Pucci: “l’animale nelle mie opere ha un ruolo catartico”

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Intervista a tuttotondo, dall’urlo del babbuino fino ai più recenti cortocircuiti.

Nicola Pucci è uno spirito libero, inizia a dipingere da autodidatta e nel tempo la sua tecnica diventa sempre più sapiente e consolidata. Il suo lavoro è stato esposto in Italia, in Gran Bretagna, in Francia, in Corea del Sud e negli Stati Uniti, ha guadagnato l’attenzione di commercianti d’arte di fama mondiale come Larry Gagosian, di intenditori e collezionisti come Carlo Bilotti, fino a quella di critici del calibro di Claudio Strinati e Philippe Daverio.

La sua pittura travalica costantemente i confini della realtà, generando un’energia fisica e mentale dal forte impatto emotivo. Nelle sue opere c’è sempre una forte componente di decontestualizzazione, avviene qualcosa di improbabile oppure vi sono delle vere e proprie incursioni, elementi presi da contesti diversi, personaggi che nella realtà non avrebbero accesso, entrano d’improvviso in un mondo dove tutto può accadere, generando un “clash”.

“Clash” è anche il titolo della sua ultima personale curata da Gianluca Marziani e visitabile fino al 14 maggio presso la galleria Von Buren Contemporary di Roma

Per conoscerlo meglio sono andata ad intervistarlo nel suo loft di Palermo, una casa-studio dove vive con una gallina ed un gallo.

Nicola Pucci nel suo studio

Come hai iniziato?

Fin da bambino ho sentito quest’arte molto mia, disegnare mi dava un senso di libertà, il mio primo mezzo di comunicazione sono stati la matita e i carioca, mia madre mi assecondava in questo, poi per il resto sono un autodidatta.

Come hai imparato a dipingere?

Sono uno spirito libero e molto curioso, dopo il liceo classico ho seguito solo un corso di grafica e illustrazione all’Istituto Europeo di Design di Roma, ma ti confesso che neanche questo frequentavo assiduamente. Dipingevo già da tempo e preferivo andare in giro ad osservare i capolavori dei musei e delle chiese, eseguivo disegni, appunti e qualche furtiva foto, poi tornavo a casa e cercavo di carpirne i segreti.

E non avevi neanche un tutorial!

Ai tempi non c’era niente di tutto ciò, c’erano solo libri e riviste, ho imparato sperimentando e quando possibile documentandomi e leggendo varie biografie e trattati tecnici. Un approccio prevalentemente empirico che ancora oggi adotto.

Soffio aereo IV – olio su tela – 150×135 cm – 2023

La ricerca più bella è quella che si fa da autodidatta, la non ufficialità permette di sperimentare meglio ciò che si sente. Quali sono stati gli artisti che ti hanno fatto appassionare alla pittura?

Da adolescente ero circondato da libri e cataloghi d’arte, amavo sia la capacità tecnica dei pittori figurativi, sia l’aspetto emozionale di tutti gli altri. Per citarne alcuni, in ordine sparso, quelli che mi hanno ossessionato sono: Caravaggio, Kandinsky Rembrandt, Mirò, Rothko, Paolo Uccello, Tintoretto…Poi verso i 25 anni ho scoperto Francis Bacon ed è stata una folgorazione, perché condensava in sé questi due aspetti: è un figurativo con delle pulsioni astratte che vanno al di là della mera figurazione.

Il tuo studio è pieno di libri di Francis Bacon, cosa ti ha appassionato maggiormente di lui?

Francis Bacon è stato l’artista che ho amato più di chiunque altro, mi ha subito emozionato. In lui vedevo la perfezione, mi piaceva come gestiva la pennellata piatta rispetto a quella un po’ più materica. Nel suo espressionismo figurativo per me c’era tutto dal punto di vista artistico, c’era la figura ma percepivo anche le emozioni, c’era questa capacità di fondere gestualità e figurazione, poi amavo molto i suoi accostamenti cromatici.

Soffio aereo I – olio su tela – 90×80 cm – 2017.

Il primo quadro venduto?

Era un’ultima cena, era il 1997 ed esponevo per la prima volta in una mia personale nei locali della Provincia di Palermo, a Palazzo Comitini, ricordo ancora una grande emozione e un bel riscontro di pubblico.

Nelle tue opere iniziali vi sono solo figure umane, una di queste è “Lettura quotidiana”, ce la descrivi?

In “Lettura quotidiana” ho voluto rappresentare una situazione in cui prendono forma alcuni comportamenti ed atteggiamenti che fanno emergere le debolezze e le insicurezze umane. Sono un attento osservatore, ma non do mai giudizi morali. In questo quadro hanno iniziato a prendere forma il senso del movimento e dell’energia che poi sono diventati parte integrante dei miei lavori successivi. 

Lezione di volo III – olio su tela – 40×50 cm. – 2017

Poi nelle tue opere arriva la presenza dell’animale, quando avviene?

Il mio primo quadro in cui c’è la presenza di un animale è “Uomo con babbuino”.  Prima di allora ero attratto dall’ aspetto comportamentale umano nelle più disparate situazioni relazionali. I contesti erano verosimili o assolutamente inventati. In quel periodo avevo qualcosa dentro che volevo esprimere, ma ancora non sapevo come dargli sfogo, era un periodo in cui ero appassionato dal teatro dell’assurdo, da Ionesco, da Bunuel, dal Movimento Panico con Arrabal e Topor e tanti altri…

Come nasce “Uomo con babbuino”, l’opera di rottura che segna l’inizio di questa nuova fase?

Nasce come ritratto ad un amico e risale al periodo romano. Come dicevo è il primo quadro in cui c’è la presenza di un animale, il che non è per nulla casuale. Era infatti un quadro che, a causa di un fatto increscioso legato alla persona ritratta, avrei voluto distruggere per cancellarne completamente il ricordo. Ma un giorno ho preferito esorcizzarlo, inserendovi lo sbadiglio di un babbuino che poi nell’opera si è trasformato in un urlo di rabbia. Questo inserimento mi ha consentito di accettare il quadro e di vederlo in una forma nuova. Da quel momento ho voluto dare alla presenza dell’animale nelle mie composizioni un ruolo quasi catartico.

Corrida II – olio su tela – 135×150 cm. – 2018

Gli animali non sono più usciti dalle tue tele, sono rimasti una costante, che cosa rappresentano per te?

Sin da bambino sono sempre stato a contatto con gli animali, frequentavo molto la campagna ed era in certi casi un rapporto simbiotico. Non a caso ultimamente mi sono ritrovato a vivere con un gallo e una gallina, ma questa è un’altra storia! La cosa bella degli animali è che vivono il loro presente, non si complicano la vita come facciamo noi. Mi piace pensarli come esseri dotati di un’intelligenza di cui non conosciamo che una piccola parte.

Vivi nella tua casa-studio con un gallo, un soggetto che hai ritratto diverse volte. Come arriva nella tua vita?

Il gallo arriva con un altro quadro che rappresenta un’altra tappa importante del mio percorso pittorico: “Lezione di volo”, una composizione nata da una foto scattata a una mia amica mentre soffiava. A distanza di tempo ho pensato di mettere sopra quel soffio un pulcino. Poi, come immaginerai, quel pulcino è diventato adulto ed è rimasto con me.

Salto sul tram III – olio su tela – 160×200 cm – 2019

Con la tua pittura travalichi i confini della realtà, è come se l’onda emotiva nata dall’urlo iniziale del babbuino fosse continuata fino ad oggi generando un “clash”, un’energia cosmica che può scaturire da un impatto fisico o da un soffio. Che cosa avviene quando crei?

Quando creo non ho confini, ho una sorta di archivio mentale con cui compongo e relaziono tra loro immagini senza limiti di spazio e di tempo. Cerco sempre qualcosa che porti dentro di sé un’emozione. In questi momenti pittorici si sprigiona un’energia che è soprattutto emotiva, fatta di sensazioni che mi permettono di superare limiti e ostacoli mentali. Per me è molto importante la casualità degli avvenimenti, mi piace che le cose si trovino da sole, decontestualizzandosi, per creare cortocircuiti fisici e visivi.

Nelle tue tele elementi presi da contesti diversi entrano in contatto tramite un collage pittorico. Queste figure a volte sembrano ritagliate e appiccicate sulla tela. Come nasce l’idea del ritaglio?

Mi piace sottolineare la provenienza dei miei soggetti da mondi e da contesti diversi evidenziandone il ritaglio, allo stesso tempo dipingo in modo realistico il momento più assurdo e inverosimile. Infatti è proprio nella parte più impossibile che mi piace essere realistico pittoricamente, mi piace rendere verosimile il “clash”, creare la veridicità nel momento più impensabile.

Questi cortocircuiti, questi “clash”, hanno il potere di regalare a chi li osserva emozioni pittoriche inaspettate, sai spiegarti il perché? 

Quando dipingo percepisco più con i sensi che con la ragione, il mio sesto senso, il mio istinto e la mia energia si trasformano in qualcosa di sempre nuovo e inaspettato. Per me la pittura è un momento in cui avviene qualcosa, è un divenire, un racconto che muta man mano che lo faccio. Dipingo per addizioni e sottrazioni, poi a un certo punto mi impongo di fermarmi, di non intervenire, pur sapendo che quel racconto potrebbe ancora continuare. Quello che penso non è mai definitivo, non è mai finito un quadro per me.

Lettura quotidiana – olio su tela – 160×200 cm – 2021

Quindi, paradossalmente potresti dipingere sempre lo stesso quadro per tutta la vita senza mai finirlo, come fece Leonardo con la Gioconda. Ci hai mai pensato?

È un concetto interessantissimo a cui ho pensato spesso. In un certo senso questo “esercizio” lo metto in pratica lavorando le stampe dei miei quadri nella fase di “sporcatura”.

Come realizzi questa fase che chiami di “sporcatura”?

È un modo di dipingere che adotto da una decina d’anni. Prima realizzo il quadro in maniera abbastanza realistica poi, un attimo prima di “sporcarlo”, lo fotografo e lavoro su delle stampe numerate parallelamente al quadro. In questo modo sono molto più libero e spregiudicato e questo rende il mio lavoro molto più interessante. Nella fase di “sporcatura” lavoro in maniera gestuale e materica, se il quadro è molto grande lo stelaio in modo tale da poterci camminare sopra, il mio lavoro diventa quasi una danza.

Insomma un dripping

Piu che un dripping è proprio un caos, nel senso che lavoro sia sul colore molto liquido, che sul colore materico dando colpi di spatola. È un voler cancellare quello che ho fatto in precedenza in maniera razionale, è l’annullamento della ragione, è il lato emotivo che prende il sopravvento. In questa fase il colore a olio liquido prende delle forme sue, cammina e si muove. È una fase assolutamente imprevedibile.

Ti senti più astratto-gestuale o figurativo?

Io nasco come figurativo, l’elemento narrativo per me è importantissimo, si deve vedere una mano, uno sguardo, non sono un astrattista o forse lo sono solo fino un certo punto. Nonostante la fase gestuale di “sporcatura” sia importante per me, la figurazione non la abbandoneresti mai.

Bolla VI (Ragazza seduta) – olio su rame – 60×55 cm – 2020

In una delle tue opere più note, “Salto sul tram”, ci sono due corse che si incrociano al volo, quella di un tram e quella di un cavallo con il suo fantino, come ti è venuto in mente?

M’interessava unire l’immobilità di un tram abbandonato con la dinamicità di un cavallo che salta.

Tra i tuoi soggetti più ricorrenti c’è la corrida in cui muore il torero, un significato molto chiaro

Il torero viene sempre placcato da uno sportivo o comunque da un soggetto proveniente dall’esterno, decontestualizzato. Il punto è che il toro non deve morire, è incredibile come questa tradizione assurda e disumana sia ancora praticata!

Un altro elemento ricorrente è l’aereo, che nelle tue opere sembra diventare un giocattolo

Gli aerei mi hanno da sempre affascinato, direi che mi piace tutto ciò che vola. Una volta avevo dimenticato di disegnarne l’elica e ho creato una situazione paradossale, un cortocircuito, un aereo che viene retto in volo dal soffio di una bambina.

Come influisce Palermo nella tua arte?

Credo che il luogo in cui si nasce sia importantissimo per un artista, è come una matrice, almeno per me lo è stato. Palermo è una citta molto energetica. Questa città splendida mi ha dato tanto a livello creativo, è un contenitore di contraddizioni fortissime e ho scelto di tornare a vivere qui proprio per questo motivo. 

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