la speranza.
Porcelain War è vincitore del Sundance Grand Jury Prize 2024, è stato inserito nella short list dei migliori documentari alla 97esima cerimonia degli Oscar 2025 ed è in corsa per altri importanti riconoscimenti. Certamente l’arte non può essere paladina e risoluzione di tutto, specialmente in un conflitto che va avanti da anni, ma può farti sentire vivo e ispirato e riempirti le giornate di colore, anche quando di colore intorno a te esiste unicamente il nero.